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Poteri di polizia e attività di somministrazione di alimenti e bevande8 min read

Con circolare del Ministero dell’Interno n.557/PAS/U/021836/12000.A(4)2(2) del 14 dicembre 2012 è stato fornito un significativo contributo per uniformare le attività di controllo degli organi di polizia sulle attività di somministrazione di alimenti e bevande, alla luce delle modifiche normative introdotte nel 2012.

L’articolo 2 del decreto legislativo 6 agosto 2012 n.147 – si legge nella richiamata circolare ministeriale – ha modificato i commi 1, 2 e 9 dell’art.64 del d.lgs. n.59 del 26 marzo 2010 [1], che reca la disciplina dell’apertura e del trasferimento di sede, di gestione o della titolarità degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, comprese quelle alcoliche.

La nuova disciplina prevede la necessità di un’apposita autorizzazione comunale per l’apertura e il trasferimento di sede di tali esercizi solo nelle zone ‘soggette a tutela’, ossia soggette a programmazione delle aperture. Fuori di tali zone, la stessa apertura o il trasferimento di sede, di gestione o della titolarità dell’esercizio sono ora soggetti a segnalazione certificata di inizio attività (c.d. s.c.i.a.), da presentare allo sportello unico per le attività produttive.

Il superamento del precedente sistema autorizzatorio potrebbe ingenerare un dubbio in ordine alla sopravvivenza, relativamente agli esercizi aperti o trasferiti solo in virtù di una s.c.i.a., dei controlli e dei provvedimenti di pubblica sicurezza che il TULPS collega alla titolarità di una licenza, tenuto conto del disposto dell’art.19 ultimo comma della legge 7 agosto 1990 n.241 [2] e della sentenza dell’adunata plenaria del Consiglio di Stato n.15 del 2011 [3], per cui la stessa s.c.i.a. non costituisce titolo autorizzatorio, neppure tacito.

Si fa riferimento ai poteri di accesso e controllo previsti, in particolare, dall’art.16 del TULPS, dall’art.20 del DPR 24 luglio 1977 n.616 [4]e dall’art.9 della legge 25 agosto 1991 n.287 [5], nonché a quelli inibitori previsti dall’art.100 TULPS.

Tuttavia – si legge ancora nella richiamata circolare – un’attenta ricostruzione del complesso normativo regolante la materia consente di escludere che la riforma abbia inciso sui poteri e sulle responsabilità dell’autorità di P.S..

“Infatti, la somministrazione di bevande, alcoliche e non, è soggetta, oltre che al regime di cui al citato art.64 del D.lgs. n.59 del 2010 (per i profili di natura commerciale), anche alla licenza di polizia di cui all’art.86 co.1 TULPS, che non è stato modificato dai provvedimenti di riforma dell’ultimo periodo (che pure hanno toccato il suo secondo comma con la soppressione della licenza per la somministrazione di bevande presso enti collettivi e circoli privati) e che, pertanto, è pienamente vigente”.

Benché la licenza prevista da tale ultimo articolo non fosse più oggetto di concreto e materiale rilascio, essa doveva e deve tuttora considerarsi giuridicamente richiesta in virtù della previsione di cui all’art.152 del Regolamento di Esecuzione del TULPS, a termini del quale, per le attività ricomprese tra quelle elencate dall’art.86 citato, “disciplinate da altre disposizioni di legge, statale o regionale, la licenza e ogni altro titolo autorizzatorio, comunque denominato, previsti da queste ultime disposizioni, svolge anche la funzione di autorizzazione ai fini del predetto art.86”.

“Tale disposizione fornisce la chiave di lettura di un sistema giuridico, relativo all’attività di somministrazione di bevande, articolato su due piani, quello della disciplina commerciale di settore, modificata dal nuovo art.64 citato, e quello della disciplina di pubblica sicurezza, che invece, nell’occasione, non è stato toccato dal legislatore.

Pare corretto ritenere, pertanto, che nei casi in cui è ora prevista la sola s.c.i.a. per l’apertura o il trasferimento di sede di esercizio di somministrazione di bevande al pubblico, essa (pur non avendo natura autorizzatoria ai suoi fini tipici, come si è accennato) svolga invece la funzione di autorizzazione per i fini di cui all’art.86 TULPS, come previsto dall’art.152 Reg. esec. TULPS.: diversamente, occorrerebbe concludere per la necessità di una formale acquisizione, per le attività ora sottoposte a s.c.i.a., della licenza di cui all’art.86 TULPS, in evidente antitesi con l’obiettivo di semplificazione della recente riforma.

Conseguentemente, anche nei confronti degli esercizi la cui apertura o trasferimento sono ora soggetti a s.c.i.a., restano salvi i poteri e le prerogative riconosciute all’autorità e agli agenti e ufficiali di p.s. per i fini di pubblica sicurezza, richiamati all’inizio, ancorandosi al titolo di cui all’art.86 TULPS”.

Tale ricostruzione del sistema è coerente con la relazione illustrativa del disegno di legge da cui è scaturito il d.lgs. 6 agosto 2012 n.147 [6], ove si legge che “la SCIA è solo una modalità semplificata per l’avvio delle attività commerciali e, nei casi indicati, anche per i pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande” e, pertanto, “la sua introduzione, non innova di per sé i requisiti previsti da altre norme vigenti per l’esercizio di determinate attività (nel caso di specie, non sopprime i requisiti di sorvegliabilità dei locali destinati a pubblici esercizi che sono stabiliti dal TULPS), né limita i poteri al riguardo conferiti alle autorità di pubblica sicurezza”.

La relazione illustrativa conclude, sul punto, che proprio in virtù della previsione di cui all’art.152 Reg. es. TULPS è automaticamente attuato il coordinamento tra la disciplina commerciale, oggetto della riforma introdotta dal d.lgs. n.147 del 2012 e quella contenuta nel TULPS, poiché “ogni atto che legittima all’avvio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande, quindi anche l’istituto della s.c.i.a., ha fra i suoi presupposti anche i requisiti (e i connessi poteri di verifica) prescritti per la licenza di polizia ai fini dell’art.86 del TULPS”, come disposto dal citato articolo 152 Reg. es. TULPS.

Discendono da quanto precede alcune ulteriori conseguenze applicative che pare opportuno evidenziare:
1) poiché l’introduzione della s.c.i.a. non prevede e non implica alcuna modifica dei presupposti richiesti per l’esercizio dell’attività, restano fermi anche i requisiti soggettivi previsti per il rilascio della licenza di polizia di cui all’art.86 TULPS (indicati, in particolare, dai relativi artt.11, 92 e 131). Pertanto è necessario che la s.c.i.a. sia corredata anche dalle dichiarazioni attestanti il possesso, in capo a chi la esegue, di detti requisiti, i quali devono essere oggetto della successiva verifica comunale al pari di quelli richiesti dalla disciplina di settore;
2) anche nei confronti degli esercizi la cui apertura o trasferimento di sede sono soggetti a s.c.i.a. trova applicazione il primo comma dell’art.9 della legge 25 agosto 1991 n.287, che impone al sindaco di comunicare al Prefetto, nel termine di 10 giorni, per i fini di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, gli estremi delle autorizzazioni rilasciate e quindi, ora, delle segnalazioni ricevute;
3) continua a trovare piena applicazione, anche nei confronti di tali ultimi esercizi, il regolamento concernente i criteri di sorvegli abilità dei locali adibiti a pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande, emanato con D.M. 17 dicembre 1992, n.564. [7]

Mentre per gli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande il d.lgs. 6 agosto 2012 n.147  è intervenuto sulla disciplina commerciale di settore e non su quella di pubblica sicurezza, per l’attività di somministrazione di bevande alcoliche presso enti collettivi e circoli privati le recenti norme di riforma hanno riguardato direttamente la disciplina di polizia, riformulando l’art.86 TULPS.

Gli enti collettivi e i circoli privati autorizzati alla minuta vendita di bevande alcooliche ai propri soci possono esercitare la vendita al pubblico senza bisogno di altra licenza, come da primo intervento eseguito dal d.l. 9 febbraio 2012 n.5 [8], convertito dalla legge 4 aprile 2012 n.35 [9], il cui art.13 ha abrogato il secondo comma dell’art.86 TULPS, che sottoponeva a licenza di polizia lo spaccio al minuto o il consumo, presso tali enti e circoli, di vino, birra o di qualsiasi bevanda alcolica, anche se limitati ai soli soci.

Tale abrogazione ha fatto venir meno, con la licenza di polizia, i poteri di accesso e controllo dell’autorità di p.s. che ad essa erano collegati, di fatto negando ogni rilievo di pubblica sicurezza alle attività di somministrazione in discorso.

Per scongiurare effetti di tale natura, si è reso necessario un intervento legislativo in via di urgenza inteso, appunto, a dare certezza in ordine alla perdurante, riconosciuta sussistenza di profili di pubblica sicurezza per le attività di somministrazione svolte presso detti enti e circoli, fermo restando il superamento della specifica licenza di polizia (art.2 bis del d.l. 20 giugno 2012 n.79 [10], convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n.131 [11]).

Da un lato, dunque, è stata introdotta una comunicazione al Questore dell’avvio dell’attività di somministrazione, e, dall’altro, è stata fornita una base normativa nuova diretta all’esercizio, da parte degli ufficiali e agenti di p.s., di poteri di accesso e controllo analoghi a quelli previsti per gli esercizi di somministrazione al pubblico.

Pare evidente che la comunicazione al Questore abbia finalità meramente conoscitive e lo scopo di rendere concretamente operativi detti poteri di accesso e controllo.

Essa si affianca alla s.c.i.a. da presentare al Comune (nel caso si tratti di mense aziendali, di spacci annessi a circoli cooperativi e di enti nazionali le cui finalità assistenziali siano state riconosciute con D.M. Interno, ai sensi del combinato disposto della nuova formulazione dell’art.64 co.2 del d.lgs. n.59 del 2010 e dell’art.3 co.6 lett.e della legge n.287 del 1991 [5]) ovvero all’autorizzazione comunale prevista dall’art.3 del D.P.R. n.235 del 2001 [12] (per le associazioni ed i circoli non aderenti ad organizzazioni nazionali munite del predetto riconoscimento).

La nuova previsione ha, dunque, la medesima ratio della comunicazione (al Prefetto) prevista dal citato primo comma dell’art.9 della legge 25 agosto 1991 n.287 [5] (che non vale per gli esercizi di cui si tratta) e, pertanto, dovrebbe intendersi – simmetricamente a quella disposizione – nel senso che alla nuova comunicazione (al Questore) provveda tempestivamente l’amministrazione comunale che ha ricevuto la s.c.i.a. o che ha rilasciato l’autorizzazione ai sensi del D.P.R. n.235 del 2001, [12] cui si è appena fatto cenno, con le medesime modalità e forme.