E’ rimessa alla Corte di giustizia UE la questione se i principi di libertà di stabilimento, di non discriminazione, di parità di trattamento, di tutela della concorrenza e di libera circolazione dei lavoratori, di cui agli artt. 45, da 49 a 56, e 106 del TFUE, nonché di cui agli artt. 15 e 16 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’U.E., ed il canone di proporzionalità e ragionevolezza in essi racchiuso, ostano ad una normativa nazionale, quale quella di cui all’art. 12, comma 2, l. 8 novembre 1991, n. 362 che, in caso di trasferimento della titolarità della farmacia comunale, assegna il diritto di prelazione ai dipendenti della farmacia medesima.

Consiglio di Stato, sez. III, ordinanza 4 luglio 2018, n. 4102, Presidente Balucani, Estensore Pescatore

Il fatto

Un comune indice un’asta ai sensi del R.D. 23 maggio 1924, n. 827, per la vendita della farmacia comunale aggiudicando la stessa provvisoriamente ai titolari di altra farmacia che hanno presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa per € 600.000.

All’esito della procedura prevale tuttavia l’offerta di una dipendente di ruolo dell’Azienda Speciale che godeva, in base al bando, del diritto di prelazione ex art. 12, L. 362/1991, la quale, pur non partecipando alla gara, esercita il medesimo diritto, versando contestualmente il deposito cauzionale richiesto (€ 11.600,00) e l’acconto pari a € 174.000,00, e così conseguendo dapprima l’aggiudicazione provvisoria della farmacia e quindi, a seguito della verifica dei requisiti autocertificati, l’aggiudicazione definitiva.

Il Tar Lombardia, con sentenza n. 01048/2016 respinge il ricorso dei primi aggiudicatari i quali ricorrono dunque al Consiglio di Stato.

Il giudice di appello, con sentenza parziale n. 4053 del 3 luglio 2018, respinge i primi due motivi di appello e, in particolare:

  • la tesi avanzata, intesa a interpretare il bando di gara nel senso che il beneficiario della prelazione legale avrebbe l’onere di partecipare all’asta presentando un’offerta valida, sicché solo all’esito di tale partecipazione egli avrebbe la facoltà di avvalersi del suo diritto di prelazione, adeguando la propria offerta a quella risultata migliore;
  • le argomentazioni della parte appellante intese a sostenere, sul piano dei principi generali in materia di gare (art. 30 d.lgs. 163/2006), e non già alla stregua delle regole del bando, che la posizione del prelazionario legale non può che coincidere con quella del soggetto concorrente in gara.

Da ultimo, in relazione al terzo motivo, la Sezione si interroga sul profilo di compatibilità del diritto nazionale, e in particolare dell’art. 12 della legge 362/1991, con i principi del diritto dell’Unione e, per l’effetto, contestualmente dispone che, con separata ordinanza, venga rinviata la questione di interpretazione alla CGUE.

L’ordinanza

Nell’esaminare il motivo oggetto di rinvio che sospende il giudizio principale, il collegio ricorda che per “prelazione legale” si intende il diritto, acquisito in virtù della legge o di un atto di autonomia privata, ad essere preferito ad altri, a parità di condizioni da questi offerte, nella conclusione di un determinato contratto o, più specificamente, nella trasmissione del diritto di proprietà di una cosa determinata.

La prelazione legale risponde – nell’ordinamento nazionale italiano – ad una logica di tutela preferenziale dell’interesse pubblico sulle istanze di libertà e di autonomia negoziale. Il meccanismo della prelazione conferisce, infatti, un diritto preferenziale alla stipula del contratto a determinate categorie di soggetti, e per tale via, in coincidenza con l’interesse privato del prelazionario, essa realizza il perseguimento di interessi di portata più generale.

Dunque, in tutte le prelazioni legali previste nell’ordinamento è comunque tutelato, sia pure mediatamente, l’interesse dell’intera collettività, in quanto, anche laddove la singola ipotesi di prelazione legale appare giustificata dall’attenzione del legislatore a una determinata categoria di soggetti, e quindi dall’interesse di un gruppo ristretto, la concreta scelta di politica legislativa risulta sempre riconducibile al fine ultimo di attuare un’equilibrata organizzazione dell’intera comunità sociale e, quindi, di tutelare l’interesse generale a una convivenza pacifica e produttiva.

Nel caso della cessione di farmacia comunale (art. 12, l. n. 362 del 1991), la preferenza accordata al dipendente mette in moto interessi che la giurisprudenza ha ritenuto essere riconducibili ad una esigenza di migliore gestione dell’esercizio farmaceutico (Cons. St., sez. V, 5 ottobre 2005, n. 5329): sottesa alla previsione normativa vi sarebbe la presunzione che il farmacista già dipendente del presidio ceduto offra una garanzia di continuità e di proficua valorizzazione della esperienza già accumulata nella gestione del presidio.

Il Consiglio di Stato, tuttavia, dubita che un siffatto diritto di prelazione sia giustificato dalla sussistenza di un interesse pubblico prevalente realmente apprezzabile. Dubita, in particolare, che l’esperienza professionale pregressa alle dipendenze della farmacia comunale sia meritevole di specifica valorizzazione. La pregressa dipendenza lavorativa presso la farmacia comunale nulla dice circa la conduzione più o meno positiva del presidio farmaceutico oggetto di cessione e sulla conseguente opportunità di garantirne la continuità. Nondimeno, il meccanismo preferenziale conferisce una preferenza incondizionata, che non tiene conto degli effettivi indici di buona conduzione dell’esercizio farmaceutico e che non si preoccupa di valutare se la concreta esperienza pregressa sia realmente meritevole di essere preservata.

Conclusioni

Secondo il collegio il soggetto beneficiario della prelazione vanta una esperienza di “dipendente” della farmacia, che non coincide con quella del “titolare” della farmacia, sicché la stessa non offre garanzie circa la “conduzione imprenditoriale” dell’azienda, di cui il dipendente non ha mai assunto il più ampio governo e la diretta responsabilità.

La Corte di Giustizia europea ha sì asserito che rientra nella discrezionalità di uno Stato membro l’opzione di rimettere la gestione degli esercizi farmaceutici in favore di soggetti dotati di comprovata qualificazione; e che disposizioni interne, che introducono limitazioni al management degli esercizi farmaceutici, in virtù delle peculiarità del prodotto dispensato, non contrastano con le libertà di stabilimento e di libera circolazione dei servizi.

I casi esaminati riguardavano, tuttavia, restrizioni limitative giustificate da esigenze di qualificazione professionale e di garanzia del buon espletamento del servizio (Corte giust. UE, grande sez. 10 marzo 2009, n. 169 e 19 maggio 2009, nn. 171 e 172).

Rispetto al caso in esame, suscita nel collegio perplessità, in relazione ai canoni di ragionevolezza e proporzionalità, il conferimento di specifica rilevanza alla pregressa esperienza professionale del dipendente della farmacia comunale, secondo un meccanismo svincolato da accertati criteri di merito ed in una misura, peraltro, così accentuata e pervasiva, quale quella che si realizza attraverso lo strumento della prelazione legale.

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Sull’argomento vedi anche “Razionalizzazione società partecipate: dalla Consulta deroghe per le farmacie comunali” pubblicato su questa rivista il 4/6/2018.


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