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Il regolare funzionamento della cappa di aspirazione: le valutazion del RSPP11 min read

Come fa un RSPP ad accorgersi di un cattivo funzionamento di una cappa di aspirazione?

Questa è una delle domande più frequenti che ricevo – magari con formulazioni diverse – da RSPP che lavorano presso miei clienti, o che semplicemente sono collegati al mio profilo Linkedin [1]

In effetti per chi si occupa – e preoccupa – della salute e sicurezza dei lavoratori, il corretto funzionamento degli impianti di aspirazione è tra gli aspetti più importanti.

Questi impianti sono infatti utilizzati al fine di catturare, aspirare e convogliare, in un opportuno impianto di trattamento tutte quelle sostanze – sotto forma di gas, vapori o polveri – che possono minare più o meno velocemente la salute dei lavoratori.

Fumi di saldatura, esalazioni di sostanze nocive o tossiche e polveri sono solo alcuni esempi di applicazioni tipiche degli impianti di aspirazione.

Purtroppo, salvo qualche rara eccezione, non esiste un corpo normativo esaustivo al quale far riferimento per la progettazione, costruzione ed installazione di queste apparecchiature, che sono a tutti gli effetti sistemi di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

Inoltre, a rendere ancora più difficile la valutazione di questi impianti, è il fatto che le aziende sono “vive”: nascono, crescono, si modificano nel tempo. Quanto valutato e progettato ieri per la sicurezza dei lavoratori, può non essere più valido già da oggi.

È però proprio questa continua evoluzione che può tornarti di aiuto quando hai a che fare con dei problemi di aspirazione degli inquinanti. In che modo?
Ecco come essere certo di un malfunzionamento ancor prima di aver eseguito qualsiasi misura.

“Cosa è cambiato nel tempo?”

Questa di solito è la prima domanda che pongo quando qualcuno mi contatta per problemi di aspirazione di una cappa.

Nel 97% dei casi, il problema non è infatti dovuto ad una errata progettazione dell’impianto di aspirazione, ma uno o più cambiamenti sono avvenuti da quando l’impianto è stato originalmente installato, portando progressivamente ad un decadimento della capacità aspirante.
Se riesci a far emergere o scoprire tutti questi singoli cambiamenti avvenuti nel tempo, non hai nemmeno bisogno di proseguire con un’attività di misura. L’impianto sarà sicuramente in affanno.
In base alla mia personale esperienza, ti elenco qui sotto le cause più comuni di una scarsa aspirazione.
Partiamo dalla prima. La più banale. Ma ti assicuro che molte volte è l’unica causa di una scarsa aspirazione.

Tutte le valvole sono nella giusta posizione di apertura?
Quando rivolgo questa domanda a chi mi ha contattato per un problema all’impianto di aspirazione, so benissimo di rischiare di ricevere pesanti insulti.
“Perfettibile, ma per chi mi ha preso. Secondo te ho chiuso le valvole e poi mi lamento della scarsa aspirazione?”
Assolutamente no!
Non penso mai che chi mi contatta mi stia prendendo in giro. O che sia uno sprovveduto.
In aziende complesse con molte linee di produzione e impianti di servizio, può però capitare una svista.
È umano.
Sovente capita infatti che durante le attività di manutenzione, vengano chiuse delle valvole di intercettazione o di regolazione.
Altrettanto spesso capita che le stesse valvole non vengano riportate nella posizione iniziale una volta terminata la fermata.
A volte si trovano a diversi metri di altezza. In posti angusti. Scomodi. Faticosi da raggiungere.
Così semplicemente vengono dimenticate.
Quindi, soprattutto se il problema di scarsa aspirazione sorge così all’improvviso, informati se sono state eseguite di recente delle manutenzioni. In caso affermativo, fai controllare tutte le valvole presenti sulle linee di aspirazione.

Qualcuno ha apportato modifiche all’impianto?
Ti avviso. A questa domanda quasi sempre ti risponderanno che non è cambiato nulla. Tu non ti fidare.
Capita infatti che ci sono state tante piccole modifiche e chi ti sta parlando non se le ricorda. Oppure sono state eseguite prima che lui arrivasse in azienda.
In alcuni casi non te lo dicono perché vogliono nascondere di aver fatto di testa loro, mettendo mano ad un impianto di aspirazione.
Come fare allora?
Guardati intorno. Cerca dei piccoli dettagli rivelatori.
In una acciaieria alla domanda “Avete modificato l’impianto?” mi è stato risposto con un incerto NO!
Guardando la tubazione principale alla quale era collegato il ventilatore, la vedevo ricoperta di polvere ed a tratti arrugginita. Segno dell’inesorabile passare del tempo.
Poi però si notavano sette tubi più piccoli collegati alla tubazione principale. Risaltavano per quanto erano freschi di verniciatura, così brillanti e puliti.
Chiedo quindi al responsabile di manutenzione dell’acciaieria come mai quei tubi più piccoli fossero verniciati a nuovo mentre quello principale era così sporco.
“Ah giusto, quelle sono delle linee di aspirazione che abbiamo aggiunto qualche mese fa. Ma non sono così importanti come portata aspirata.”
Certo, ogni singola linea aggiunta aveva un modesto impatto. Ma sommando tutte e sette le linee aggiuntive, chiaramente la portata di gas aspirati non era più così trascurabile.
Altro componente da osservare con cura: controlla anche se le cappe di aspirazione sono state visibilmente modificate. Magari le hanno allargate. Oppure si sono deformate a causa di un contatto accidentale con pezzi movimentati mediante carroponte.
Lo so. Devi fare un po’ l’investigatore della scientifica. Ma in fondo è l’unico modo per essere certo di valutare se sono avvenute modifiche nell’impianto di aspirazione originale.
Ovviamente qualsiasi modifica – come aggiunta di nuove linee, modifica della cappa aspirante o altro – significa nel 99% che l’impianto di aspirazione ha perso il suo grado di efficacia nella captazione degli inquinanti.

Le lamentele dei lavoratori sono costanti durante l’anno o sono invece stagionali?
Come RSPP sicuramente hai a che fare con il Datore di Lavoro, con l’RLS e preposti.
Non è però detto che siano le persone più indicate per darti un’indicazione.
A subire i veri disagi di un impianto di aspirazione non idoneo sono gli operatori direttamente coinvolti in quel particolare processo produttivo responsabile dell’emissione di inquinanti.
Chiedi anche a loro.
Se infatti la scarsa aspirazione avviene solo in particolari momenti della giornata, o solo in alcune stagioni, la causa del problema potrebbe essere una corrente d’aria che disturba l’aspirazione, più che un errata progettazione dell’impianto.
Ad esempio, d’estate è comune in quasi tutti i capannoni aprire i portoni per cercare di combattere il caldo. Oppure vengono accesi dei ventilatori per il raffrescamento.
Se l’impianto di aspirazione non è opportunamente confinato, le correnti d’aria che si vengono a creare all’interno del capannone possono contribuire a diffondere gli inquinanti nell’aria, soprattutto se questi sono generati da una sorgente calda.
“Come fare allora? Bisogna obbligare i lavoratori a saune forzate?”
No.
È infatti possibile inserire delle barriere – fisse o mobili – in grado da isolare la sorgente di inquinanti, e quindi l’impianto di aspirazione, dall’effetto di correnti d’aria.
Intendiamoci però. Le barriere non vanno messe a sentimento. Ti consiglio di contattare chi ha fornito l’impianto di aspirazione per un sopralluogo e per la progettazione delle barriere in base alle effettive correnti d’aria ed alle esigenze logistiche.
Arriviamo così all’ultima delle frequenti cause di scarsa efficacia di un impianto di aspirazione.

Ci sono state – o avvengono periodicamente – variazioni dei prodotti o dei processi produttivi?
Come già detto, le aziende sono degli organismi viventi, non sono statiche. Nascono, si evolvono, cambiano. (e a volte muoiono)
Spesso nemmeno tu che sei l’RSPP in azienda vieni informato di cambiamenti che sono avvenuti. Vero?
Magari hanno aggiunto un macchinario ad una linea.
Oppure cambiano la ricetta per realizzare un certo prodotto.
A volte il metodo di produzione stesso viene modificato, per poter stare al passo coi tempi o per ridurre i costi.
L’impianto di aspirazione viene progettato per uno specifico tipo di sorgente di inquinanti. Cioè per una tipologia di processo produttivo e di prodotto realizzato.
Forma e dimensione della cappa aspirante, il volume d’aria aspirato e di conseguenza il ventilatore installato, vengono stabiliti in funzione della tipologia di inquinante che si vuole captare.
Se cambiano le caratteristiche della sostanza da aspirare, o il processo grazie al quale viene generata, anche l’impianto di aspirazione dovrà essere adeguato.
Come già detto prima, se ti rendi conto che sono avvenute modifiche al processo produttivo o vengono realizzati prodotti diversi, la soluzione corretta è di contattare chi ha fornito l’impianto di aspirazione – o un consulente specializzato – per definire le possibili strade da perseguire per garantire la salute dei lavoratori e una buona qualità dell’aria.
“Grazie mille Perfettibile, ma se non rientro in nessuno dei casi che hai mostrato, cosa posso fare?”

Come scoprire se hanno fornito un impianto di aspirazione incapace di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori?
Se hai valutato e scartato tutte e quattro le cause che ti ho appena esposto, la situazione si fa più delicata.
Si entra nella zona grigia dei contenziosi.
Se infatti non ci sono state modifiche all’impianto, o al processo produttivo, e non si riscontrano problemi legati a correnti d’aria, allora l’unica ragione che resta è un’errata progettazione dell’impianto di aspirazione.
Ma non è così semplice come sembra.
Chi ha fornito l’impianto scaricherà la responsabilità al fornitore del ventilatore. Quest’ultimo dirà che ha fornito una ventola sulla base dei dati comunicati da chi ha progettato l’impianto.
La colpa rimbalzerà quindi sull’azienda per la quale lavori, in quanto ha dato informazioni sulla sorgente di inquinanti – e sulla tipologia degli stessi – non corrette.
Un ginepraio dal quale difficilmente se ne esce senza l’intervento dei legali!
Nel frattempo però la linea di produzione viene lasciata ferma, oppure chi vi lavora intorno è costretto a respirare sostanze poco simpatiche per la sua salute.

Dalla Teoria…
Ovviamente esistono dei metodi per valutare l’effettiva capacità dell’impianto di aspirazione di catturare ed aspirare le sostanze inquinanti.
Ti basta prendere un anemometro o un tubo di pitot, ed eseguire delle misure di velocità in diversi punti lungo la superficie della cappa aspirante. (ovvero la superficie racchiusa dai bordi nella parte più grande)
Eseguendo una media di questi valori, trovi la velocità media sulla faccia della cappa aspirante.
In base a questo valore ed alla superficie della cappa aspirante, puoi calcolare la velocità di cattura, ovvero il valore di velocità con la quale l’aria si muove nella zona dove vengono emessi gli inquinanti.

…alla pratica.
Il problema è però che per poter eseguire questo ultimo calcolo, devi utilizzare delle formule che dipendono dalla tipologia e dalla forma della cappa.
Inoltre, anche se riuscissi a calcolare il valore effettivo della velocità di cattura, sulla base di quale parametro potresti confrontarlo?
Norme di riferimento nella maggior parte dei casi non ci sono.
Se sei fortunato, il fornitore dell’impianto di aspirazione ha indicato il valore teorico di velocità di cattura da qualche parte nella documentazione fornita.
Considera anche che la distanza tra la cappa aspirante e la sorgente di inquinanti, ha un’influenza molto forte sulla capacità dell’impianto di catturare completamente le sostanze prodotte.
Nel caso di cappe mobili, questo è un altro aspetto che deve essere verificato.
Magari si è progettato l’impianto ipotizzando una certa distanza. Ma poi l’operatore – per questioni di comodità ed esigenze di spazio – si trova costretto a mantenerla in una posizione più elevata.
Come ti dicevo poco prima, in questi casi non è così semplice definire i confini di responsabilità. Non esiste una demarcazione tra il bianco ed il nero.

Quindi se te la senti, esegui pure le misure di velocità alla cappa e prova a vedere se per caso il fornitore dell’impianto ha definito un valore teorico di progetto.
Puoi anche controllare che la portata – che ottieni moltiplicando la velocità media alla cappa per la superficie della stessa – corrisponda a quella di progetto del ventilatore.

Ma prima di trarre conclusioni affrettate, rivolgiti ad un consulente terzo – se riesci non andare da un concorrente del fornitore attuale, per ovvie ragioni di conflitto di interesse – che ti aiuti ad eseguire correttamente le misurazioni e ti sappia dire con certezza se l’impianto è stato progettato correttamente o meno.

Diego Perfettibile

Ingegnere non convenzionale, da sempre appassionato delle scienze in generale e con una forte propensione alla scrittura. Questo è quello che dicono di me i miei dipendenti e le persone che mi conoscono più intimamente.

Sono da oltre 14 anni uno dei due soci, insieme a mio fratello Andrea, dell’azienda fondata nel lontano 1976 da nostro padre (la PBN snc), un semplice operaio spinto dal grande sogno di poter vendere i ventilatori di processo più robusti ed affidabili che un’azienda potesse avere.

Autore del blog www.ventilazionesicura.it [2], l’unico blog in cui si parla di ventilatori industriali e della loro manutenzione.

Autore dei libri in vendita su Amazon:

– “Fans for Industrial Process” (2016): un testo in inglese – scritto per non addetti ai lavori – ideale per chi si trova a dover selezionare tecnicamente il giusto ventilatore da installare in un impianto di produzione industriale.

– “Forni da INCUBO” (2017): una vera e propria guida agli acquisti per evitare fregature e pessime figure quando si acquistano ventilatori per alta temperatura da installare nei forni industriali, tipicamente nel mondo siderurgico e metallurgico.

– “Eleganza Esplosiva” (2017): un testo unico nel suo genere, scritto con l’aiuto di altri quattro professionisti. Un piccolo manuale pratico per allontanare il rischio di esplosione nelle lavorazioni di taglio, sbavatura e finitura dell’alluminio e di altre leghe metalliche.