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Storia del metodo HACCP7 min read

La storia del metodo HACCP parte da lontano e nasce dal fatto che al giorno d’oggi i consumatori pretendono che gli alimenti consumati non siano solo di qualità, ma che siano sicuri. Non sempre però è facile trovare tutte queste caratteristiche in un alimento, soprattutto perché in alcuni casi la genuinità e la qualità possono essere inversamente proporzionali alla sicurezza. La sicurezza alimentare, intesa come food safety, è diventata ormai un prerequisito essenziale per ogni alimento messo in commercio. Questo vuol dire che tale caratteristica non può e non deve diventare motivo di concorrenza, come invece lo sono la qualità o la scelta di taluni ingredienti piuttosto che altri.

La sicurezza però non deriva da un approccio puramente naturista del cibo, così come non si deve pensare che un cibo così detto BIO sia migliore o più sicuro di un cibo “industriale”.

Infatti capita ormai troppo spesso che vi sia una esaltazione sproporzionata a ciò che è biologico e un rifiuto antiscientifico ai cibi OGM (Organismi Geneticamente Modificati).

Sicuramente se si parla di igiene e sicurezza, i cibi prodotti dalle aziende attraverso delle specifiche tecnologie sono molto più sicuri del cibo prodotto artigianalmente che però sarà più genuino. È indubbio infatti che il latte appena munto, una conserva fatta in casa o un uovo di gallina del contadino siano più gustosi, buoni e genuini, ma non per forza più sicuri.

Gli esempi della salmonella sulle uova del pollaio e del clostridium botulinum nelle conserve casalinghe sono solo alcuni esempi, ma se ne potrebbero fare molti altri. Questo non vuol dire che il cibo prodotto industrialmente sia sempre sicuro, soprattutto considerando che come in altri settori, come la sicurezza sul lavoro, il rischio zero non esiste.

Fino a diversi decenni fa, alcune aziende alimentari, in diversi casi, utilizzavano materie prime poco controllate o scadenti oppure facevano un eccessivo utilizzo di additivi. Tali problematiche ad oggi si può dire siano, quanto meno nel nostro paese, superate grazie al progresso tecnologico e alla sempre più crescente attenzione agli aspetti igienico-sanitari nonché salutistici degli alimenti industriali.

Per arrivare ad oggi ci sono voluti diversi anni di innovazioni tecnologiche, di ricerca e anche di errori. Infatti ad oggi, per rendere l’alimento sicuro, esiste uno strumento riconosciuto a livello internazionale che è il metodo HACCP. Tale strumento è stato utilizzato per la prima volta dall’azienda statunitense Pillsbury Company e questo nasce da una esigenza di riparare ad un grave errore di insicurezza alimentare.

Siamo nel 1970 e la storia che ci porta al metodo HACCP che oggi conosciamo, inizia da un uomo, il dr. Howard E. Bauman, microbiologo e responsabile della ricerca e della sicurezza alimentare dell’azienda Pillsbury, che in una normalissima mattina di lavoro viene richiamato nell’ufficio di Robert J. Keith, amministratore delegato della Pillsbury.

Il dottor Bauman entrando nella stanza notò subito che c’era qualcosa di strano, infatti si ritrovò Keith seduto dietro la sua scrivania, in silenzio, con davanti un giornale che recitava in prima pagina: “Buon giorno America, nel cibo dei nostri figli, c’è del vetro”.

Si perché il giorno prima, una donna in Connecticut, trovò dei frammenti di vetro nella crema ai cereali per il figlio, alimento prodotto e distribuito proprio dalla Pillsbury.

La crema era stata contaminata a causa di alcune schegge di vetro cadute in uno dei silos di immagazzinamento dell’azienda. Questo episodio costrinse la Pillsbury al richiamo immediato del prodotto dal mercato.

L’episodio era grave, ancor più per Keith, il quale lavorava per la Pillsbury da più di 30 anni, facendo strada all’interno dell’azienda diventando amministratore delegato e presidente del consiglio nel 1967. Durante gli anni rivestiti come amministratore dell’azienda, Keith sostenne molte cause popolari, una delle quali proprio a favore della crescente richiesta da parte dei consumatori di alimenti più sicuri. Keith, da sempre in sintonia con tali richieste, chiese al Dr. Bauman di porre rimedio nell’immediato all’accaduto, facendo in modo che un incidente simile non accadesse di nuovo. I clienti avevano bisogno di sapere che i prodotti della società erano sicuri.

Il Dr. Bauman uscendo dalla stanza pensò che forse la soluzione al problema era già nelle sue mani. Infatti qualche anno prima, esattamente nel 1959, la NASA commissionò alla Pillsbury la realizzazione di alimenti da poter inviare nello spazio insieme agli astronauti.

Questi alimenti dovevano avere quattro caratteristiche principali:

1) non sbriciolarsi (le briciole potevano essere molto pericolose per la strumentazione di bordo),

2) dovevano essere conservabili a determinate condizioni,

3) dovevano avere un buon apporto nutrizionale,

4) dovevano essere sicuri, già, immaginate un astronauta nello spazio colpito da salmonellosi. Per soddisfare la richiesta della NASA, il Dr Bauman utilizzò un sistema, basato su tre punti (1- condurre una analisi dei rischi, 2- determinare i punti critici di controllo e 3- monitorare le procedure), che fino a quel momento era utilizzato nell’industria delle armi, ovvero quello che noi oggi conosciamo come metodo HACCP.

Bauman decise quindi di applicare a tutta la filiera quel modello che gli aveva permesso, qualche anno prima, di produrre gli alimenti, sicuri, per la NASA [1]. I risultati furono soddisfacenti, tanto che molte altre aziende statunitensi, decisero autonomamente di applicare il sistema che nel frattempo era passato da tre a cinque punti. In quel periodo peraltro il caso della Pillsbury non fu l’unico a scuotere la fiducia dei consumatori americani, infatti diversi furono i casi di botulismo e di intossicazione alimentare che portarono la Food and Drug Administration sotto l’occhio del ciclone.

La FDA [2] in quel periodo infatti venne spesso attaccata di scarso controllo sui produttori, tant’è che dopo l’ennesimo caso dove perse la vita un bambino di 8 anni, l’ente decise di correre ai ripari, chiedendo aiuto proprio alla Pillsbury. Nel settembre del 1972, 16 ispettori della FDA parteciparono al primo corso sull’HACCP organizzato proprio dalla Pillsbury su richiesta della stessa FDA, con durata di 21 giorni, di cui undici di teoria e dieci sul campo (nello stabilimento dell’azienda in Minnesota).

Da quel momento l’HACCP cominciò ad essere largamente utilizzato, non solo negli Stati Uniti, infatti nel 1993 il Codex Alimentarius [3] riunitosi a Ginevra decise di adottare questo metodo e di inserirlo nelle sue linee guida.

Essendo riconosciuta l’autorità e la competenza del Codex, l’Europa immediatamente decise di emanare una direttiva, la 93/43 che invitava gli stati membri ad attuare il metodo HACCP. L’Italia lo ha fatto grazie al D.Lgs. 155/97 che recitava: Il responsabile della industria alimentare deve individuare nella propria attività ogni fase che potrebbe rivelarsi

critica per la sicurezza degli alimenti e deve garantire che siano individuate, applicate, mantenute ed aggiornate le adeguate procedure di sicurezza avvalendosi dei seguenti principi su cui e’ basato il sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points).

Però per arrivare ad oggi manca ancora un passo. Nella fine degli anni 90 e nell’inizio degli anni 2000, furono diversi i casi che fecero di nuovo perdere la fiducia del consumatore nei confronti della sicurezza alimentare. Due su tutti: l’influenza aviaria e la encefalopatia spongiforme bovina detta “mucca pazza”.

Per correre ai ripari la Commissione Europea decise di elaborare il Libro Bianco sulla sicurezza alimentare del 12 gennaio 2000, ovvero un provvedimento comunitario che detta azioni necessarie a: completare, modernizzare e migliorare la normativa in materia di food safety. Poco dopo i contenuti del libro bianco vennero tramutati in legge grazie al REG CE 178/2002 [4] il quale prevede alcuni concetti fondamentali: l’introduzione della tracciabilità come noi oggi la conosciamo, l’obbligatorietà dell’analisi del rischio e il rispetto del principio di precauzione, l’obbligo di dare informazioni corrette al consumatore, vengono stabiliti e chiariti gli obblighi per gli OSA e soprattutto il regolamento istituisce il Sistema di Allerta rapido e gestione delle crisi (RASFF) e l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA).

È questo più di tutti il regolamento che permette la svolta, che dà il via al concetto del from farm to fork e che mette le basi per la creazione del cosiddetto pacchetto igiene, composto, tra le altre dal REG CE 852 che ad oggi detta le norme generali di igiene dei prodotti alimentari. L’Italia attuando la direttiva 2004/41/CE relativa ai controlli in materia di sicurezza alimentare e applicazione dei regolamenti, redige il D.Lgs. 193/2007 [5] che va ad abrogare definitivamente la 155 del 97 e va a prevedere delle sanzioni per il mancato rispetto del REG CE 852/2004.

L’evoluzione della normativa in questa tematica è però in continuo sviluppo e soprattutto visti i risultati raggiunti, la grande sfida oggi è quella di produrre alimenti che siano allo stesso tempo di qualità e sicuri non solo nel breve periodo ma anche nel lungo. Si deve ragionare come nella sicurezza sul lavoro, dove non si devono prevenire solo gli infortuni ma anche le malattie professionali.

dott. Matteo Fadenti