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Allergie respiratorie di origine occupazionale5 min read

Il sistema immunitario è un complesso di cellule e organi la cui funzione è proteggere l’organismo nei confronti di agenti infettivi o di sostanze estranee. In alcuni soggetti il sistema immunitario può reagire in maniera abnorme ed esagerata nei confronti di sostanze (nel nostro caso presenti nel luogo di lavoro) che normalmente non creano alcun problema nella maggior parte delle persone esposte. Tali sostanze definite allergeni potrebbero essere: polveri, sostanze chimiche, pollini e alimenti.

Del meccanismo di funzionamento delle allergie ne abbiamo già parlato nell’articolo del mese scorso (visionabile al link [1]), in questo articolo invece ci occuperemo delle patologie respiratorie di tipo allergico con origine occupazionale.

I consulenti e gli RSPP devono conoscere l’esistenza di tali patologie e il meccanismo di azione, per poter programmare una corretta valutazione dei rischi ed adeguati interventi preventivi. Le principali caratteristiche di tali malattie si possono riassumere in tre punti:

  1. Necessitano di un periodo di latenza tra inizio dell’esposizione e comparsa dei sintomi. Infatti (come in tutte le reazioni immunopatogene di tipo I o di tipo III) abbiamo la prima fase di sensibilizzazione (asintomatica) e la fase di scatenamento dei sintomi. La fase di sensibilizzazione inizia quando il soggetto geneticamente predisposto viene a contatto con l’allergene. Il contatto esiste spesso poiché il lavoratore utilizza in modo sbagliato una sostanza oppure non si protegge a sufficienza indossando i D.P.I. necessari. In questa fase si sviluppa una abnorme reattività nei confronti dell’allergene che determina in caso di nuova esposizione lo scatenamento rapido dei sintomi. Se la fase di sensibilizzazione è dose-dipendente (che non vuol dire dose soglia, ma che maggiore è la dose a cui ci si espone, maggiore è la possibilità di essere sensibilizzati), la fase di scatenamento non è dose dipendente, basta infatti una piccola esposizione per provocare lo scatenamento dei sintomi.
  2. Esistono, come già detto, fattori predisponenti. In primo luogo il soggetto per avere una reazione allergica deve possedere un genoma atopico, in secondo luogo esistono delle condizioni che favoriscono la comparsa di allergie, es: soggetti che hanno già un’asma allergica non occupazionale sono generalmente più predisposti di altri a sviluppare un’asma allergica professionale). Tali soggetti sono definiti ipersuscettibili.
  3. L’allergia non è in genere un problema collettivo ma è legata alla particolare reattività del sistema immunitario di un singolo lavoratore. Difficilmente avremo gruppi omogenei di lavoratori colpiti da una problematica di tipo allergico, poiché peraltro non è presente la dose soglia.

Le principali patologie allergiche respiratorie di origine occupazionale sono: l’asma bronchiale, la rinite e l’alveolite allergica estrinseca.

Asma bronchiale – L’asma bronchiale occupazionale è una malattia respiratoria caratterizzata dall’ostruzione e dallo spasmo di grado variabile della muscolatura delle basse vie respiratorie. La causa di tale alterazione è la presenza di sostanze nell’ambiente lavorativo, con potere sensibilizzante e allergizzante. Spesso può capitare che soggetti già portatori di asma, peggiorino la loro condizione a causa appunto di sostanze presenti sul luogo di lavoro. In questo caso si parla di asma work-related. La frequenza di asma bronchiale nella popolazione adulta è compresa tra il 5 ed il 12 %, tra tutte queste dal 5 al 15% hanno origine occupazionale. Gli agenti eziologici principali possono essere: isocianati, farine, polveri di cereali, polveri di legno, lattice, derivati epidermici, aldeidi ed enzimi. I settori lavorativi più a rischio sono: settore alimentare, settore sanitario, laboratori, industria del legno, addetti alle pulizie, saldatori, industria chimica, industria della gomma, industria metalmeccanica, tessile ed elettrotecnica, comparto verniciatura.

Il compito principale del datore di lavoro, coadiuvato da RSPP e Medico Competente, è quello di attuare specifiche misure di prevenzione del rischio. La prevenzione può essere suddivisa in due fasi:

  • Primaria: riduzione dell’esposizione alla fonte, la sostituzione, dove possibile, della sostanza utilizzata con una con effetto meno sensibilizzante.
  • Secondaria: effettuazione di sorveglianza sanitaria, per la diagnosi tempestiva alla comparsa dei primi sintomi e rapido allontanamento dall’esposizione.

La protezione va effettuata con l’utilizzo di idonei DPI (mascherine con filtri specifici in base alla sostanza).

Rinite – La rinite invece è una infiammazione delle prime vie respiratore causata dall’inalazione di sostanze allergizzanti presenti nel luogo di lavoro. Spesso la rinite allergica occupazionale precede o si associa all’asma bronchiale allergica occupazionale, per cui è molto importante la sua prevenzione ed il suo precoce riconoscimento. La frequenza di tale patologia deriva dal tipo di sostanza alla quale si è esposti. Per i derivati epidermici la frequenza va da 10 a 33%, per le farine dal 18 al 29%, per gli enzimi dal 22 al 52%, per gli isocianati dal 36 al 42%, per le anidridi acide dal 10 al 60%. Gli agenti eziologici che causano tale malattia sono gli stessi in grado di portare ad asma allergica professionale. Lo stesso vale per le modalità di prevenzione che coincidono con quelle dell’asma occupazionale.

Alveolite allergica estrinseca – Con il termine di alveolite allergica estrinseca o polmonite da ipersensibilità, si definiscono un gruppo di malattie, su base sia infiammatoria che immunologica, a carico delle strutture distali del polmone (alveoli), conseguenti a ripetute inalazioni di concentrazioni elevate di microrganismi (batteri, muffe), sostanze organiche (proteine) o sostanze chimiche (isocianati) di varia natura. La forma più frequente e pi conosciuta è la Farmer’s lung, ovvero il polmone dell’agricoltore. Tale patologia è dovuta dall’inalazione di alcuni tipi di batteri o muffe che proliferano a temperature elevate, comprese tra i 30 ed i 65°C (tipiche della fermentazione di fieno, paglia, granaglie immagazzinate ancora umide). La Farmer’s Lung si manifesta dallo 0,4 al 10% dei lavoratori agricoli. Ne deriva che i settori lavorativi più a rischio sono: agricoltura, allevamento, coltivazione di funghi, produzione di formaggi, ed in genere lavori che espongono a muffe generate sui generi alimentari.

La prevenzione anche in questo caso parte dalla riduzione dell’esposizione alla fonte del problema. In questo caso è anche importante rispettare le corrette procedure di lavoro, come per la Farmer’s Lung è fondamentale essicare correttamente il fieno ed i foraggi per evitare la formazione di muffe e la fermentazione. Fondamentale come sempre in questi casi, l’utilizzo di idonei DPI per la protezione delle vie respiratorie, e non solo, visto che spesso questi allergeni possono provocare anche allergie per contatto cutaneo o ingestione.

Dott. Matteo Fadenti www.sicurgarda.com [2]