Il menù delle attività dove si somministrano alimenti, è uno strumento fondamentale, e deve essere creato rispettando delle norme. Infatti i menù non solo fungono da contratto fra il titolare dell’attività ed il cliente, bensì sono uno strumento utile ad informare correttamente la clientela e a tutelare l’attività stessa.

Il menù per legge deve contenere una serie di elementi ed ogni attività obbligatoriamente deve averne uno da mostrare alla clientela. Oltre al nome dei prodotti o dei piatti, vanno riportati i prezzi. L’unico caso in cui può non essere riportato il prezzo è nei menù dedicati alle signore (accompagnate), per motivi di galateo, in tutti gli altri casi i prezzi devono essere presenti e ovviamente deve esserci corrispondenza tra il prezzo riportato nel menù e quello realmente pagato.

Ricordiamo che il listino prezzi o menù indicante il costo di piatti, delle consumazioni e i servizi offerti e soprattutto eventuali maggiorazioni, deve essere sempre visibile anche dall’esterno del locale.

Oltre a questi contenuti, che normalmente si trovano, le norme in materia di sicurezza alimentare e di corretta informazione al consumatore, impongono nei menù anche l’indicazione degli allergeni presenti in ogni piatto e l’indicazione delle materie prime surgelate all’origine.

Proprio questi due aspetti sono quelli che creano le maggiori criticità e che portano le attività ad essere sanzionate dagli enti di controllo.

Analizziamo quindi questi due aspetti.

ALIMENTI SURGELATI O ABBATTUTI IN LOCO

Ad oggi, la normativa vigente impone l’esplicita indicazione nel menù dei piatti preparati con materie prime surgelate.

Tale indicazione spesso è fatta attraverso l’applicazione di un asterisco riportato a fianco alla materia prima (es. branzino*) e, sempre nel menù, si riporta una frase che specifica il significato dell’asterisco (es. “* alimento surgelato” o “materia prima surgelata all’origine”).

Dal punto di vista della giurisprudenza emerge quanto segue:

La Cassazione Penale, con sentenza n. 44643 del 05.11.2013, si è espressa sulla problematica sopra enunciata confermando il concetto che “… la detenzione di alimenti congelati/surgelati nelle celle freezer o congelatori di un ristorante integra un tentativo di frode in commercio quando sul menù non è indicato lo stato fisico (congelato o surgelato) di quegli alimenti.”

Sempre la Cassazione Penale, con sentenza n. 899 del 13.01.2016, si è espressa sulla problematica ribadendo il concetto che “… la detenzione di alimenti congelati/surgelati all’interno di un locale di somministrazione, senza che nella lista delle vivande sia indicata tale caratteristica, integra il reato di tentativo di frode in commercio, trattandosi di condotta univocamente idonea a consegnare ai clienti un prodotto diverso, per qualità, da quello dichiarato.”

In pratica per ogni ingrediente che si trova nel freezer di un ristorante, sul menù deve comparire in modo chiaro che non si tratta di un alimento fresco bensì di un surgelato, pena “tentativo di frode in commercio ” (art. 515 del Codice Penale).

Diverso è per il prodotto ittico servito crudo. Infatti i prodotti della pesca da servire crudi, per legge, devono subire un abbattimento. Tale abbattimento, essendo che è previsto dalla norma, non deve essere riportato con l’asterisco nel menù, ma indicato in altro modo.

Le norme che impongono l’abbattimento del prodotto ittico e le temperature/tempi di riferimento sono:

  • Regolamento (CE) 853/04 (Allegato III, Sezione VIII, Capitolo VII) il quale, per i prodotti della pesca che vanno consumati crudi o praticamente crudi, impone un trattamento ad una temperatura non superiore ai -20°C in ogni parte della massa per almeno 24 ore. Gli OSA per ottenere queste temperature devono possedere l’abbattitore termico (strumento in grado di abbassare rapidamente – 60/90 minuti, a seconda della pezzatura – la temperatura degli alimenti sino al cuore di questi) e adeguate celle freezer per lo stoccaggio (di almeno 24 ore) a -20°C;
  • Regolamento (UE) 1276/2011 il quale prevede tempi più brevi a temperature più basse: -35°C per almeno 15 ore come indicato anche dalla FDA – Food and Drug Administration – Ente per il controllo di alimenti e farmaci negli USA);

Quindi, come detto, nel caso del pesce crudo è la norma che prevede l’abbattimento. Infatti l’art. 68, punto 4, lettera a, del Regolamento (UE) 404/2011 prevede che il termine “scongelato” non deve figurare sui prodotti della pesca e dell’acquacoltura precedentemente congelati per ragioni di sicurezza sanitaria conformemente all’Allegato III, Sezione VIII, del Regolamento (CE) 853/2004. Poiché il trattamento termico in questione è espressamente richiesto dalla legge e non si configura come atto teso a ingannare il consumatore, ma semplicemente a tutelarne la salute, è facoltà del ristoratore di scegliere se riportare o meno tale processo nel menù.

Ad ogni modo, se un ristoratore volesse informare la clientela del processo effettuato, può riportare la seguente dicitura: “Prodotto ittico conforme alle prescrizioni del Reg. (CE) 853/2004, Allegato III, Sezione VIII, Capitolo 3, lettera d, punto 3” come indicato nella Nota DGSAN 0004379-P del 17.02.2011 del Ministero della Salute.

ALLERGENI

Dall’entrata in vigore del REG UE 1169 del 2011 la questione allergeni è diventata molto importante, sia nelle etichette dei prodotti pre imballati, che per gli alimenti serviti dalle collettività.

Gli allergeni da indicare sono stati proposti attraverso un parere scientifico dall’EFSA e sono riportati nell’allegato II del REG UE 1169/2011:

SOSTANZE O PRODOTTI CHE PROVOCANO ALLERGIE O INTOLLERANZE
1. Cereali contenenti glutine, cioè: grano, segale, orzo, avena, farro, kamut o i loro ceppi ibridati e prodotti derivati,
tranne:
a) sciroppi di glucosio a base di grano, incluso destrosio (1);
b) maltodestrine a base di grano (1);
c) sciroppi di glucosio a base di orzo;
d) cereali utilizzati per la fabbricazione di distillati alcolici, incluso l’alcol etilico di origine agricola.
2. Crostacei e prodotti a base di crostacei.
3. Uova e prodotti a base di uova.
4. Pesce e prodotti a base di pesce, tranne:
a) gelatina di pesce utilizzata come supporto per preparati di vitamine o carotenoidi;
b) gelatina o colla di pesce utilizzata come chiarificante nella birra e nel vino.
5. Arachidi e prodotti a base di arachidi.
6. Soia e prodotti a base di soia, tranne:
a) olio e grasso di soia raffinato (1);
b) tocoferoli misti naturali (E306), tocoferolo D-alfa naturale, tocoferolo acetato D-alfa naturale, tocoferolo succinato D-alfa naturale a base di soia;
c) oli vegetali derivati da fitosteroli e fitosteroli esteri a base di soia;
d) estere di stanolo vegetale prodotto da steroli di olio vegetale a base di soia.
7. Latte e prodotti a base di latte (incluso lattosio), tranne:
a) siero di latte utilizzato per la fabbricazione di distillati alcolici, incluso l’alcol etilico di origine agricola;
b) lattiolo.
8. Frutta a guscio, vale a dire: mandorle (Amygdalus communis L.), nocciole (Corylus avellana), noci (Juglans regia), noci di acagiù (Anacardium occidentale), noci di pecan [Carya illinoinensis (Wangenh.) K. Koch], noci del Brasile (Bertholletia excelsa), pistacchi (Pistacia vera), noci macadamia o noci del Queensland (Macadamia ternifolia), e i loro prodotti, tranne per la frutta a guscio utilizzata per la fabbricazione di distillati alcolici, incluso l’alcol etilico di origine agricola.
9. Sedano e prodotti a base di sedano.
10. Senape e prodotti a base di senape.
11. Semi di sesamo e prodotti a base di semi di sesamo.
12. Anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/litro in termini di SO2 totale da calcolarsi per i prodotti così come proposti pronti al consumo o ricostituiti conformemente alle istruzioni dei fabbricanti.
13. Lupini e prodotti a base di lupini.
14. Molluschi e prodotti a base di molluschi.

L’obbligo di inserire gli allergeni sui menù è indicato dal REG UE 1169/2011, nello specifico dall’art 44 del Regolamento, che riporta quanto segue:

Articolo 44
Disposizioni nazionali per gli alimenti non preimballati
1. Ove gli alimenti siano offerti in vendita al consumatore finale o alle collettività senza preimballaggio oppure siano imballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preimballati per la vendita diretta,

a) la fornitura delle indicazioni di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), è obbligatoria;

Al comma 2 della norma, l’Europa lascia spazio agli Stati membri sulle modalità con cui presentare questi allergeni:

2 Gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali concernenti i mezzi con i quali le indicazioni o loro elementi come specificato al paragrafo 1 devono essere resi disponibili e, eventualmente, la loro forma di espressione e presentazione.

L’Italia ha effettuato quanto previsto con il D.Lgs 231/2017: Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del medesimo regolamento (UE) n. 1169/2011 e della direttiva 2011/91/UE, ai sensi dell’articolo 5 della legge 12 agosto 2016, n. 170 «Legge di delegazione europea 2015».

A specificare come l’Osa deve comportarsi con gli allergeni nei menù è l’art. 19 comma 8 del D.Lgs 231/2017. Nello specifico la norma prevede: 8. In caso di alimenti non preimballati ovvero non considerati unita’ di vendita, serviti dalle collettività, come definite all’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), del regolamento, e’ obbligatoria l’indicazione delle sostanze o prodotti di cui all’allegato II del medesimo regolamento. Tale indicazione deve essere fornita, in modo che sia riconducibile a ciascun alimento, prima che lo stesso venga servito al consumatore finale dalle
collettività e deve essere apposta su menu’ o registro o apposito cartello o altro sistema equivalente, anche digitale, da tenere bene in vista. In caso di utilizzo di sistemi digitali, le informazioni fornite dovranno risultare anche da una documentazione scritta e facilmente reperibile sia per l’autorità competente sia per il consumatore finale. In alternativa, può essere riportato l’avviso della possibile presenza delle medesime sostanze o prodotti che possono provocare allergie o intolleranze, sul menu’, sul registro o su un apposito cartello che rimandi al personale cui chiedere le necessarie informazioni che devono risultare da una documentazione scritta e facilmente reperibile sia per l’autorità competente sia per il consumatore finale. 

La norma è quindi molto chiara, cerchiamo di riassumere i concetti espressi da questo articolo:

  1. Gli allergeni NON vanno indicati in modo generico (tipo con un elenco generico presente a fondo menù come spesso si vede) ma deve essere indicato SPECIFICATAMENTE in ogni piatto l’allergene o gli allergeni presenti.
  2. Tali indicazioni o sono direttamente sul menù o possono essere riportate anche su registro degli ingredienti, cartello ingredienti o addirittura sistema digitale, basta che in questo caso le stesse informazioni siano presenti anche in forma cartacea.

Quindi sui menù bisogna riportare il nome degli allergeni presenti, ad esempio in questo modo:

Pasta allo scoglio (allergeni: grano, crostacei, molluschi, pesce)

Oppure inserendo una legenda a fondo menù (esempio l’elenco numerato degli allergeni come riportati nell’allegato II del REG UE 1169/2011) al posto del termine specifico, si possono riproporre delle immagini o i numeri (dall’1 al 14) degli allergeni presenti in ogni singolo piatto. Ad esempio:

Pasta allo scoglio (1,2,14,4) 

Se per ragioni estetiche o di comodità non si vogliono riportare sul menù di fianco ad ogni piatto gli allergeni, come prevede la legge, si possono creare un registro o cartello degli ingredienti. Tale registro dovrà riportare TUTTI gli ingredienti e i sub ingredienti presenti nello specifico piatto, mettendo in evidenza (scrivendoli in grassetto, oppure evidenziandoli o scrivendoli con altro colore) gli allergeni presenti.

Per effettuare questa soluzione, sul menù però va riportata la seguente frase (indicata dal Ministero della Salute con una Nota apposita) in modo ben visibile, magari accompagnata comunque dall’elenco dei 14 allergeni, per informare meglio il consumatore:

“per qualsiasi informazione su sostanze e allergeni è possibile consultare l’apposita documentazione che verrà fornita, a richiesta, dal personale in servizio”. 

La documentazione a cui si fa riferimento è proprio il registro degli ingredienti o cartello degli ingredienti. Il modo migliore per informare il consumatore è quello di indicare, come già detto, tutti gli ingredienti ed i sub ingredienti, evidenziando gli allergeni, in modo che siano facilmente visibili.

Tale strumento è utile anche perchè permette una corretta informazione di quelle persone che non sono allergiche ad uno dei 14 ingredienti riportati dal Regolamento UE 1169/2011. Infatti tali ingredienti non sono gli unici a provocare intolleranze o allergie, ma sono semplicemente quelli statisticamente più significativi. Esistono però tante persone allergiche ad altri alimenti, e con il registro degli ingredienti si informa correttamente anche loro.

Per chi prepara piatti del giorno, uno strumento utile potrebbe essere una tabella che riporti per ogni piatto, con una “x” la presenza o meno degli allergeni e di quali, in modo tale che ogni giorno si possa procedere in modo semplice e veloce alla compilazione. Ad esempio:

Nome del piatto Cereali con glutine Crostacei Uova Pesce Arachidi Soia Latte e latticini Frutta a guscio Sedano Senape Semi di sesamo Anidride solforosa e solfiti Lupini Molluschi
 

Pasta allo scoglio

 

 

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A prescindere dal metodo che si vuole utilizzare, è fondamentale far capire al consumatore esattamente in ogni piatto quali allergeni sono presenti. Alcuni ristoranti decidono di indicare sul menù che in tutti i piatti possono esserci tracce di allergeni. Prendere questa decisione è un incredibile autogol, poichè è come se si dichiarasse che l’attività non è in grado di applicare il sistema HACCP e di evitare le contaminazioni crociate, che non interessano solo gli allergeni ma anche i microrganismi.

Come detto anche l’indicazione a fondo menù degli allergeni in modo generico è sbagliata, ma va data una indicazione precisa e puntuale.

Se non avviene quanto sopra riportato, il D.Lgs. 231/2017 prevede sanzioni pesanti. Infatti l’art 23 al comma 2, riporta:

2. Salvo che il fatto costituisca reato, l’operatore del settore alimentare che omette,  nella vendita dei prodotti non preimballati di cui all’articolo 19 e degli alimenti  non preimballati serviti dalle collettivita’, l’indicazione delle sostanze o prodotti  che possono provocare allergie o intolleranze, di cui all’articolo 9, paragrafo 1,
lettera c), del regolamento, prevista obbligatoriamente dall’articolo 44,  paragrafo 1, lettera a), del medesimo regolamento, e’ soggetto alla  sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 3.000 euro a 24.000 euro.

In conclusione si può quindi dire che rispettare la norma, non solo evita l’incorrere in sanzioni molto pesanti, ma permette di tutelare l’attività e soprattutto la salute dei consumatori, i quali dovrebbero cominciare a pretendere sempre una indicazione corretta nei confronti di tale tematica.

Dott. Matteo Fadenti

www.sicurgarda.com


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