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La (mancata) riforma delle province. Riflessioni sui modelli di riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio21 min read

Lo scorso 19 luglio sono state depositate le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale n.220 del 2013.

Viene dichiarata l’illegittimità costituzionale:
– dell’art.23, commi 4, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 20 bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.201 [1], convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n.214;
– degli artt.17 e 18 del decreto-legge 6 luglio 2012 n.95 [2], convertito con modificazioni, dall’art.1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135
per violazione dell’art.77 Cost. [3], in relazione agli artt. 117, comma 2 lett. p) e 133, comma 1 Cost. [3], in quanto il decreto-legge, atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza, è strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio.

C. cost., sentenza n.220 del 19 luglio 2013 [4]

Va premesso che la legge di stabilità del 24 dicembre 2012 n.228 [5], con il comma 115 dell’articolo unico, aveva fissato al 31 dicembre 2013 il termine per la riforma delle province, prevedendo la riconsiderazione delle funzioni delle amministrazioni locali anche alla luce di una correlata istituzione delle città metropolitane e della riorganizzazione delle prefetture.

Legge 228 del 2012 – art.unico co.115 [6]

Il lavoro svolto fino a questo punto e sfociato nel decreto legge n. 188 del 2012, che tagliava quasi la metà delle province nelle regioni a statuto ordinario, si è bruscamente interrotto a causa della crisi di Governo, che ha indotto il Parlamento a far cadere il decreto e a sospendere la formulazione di schemi e bozze di regolamenti attuativi.

Il riordino attuato sulla base delle previsioni del decreto legge 6 luglio 2012 n.95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n.135, comportava in origine una drastica riduzione delle Province (da 86 a 51) ed una contrazione di Prefetture e Questure (35 in meno) sostituite da 18 articolazioni presidiarie con il compito di mantenere invariati i servizi ai cittadini con riferimento alle esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, del soccorso pubblico e della garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

Il nuovo disegno organizzativo, caratterizzato da elementi di flessibilità, avrebbe dovuto produrre risparmi e ottimizzazioni della spesa pubblica in termini di impiego delle risorse umane, strumentali e logistiche, ma senza alterare i livelli di sicurezza per i territori.

A seguito delle perplessità manifestate dagli enti locali sulla praticabilità di una siffatta riforma attraverso lo strumento della decretazione d’urgenza è intervenuta sulla questione la Consulta, dichiarando incostituzionale la riforma delle Province contenuta nel menzionato decreto legge, che ne prevede la riduzione in base ai criteri di estensione e popolazione, non essendo materie da disciplinare con decreto legge.

In particolare, è stata ravvisata l’incostituzionalità di una serie di commi dell’art.23 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n.201, che secondo i ricorrenti avrebbe di fatto ‘svuotato’ le competenze delle Province, e degli articoli 17 e 18 del decreto legge n.95 del 2012, sul riordino delle Province in base ai due criteri dei 350.000 abitanti e dei 2.500 chilometri di estensione.

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Prima della brusca interruzione dei lavori governativi sono state redatte alcune bozze di regolamento in materia di riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio, per definire gli ambiti territoriali delle province e delle città metropolitane nonché disciplinare il riassetto delle articolazioni statali sul territorio, in attuazione dell’articolo 10 del decreto legge 6 luglio 2012 n.95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n.135 e in conformità ai parametri contenuti nello stesso decreto legge.

Ad un primo articolato del 12 ottobre 2012 sono seguiti gli schemi di D.P.R. del 20, 23 e 29 novembre 2012, cui faremo riferimento per le considerazioni riportate a seguire.

Schema DPR per riassetto delle province [7]

L’obiettivo perseguito è quello di realizzare un “ottimale esercizio coordinato dell’attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato, nel rispetto del principio di separazione tra funzioni di amministrazione attiva e funzioni di controllo, e garantire la leale collaborazione di detti uffici con gli enti locali” (art.1 co.1 lett.c).

L’attuale impianto normativo delineato dalla legge 1 aprile 1981 n.121 [8] rimette al Prefetto (art.13) e al Questore (art.14) i compiti e le attribuzioni di autorità provinciale di pubblica sicurezza, ancorandole allo specifico ambito territoriale di riferimento e individuando in capo al primo l’autorità “amministrativa” e in capo al secondo l’autorità “tecnica” di P.S..

La diversificazione delle funzioni si esprime anche attraverso un differenziato piano delle responsabilità: il prefetto ha la responsabilità generale dell’ordine e della sicurezza pubblica nella provincia e sovraintende all’attuazione delle direttive emanate in materia, dispone della forza pubblica e delle altre forze eventualmente poste a sua disposizione in base alle leggi vigenti e ne coordina le attività.

Il questore ha la direzione, la responsabilità e il coordinamento,a livello tecnico operativo, dei servizi di ordine e di sicurezza pubblica e dell’impiego a tal fine della forza pubblica e delle altre forze eventualmente poste a sua disposizione.

Per la riorganizzazione dello Stato sul territorio il regolamento proposto muove dalla preventiva individuazione delle attribuzioni e dei compiti “ulteriori” (rispetto alle disposizioni vigenti e, in particolare, dal D.P.R. 3 aprile 2006 n.180 [9]) in cui si sostanziano le funzioni di rappresentanza unitaria assegnate al prefetto, titolare della Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo, “in coerenza con i suoi compiti di rappresentanza generale e di garanzia istituzionale a tutela dell’ordinamento giuridico” (art.1 co.1 lett.a).

Il prefetto, relativamente ai compiti ulteriori e ai sensi dell’art.2 (rubricato rappresentanza unitaria dello Stato e garanzia dei rapporti tra i cittadini e lo Stato):

• è garante della trasparenza dell’azione amministrativa dello Stato a tutela dell’effettività dei diritti di partecipazione e informazione dei cittadini;

• assicura la fruizione effettiva e ottimale dei servizi erogati al cittadino dalle amministrazioni periferiche dello Stato e ne coordina l’attività amministrativa, avvalendosi anche dei piani di coordinamento delle attività amministrative, al fine di promuovere l’unitarietà del sistema amministrativo statale in ambito provinciale;

• promuove iniziative volte alla determinazione e alla garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali;

• partecipa all’azione di verifica sul territorio degli adempimenti comunitari, anche favorendo forme di collaborazione con le regioni e gli enti locali;

• concorre al monitoraggio dei programmi e dei progetti di investimento pubblico, anche finanziati con fondi europei, di competenza delle amministrazioni statali e ne verifica l’attuazione sul territorio, in collaborazione con le amministrazioni regionali e di governo locale eventualmente interessate;

• promuove programmi e progetti, anche finanziati con fondi europei, finalizzati a rimuovere le disuguaglianze e gli squilibri territoriali, favorendo forme di cooperazione con le amministrazioni statali, regionali e locali, ferme restando le rispettive competenze;

• promuove la leale collaborazione interistituzionale per la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali;

• promuove la coesione sociale anche attraverso l’attività di mediazione e di composizione di conflitti.

Presso ogni Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo, è costituito l’Ufficio Unico di garanzia dei rapporti tra il cittadino e lo Stato (art.1 co.1 lett.b), il quale svolge, i particolare, i seguenti compiti:

a) supporta il prefetto nell’attività di informazione e monitoraggio dell’azione amministrativa statale in ambito provinciale;

b) promuove misure amministrative dirette al miglioramento della qualità, della trasparenza e dell’efficienza dei servizi connessi all’effettiva fruizione dei diritti civili e sociali e propone l’adozione di ogni opportuna iniziativa atta a rimuovere le cause delle eventuali criticità riscontrate, individuando anche gli interventi ritenuti adeguati e idonei;

c) esegue il monitoraggio dell’attuazione del piano di coordinamento delle attività amministrative e delle determinazioni assunte dal prefetto all’esito delle riunioni del comitato esecutivo della conferenza permanente.

La prefettura-Ufficio Territoriale del Governo ha come ambito territoriale di competenza la circoscrizione provinciale, che è altresì adeguato a quello delle città metropolitane (art.5).

Presso la prefettura-Ufficio Territoriale del Governo operante nella città metropolitana possono essere delegate ad un prefetto, congiuntamente o anche disgiuntamente, specifiche funzioni in materia di protezione civile, difesa civile e soccorso pubblico, di immigrazione e asilo, di enti locali.

La delega è disposta dal Ministro dell’Interno con proprio decreto, in cui vengono specificate le singole materie oggetto della delega, per le quali il prefetto delegato può adottare tutti gli atti e i provvedimenti necessari, avvalendosi di una dotazione organica e strumentale individuata nello stesso decreto, ove pure sono specificate le modalità di raccordo e di coordinamento con il prefetto della città metropolitana, ai fini dell’ottimale esercizio delle funzioni delegate (art.6).

I “presidi governativi” sono costituiti con provvedimento motivato solo ed esclusivamente negli ambiti territoriali connotati dalle “eccezionali esigenze” di cui all’art.10 co.2 lett.b) del d.l. 6 luglio 2012 n.95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n.135 (art.1 co.1 lett.d).

In detti ambiti territoriali, ricorrendo le medesime condizioni, sono altresì costituite “ulteriori articolazioni periferiche delle pubbliche amministrazioni dello Stato” (art.1 co.1 lett.e).

Il richiamo alle “eccezionali esigenze” può essere letto anche nel senso dell’eccezionalità della ramificazione della P.A. in territori diversi dai capoluoghi di provincia e dalle città metropolitane, considerata di default contraria alle istanze di economicità poste a fondamento del riordino delle province.

Gli obiettivi di razionalizzazione e di contenimento della spesa pubblica sono comunque preservati attraverso lo svolgimento unitario delle funzioni logistiche e strumentali di tutti gli uffici periferici, con l’individuazione dell’ufficio che per ciascun ambito periferico “ne assume la responsabilità diretta ed esclusiva” (art.1 co.1 lett.f).

Come specificato nell’art.7 (rubricato Istituzione del presidio di governo e strutture presidiarie) le eccezionali esigenze sono soggette a verifica di permanenza nel tempo e sono di norma correlate alla sussistenza di dati e indicatori riguardanti:

a) il tasso d’impatto di fenomenologie delittuose riferibili anche alla criminalità organizzata, tali da incidere sulle condizioni di legalità e sicurezza del territorio;

b) la sussistenza di livelli di rischio derivanti da condizioni di particolare vulnerabilità dell’ambiente e del territorio, tali da esporre a grave pregiudizio l’incolumità delle persone e l’integrità dei beni, valutate anche in relazione all’efficacia e alla tempestività delle forme di soccorso e di prima assistenza;

c) la presenza di situazioni di particolare squilibrio o di disagio economico e sociale, caratterizzate dalla carenza o insufficienza dei livelli delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, tali da compromettere la garanzia di effettiva fruizione.

Si tiene altresì conto, a fini di omogeneità, delle risorse del territorio e della sua specificità, del livello delle dotazioni infrastrutturali, nonché della qualità del tessuto produttivo.

Negli specifici ambiti territoriali ove è istituito il presidio di governo, cui è preposto un prefetto, opera altresì un ufficio presidiario di pubblica sicurezza, cui è preposto un dirigente superiore della Polizia di Stato il quale assume la denominazione di questore presidiario, fermo restando quanto previsto dal capo I della legge n.121 del 1981.

Nello stesso ambito opera, altresì, un comando presidiario dei Vigili del Fuoco, cui è preposto un dirigente nazionale dei Vigili del Fuoco. Il presidio è inoltre coadiuvato da articolazioni dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e ove ritenuto necessario in relazione alle esigenze del territorio, del Corpo Forestale dello Stato (questa specificazione è stata inserita a partire dalla bozza di regolamento del 29 novembre 2012).

Con provvedimento motivato possono essere individuate ulteriori articolazioni delle forze di polizia, la cui presenza a supporto del presidio di governo è ritenuta indispensabile per il soddisfacimento delle finalità istituzionali previste dall’art.10 co.2 lett.b) del d.l. 6 luglio 2012 n.95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n.135 (art.7 co.3).

Con decreto del Ministro dell’Interno, di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, della difesa, dell’economia e delle finanze e, per quanto di competenza, con gli altri Ministri eventualmente interessati, si provvede alla definizione dell’ambito territoriale e all’istituzione del presidio. Con il medesimo decreto sono istituiti, nello specifico ambito territoriale, l’ufficio presidiario di pubblica sicurezza e le articolazioni delle altre forze di polizia e del Corpo nazionale del Vigili del Fuoco, individuati nell’ambito delle strutture esistenti e, comunque, nel rispetto del principio di invarianza del numero complessivo di quelle già presenti sul territorio nazionale (art.7 co.4).

Sempre con decreto ministeriale si individua il comune in cui hanno sede il presidio, l’ufficio presidiario di P.S. e le ulteriori articolazioni delle forze di Polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, tenuto conto del principio di contenimento della spesa pubblica e delle esigenze di utilizzazione in via prioritaria di beni immobili di proprietà pubblica (art.7 co.5).

Il prefetto presidiario, ferme restando le attribuzioni del prefetto della provincia, esercita nello specifico ambito di competenza territoriale le funzioni (esplicitate nell’art.8 della bozza di regolamento) di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, di protezione civile e di difesa civile.

A tal fine è autorità di P.S. ed ha la titolarità dei poteri di direzione unitaria e di coordinamento di cui all’art.13 co.2 della legge n.121 del 1981 [8] e all’art.14 co.2 lett.b) e 3 della legge 24 febbraio 1992 n.225 [10] ed è legittimato ad adottare tutti i provvedimenti, ivi compresi quelli con tingibili ed urgenti, previsti dalla normativa vigente.

Il prefetto presidiario – denominazione introdotta a partire dalla bozza di regolamento del 29 novembre 2012 per sostituire quella di “prefetto titolare del presidio” – è coadiuvato da un comitato territoriale dell’ordine e della sicurezza pubblica, con funzioni consultive, composto dal questore presidiario e dai responsabili delle articolazioni periferiche delle altre forze di polizia.

Ad esso partecipano i sindaci dei comuni compresi nello specifico ambito territoriale, quando siano interessati alle questioni da trattare. Alle riunioni del comitato territoriale possono partecipare, in relazione alle questioni poste dall’ordine del giorno, componenti dell’ordine giudiziario, d’intesa con il procuratore della Repubblica competente (art.8 co.1 e 2).

In una logica di un mero mutamento delle etichette ne discende che lo “specifico ambito territoriale” degli ex capoluoghi di provincia corrisponde sostanzialmente al “territorio della ex provincia”, così come il comitato territoriale dell’ordine e della sicurezza pubblica riproduce fedelmente (per quanto compatibile: cfr. art.8 co.3) il modello del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza di cui all’art.20 della legge n.121 del 1981.

Il prefetto presidiario, in aggiunta alle attribuzioni sopra specificate:

• esercita nei confronti delle amministrazioni locali ricadenti nello specifico ambito territoriale i poteri e le attribuzioni di cui agli artt.135, 143 e 145 del d.lgs. 18 agosto 2000 n.267 [11];

• riceve in via preventiva, le ordinanze adottate (in qualità Ufficiali di governo) dai sindaci dei comuni che insistono nello specifico ambito territoriale a tutela dell’incolumità pubblica e della sicurezza urbana ed a tal fine esercita le attribuzioni di cui all’art.54 del predetto decreto legislativo;

• decide i ricorsi gerarchici avverso i provvedimenti adottati dal titolare dell’ufficio presidiario di pubblica sicurezza nello specifico ambito territoriale, che la vigente normativa rimette alla competenza del prefetto della provincia;

• per assicurare i servizi di emergenza si avvale degli enti e delle istituzioni tenuti al concorso ai sensi dell’art.14 co.4 della legge 24 febbraio 1992 n.255 e successive modificazioni, che insistono nello specifico ambito territoriale;

• è organo di mediazione e di composizione dei conflitti;

• adotta iniziative per la prevenzione e la mitigazione delle tensioni sociali;

• assicura la leale collaborazione interistituzionale per la promozione delle misure amministrative dirette al miglioramento della qualità e dell’efficienza dei servizi connessi all’effettiva fruizione dei diritti civili e sociali.

Nell’esercizio delle descritte funzioni il prefetto presidiario assicura il necessario raccordo e collegamento informativo con il prefetto della provincia e con il prefetto del capoluogo di regione (art.8 co.7).

Restano ferme in capo al prefetto della provincia le attribuzioni in materia di esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali di cui alla legge 12 giugno 1990 n.146 e successive modificazioni (art.8 co.6 seconda parte).

Per la realizzazione dell’esercizio unitario delle funzioni logistiche e strumentali di cui all’art.10 co.2 lett.d) del decreto legge 6 luglio 2012 n.95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n.135 sono istituiti (art.11 della bozza di regolamento – Individuazione dei servizi comuni, assegnazione e gestione delle risorse nella fase transitoria) presso ciascuna Prefettura-Ufficio territoriale del Governo i servizi comuni, con responsabilità diretta ed esclusiva, in modo da assicurare la riduzione di almeno il 20% della spesa sostenuta dallo Stato per l’esercizio delle medesime funzioni.

Il quadro ricognitivo per l’attuazione dei servizi comuni è comunicato al prefetto del capoluogo di regione che, in sede di conferenza regionale permanente, predispone il quadro ricognitivo regionale per l’attuazione dei servizi comuni, che confluisce alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, per l’elaborazione del quadro ricognitivo nazionale delle risorse, da adottare con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno (art.11).

Il modello organizzativo per la gestione logistico-strumentale per le articolazioni periferiche dello Stato, che fa capo all’ufficio unico della prefettura ubicato presso il capoluogo di provincia induce a ritenere che gli uffici presidiari di polizia dovranno comunque riconnettersi a detta struttura, non risulta chiaro se per il tramite della Questura del medesimo capoluogo di provincia o della sede della città metropolitana ovvero del presidio governativo dello specifico ambito territoriale

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Per quanto concerne l’organizzazione sul territorio degli uffici della Polizia di Stato vengono in evidenza due aspetti: la creazione (come nel caso del prefetto presidiario) di un livello intermedio di autorità di P.S. (il “questore presidiario”) e la previsione comunque unitaria dell’assetto logistico-strumentale.

Anche la denominazione di “questore presidiario” in luogo di “titolare dell’ufficio presidiario di p.s.” è stata introdotta a partire dalla bozza di regolamento del 29 novembre 2012.

Il titolare dell’ufficio presidiario di polizia è:

1) autorità locale di p.s. ai sensi dell’art.15 co.1 della legge n.121 del 1981 nell’ambito del comune in cui ha sede l’ufficio presidiario di p.s. ed esercita tale funzione analogamente a quanto svolto dai funzionari preposti agli attuali commissariati di polizia;

2) autorità presidiaria di p.s. (“nello specifico ambito di competenza territoriale”) ai sensi dell’art.14 co.2 della legge n.121 del 1981) “con funzioni di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica”, ossia di direzione, responsabilità e coordinamento, a livello tecnico operativo, dei servizi di ordine e di sicurezza pubblica e dell’impiego a tal fine della forza pubblica e delle altre forze eventualmente poste a sua disposizione):

a) attuazione dei provvedimenti adottati dal prefetto presidiario a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica;

b) esercizio delle attribuzioni in materia di misure di prevenzione di competenza del questore, previste dal libro I del decreto legislativo 6 settembre 2011 n.159 [12], nonché di quelle di cui all’art.75 bis del D.P.R. 9 ottobre 1990 n.309 [13];

c) ricezione del preavviso ex art.18 T.U.L.P.S. e adozione dei conseguenti provvedimenti;

d) adozione dei provvedimenti di cui agli artt.100 e 110 T.U.L.P.S.;

e) adozione dei provvedimenti di cui all’art.6 della legge 13 dicembre 1989 n.401 [14] e successive modifiche e integrazioni.

Quale autorità (non meramente locale) di p.s. il questore presidiario esercita a tutti gli effetti le funzioni riconosciute attualmente ai questori tout court, purché nell’alveo delle misure e dei provvedimenti esplicitati nel co.2 dell’art.9.

Addirittura viene mantenuto un raccordo diretto, senza ulteriore tramite, con il prefetto presidiario allorché si attuano suoi provvedimenti a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.

In tal senso, ed anche in ragione della clausola di salvezza posta in apertura del comma 1 dell’art.9 (“ferme restando le attribuzioni del questore della provincia”), richiede un lavoro esegetico di non poco momento l’approccio all’enunciato di cui al successivo co.3 dell’art.9, che rimette al titolare dell’ufficio presidiario di pubblica sicurezza (ora “questore presidiario”) il compito di assicurare “il necessario raccordo e collegamento informativo con il questore della provincia”.

Ad una prima lettura, forse maggiormente conforme all’enunciato contenuto nella prima bozza di regolamento del 12 ottobre 2012, ove non era contenuta la richiamata clausola di salvezza, sembrerebbe che tale raccordo e collegamento si sostanzi esclusivamente sul piano informativo e che non sia previsto un intervento decisorio di segno diverso da parte del Questore della Provincia.

Tale situazione parrebbe sovrapponibile al raccordo e collegamento informativo del prefetto presidiario con il prefetto della provincia e con il prefetto del capoluogo di regione (art.8) e al raccordo e collegamento informativo del dirigente responsabile del comando presidiario dei vigili del fuoco (denominazione introdotta nella bozza di regolamento del 29 novembre 2012 per sostituire quella di “dirigente dell’articolazione periferica del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco) con il comandante provinciale (art.10).

Il fatto, tuttavia, che si sia voluta ribadire la centralità delle attribuzioni proprie del questore della provincia induce a considerare con maggiore prudenza i termini dell’effettivo rapporto tra il Questore della provincia ed questore presidiario, vieppiù alla luce dell’ulteriore, possibile diversificazione nel caso in cui quest’ultimo operi nell’alveo (non di una riassettata provincia bensì) di una città metropolitana.

Per le materie di cui al co.2 dell’art.9 il titolare dell’ufficio presidiario continuerebbe ad operare quale autorità tecnica di pubblica sicurezza, con attribuzione diretta delle responsabilità e dei correlati poteri decisori. In questa prospettiva, appare pleonastico l’inciso “anche in tale qualità”, con il quale si rimettono al titolare dell’ufficio presidiario i compiti propri dell’autorità di p.s., essendo sufficiente il richiamo all’art.14 co.2 della legge n.121 del 1981.

Resta da chiarire se il rapporto tra il questore della provincia ed questore presidiario si atteggi negli stessi termini ove il questore operi in una città metropolitana ed il raccordo interessi i titolari degli uffici periferici della Polizia di Stato che operano in quelle città (già capoluoghi di provincia ed ora) ricomprese nell’alveo metropolitano.

Altra questione concerne il raccordo degli attuali dirigenti di commissariato con i (nuovi) questori delle province o città metropolitane e con i (precedenti) questori dei (non più) capoluoghi di provincia.

Per quanto riguarda le attribuzioni tassativamente previste nell’art.9, si osserva che i provvedimenti connessi alla ricezione del preavviso sembrano rimettere al questore presidiario il potere di vietare lo svolgimento di una pubblica manifestazioni per motivi di ordine e sicurezza pubblica.

Se da un lato il Questore della provincia/città metropolitana mantiene le originarie connotazioni di autorità (provinciale) tecnica di pubblica sicurezza, salvaguardando almeno sul piano formale l’originario impianto della legge n.121 del 1981, dall’altro l’art.9 della bozza di regolamento rimette in capo al titolare dell’ufficio presidiario di polizia, avente qualifica di dirigente superiore (art.7 co.3 della bozza), le attribuzioni non solo dell’attuale autorità locale di p.s. ai sensi dell’art.15 co.1 della legge n.121 del 1981 ma anche quelle di una (nuova figura di) “autorità presidiaria di p.s. per lo specifico ambito di competenza territoriale” che pur, svolgendo le proprie funzioni ai sensi dell’art.14 co.2 della legge n.121 del 1981, opera nell’alveo di materie enunciate in termini tassativi e settoriali (gestione dell’ordine pubblico, esercizio delle attribuzioni in materia di misure di prevenzione, ricezione di preavviso e adozione dei provvedimenti di cui agli art.100 e 110 T.U.L.P.S.).

Sia nelle vesti di autorità locale che in quelle di autorità presidiaria di p.s. il questore presidiario ha indubbiamente margini operativi più limitati di quelli riconosciuti al Questore della provincia, che continua a sedere in sede di C.P.O.S.P. con immutate prerogative. Il questore presidiario (nonostante la mutata denominazione) partecipa, invece, ai lavori del comitato territoriale per l’ordine e sicurezza pubblica ad un livello sostanzialmente equiordinato rispetto a quello dei referenti istituzionali delle altre forze di polizia.

Al di fuori delle materie tassativamente indicate nell’art.9 della bozza, ove l’attribuzione di autorità di p.s. “per lo specifico ambito di competenza territoriale”, il titolare questore presidiario, in quanto autorità locale, rischia di dover assumere un ruolo meramente esecutivo in merito ai provvedimenti adottati dal prefetto presidiario che, avendo rilevanza ‘extracomunale’, esulano dalla competenza territoriale (comunale) ordinariamente riconosciuta al questore presidiario per tutte le materie non espressamente specificate nel richiamato art.9 della bozza.

E’ altresì legittimo domandarsi (sempre in relazione alle materie per le quali il questore presidiario è autorità locale e non autorità presidiaria di p.s.) in che modo sarà individuata un’autorità tecnica di p.s. in relazione agli altri comuni (non sede di ufficio presidiario di p.s.) ricadenti nell’ambito territoriale del presidio di governo.

Il vero nodo della questione è probabilmente da individuarsi nel fatto che al rapporto Prefetto-Questore, mantenuto inalterato a livello provinciale, non corrisponde un omologo equilibrio tra Prefetto presidiario e Questore presidiario. Mentre il prefetto presidiario conserva nell’intero ambito territoriale di competenza le attribuzioni proprie di autorità amministrativa (ancorché non provinciale) di p.s., il questore presidiario – in ragione di una delimitazione funzional-territoriale francamente poco comprensibile) è autorità tecnica (ancorché non provinciale) di p.s. solo per specifiche materie tassativamente indicate (art.9 co.2 della bozza di regolamento), laddove ordinariamente riveste le funzioni di mera autorità locale di p.s. in un territorio che coincide con il “comune in cui ha sede la stessa articolazione” (art.9 co.1 della bozza di regolamento).

Il comando presidiario dei Vigili del Fuoco (denominazione introdotta nella bozza di regolamento del 29 novembre 2012 per sostituire quella di “articolazione presidiaria del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco”) è retto da un dirigente che svolge le funzioni inerenti i compiti istituzionali attribuiti allo stesso Corpo in materia di protezione civile, di difesa civile e di soccorso pubblico, assicurando la direzione unitaria e il coordinamento tecnico-operativo delle relative strutture periferiche che insistono nello specifico ambito territoriale (art.10 co.1).

Per le attività di prevenzione incendi, nonché ai fini dell’armonico esercizio delle funzioni di cui sopra, il dirigente responsabile dell’articolazione periferica del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco assicura il necessario raccordo e collegamento informativo con il comandante provinciale (art.10 co.2).

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La riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio dovrà necessariamente discendere dalle opzioni di politica legislativa che si concretizzeranno entro la fine del 2013: è auspicabile, tuttavia che il modello prescelto risulti coerente con il quadro normativo di riferimento (salvo radicali modifiche della legge n.121 del 1981) e che sia conferita la massima chiarezza ai profili gestionali dell’ordine e della sicurezza pubblica.