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Lo straniero inottemperante all’invito a presentarsi non viola l’art.650 c.p.3 min read

Non risponde del reato previsto dall’art.650 c.p. (inosservanza dei provvedimenti dell’autorità) lo straniero che non ottemperi all’invito a presentarsi presso un ufficio di polizia ai fini dell’espulsione dal territorio nazionale, in quanto l’ordine di allontanamento del Questore e la relativa sequenza procedimentale stabilita dall’art.14 T.U. Imm. non possono essere validamente surrogati da altri atti.

Cass. pen., sez.I, sentenza n.480 del 6 gennaio 2013 [1]

Va premesso che secondo la più accreditata dottrina e in linea con la sentenza n.168 del 1971 della Corte costituzionale l’art.650 c.p., e più in generale il rinvio a una disposizione di grado inferiore alla legge, non viola, in sé considerato, il principio della riserva di legge, fin quando sia la legge stessa a determinare l’interesse protetto (per esempio, l’interesse a che un certo provvedimento sia osservato) e purché l’ambito della pena prevista dalla legge sia congruo alla tutela di tale bene (cioè proporzionato nel minimo come nel massimo).

Una eventuale incostituzionalità potrebbe derivare soltanto da motivi inerenti a situazioni particolari.

Secondo un risalente indirizzo giurisprudenziale, l’invito a presentarsi per “regolarizzare la posizione relativa al permesso di soggiorno” costituirebbe un tipico ordine impartito per ragioni di sicurezza pubblica, dovendosi necessariamente ricondurre in tale alveo qualsivoglia contenuto normativo del vigente Testo Unico in materia di immigrazione (d.lgs. n.286 del 1998 e successive modifiche e integrazioni) da cui derivino obblighi o soggezioni gravanti sul soggetto (tra le altre, Cass. pen., sez.I, 21 ottobre 2005, n.43837).

Il carattere vincolante e pienamente legittimo dell’invito a presentarsi all‘autorità competente per ragioni di pubblica sicurezza, rivolto allo straniero ai sensi dell’art.650 c.p., discenderebbe, inoltre, dalla necessità di dare corso ai provvedimenti necessari ad eseguire l’espulsione secondo le modalità previste dalla legge, senza alcuna illegittima surroga al potere di allontanamento del Questore.

Questo assunto risulta ora contraddetto nella sentenza in esame, che recepisce il più recente orientamento interpretativo già adottato in altre pronunce dalla Suprema Corte, secondo cui “non risponde del reato previsto dall’art.650 cod. pen. lo straniero che non ottemperi all’invito a presentarsi presso un ufficio di P.S. ai fini dell‘espulsione dal territorio nazionale, in quanto l’ordine di allontanamento del Questore e la relativa sequenza procedimentale stabilita dal d.lgs. n.286 del 1998, art.14 non possono essere validamente surrogati da altri atti” (Cass. pen., sez.I, sent.1 aprile 2009, n.19154, rv.230631; Cass. pen., sez.I, 20 maggio 2010 n.32974, rv.248273).

Tale indirizzo ermeneutico si fonda sul rilievo che “la contravvenzione di cui all’art.650 c.p., tipica norma penale in bianco di carattere sussidiario, è configurabile quando il fatto della mancata osservanza del provvedimento dell’autorità non sia previsto come reato da una specifica norma ovvero qualora il provvedimento rimasto inosservato sia munito di un proprio meccanismo di tutela”.

La mancata osservanza – prosegue la Suprema Corte – deve riguardare:
– un ordine specifico impartito ad un soggetto determinato, in occasione di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta; e ciò per ragioni di sicurezza o di ordine pubblico, o di igiene o di giustizia;
– un provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna previsione normativa che comporti una specifica ed autonoma sanzione;
– un provvedimento emesso per ragioni di giustizia, di sicurezza, di ordine pubblico, di igiene che sia adottato nell’interesse della collettività e non di singoli soggetti.

Le ragioni di sicurezza pubblica sono ravvisabili solo in un provvedimento ovvero ordine amministrativo autorizzato da una norma giuridica a tutela della sicurezza collettiva, che sia finalizzato alla preventiva eliminazione di situazioni pericolose per i consociati.

Nel caso di specie, invece, l’ordine impartito all’imputato dai Carabinieri di presentarsi presso l’ufficio di Polizia era rivolto solo a facilitare la procedura di espulsione nel suoi confronti e non anche a provvedere alla tutela di specifiche ed esplicitate esigenze di sicurezza pubblica.