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L’allaccio abusivo al servizio idrico (in tempi di crisi) resta pur sempre furto aggravato2 min read

Premessa – Se “la proprietà è un furto” (come sosteneva il filosofo proto – socialista umanitario Proudhon), allora alimentarla “extra ordinem” lo è ancor di più …

Il fatto – Due coniugi, a seguito dell’interruzione della somministrazione di acqua presso la propria abitazione, operata dal competente gestore del servizio (per morosità protratta e reiterata), si riappropriano delle prestazioni svanite rimuovendo forzatamente i sigilli apposti sulla strumentazione d’erogazione (contatore).

Il contorno è quello dello stringente disagio economico del nucleo familiare, peraltro aggravato dalla presenza di un figlio minore e dall’imminente arrivo di un secondo: la presenza di bambini in tenerissima età e l’obiettiva rilevanza dell’uso dell’acqua per le esigenze primarie di igiene ed alimentazione avrebbero potuto far ricorrere lo scriminante stato di necessità di salvare soprattutto i minori dal pericolo grave ed attuale di un danno, inquadrabile nel rischio di contrarre malattie conseguenti alla mancanza di acqua, ai sensi dell’art. 54 del codice penale.

Soprattutto se la situazione di precarietà non fosse dipesa da una libera e voluta scelta degli attori, bensì dal persistente periodo di crisi del mercato del lavoro.

La decisione – E invece no!
La mancata fornitura dell’acqua avrebbe dovuto essere fronteggiata altrimenti, attraverso l’accesso alla fontanella pubblica, distante solo 50 metri dall’abitazione; ed inoltre, giusto per rincarare la dose, del trasbordo si sarebbe dovuto “serenamente” occupare il compagno della donna gravida.

In altri termini, il pericolo di un danno grave avrebbe potuto essere realisticamente evitato, sia pure a costo di scomodità e disagio.

In effetti, la causa di giustificazione prevista dall’art. 54 del codice penale richiede l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del pericolo (Cassazione Penale, sezione sesta, sentenza n. 28115 del 5 luglio 2012): una vera e propria costrizione all’azione materialmente offensiva di valori giuridicamente protetti.

Perlomeno, questa è la rigida posizione assunta dalla Corte di Cassazione, sesta sezione penale, colla sentenza n. 41069 [1] del 2 ottobre 2014.

Le asimmetrie del sistema – Anche se non va sempre così … La situazione ha la sua fluidità: in altre occasioni, difatti, l’Ordinamento si mostra più clemente e bonario.

Ad esempio, in caso di omesso versamento delle ritenute fiscali afferenti ai dipendenti da parte dell’imprenditore – sostituto d’imposta, purchè (su altro fronte) “strozzato” dai mancati pagamenti della pubblica amministrazione, questa volta nelle vesti non di esattrice ma di committente, per ingenti importi corrispettivi, nonostante la pervicace (quanto vana) sollecitazione degli stessi.

Così la pensa il G.I.P. del Tribunale di Milano, con sentenza del 7 gennaio 2013.

Preminenza del rilievo sociale dell’impresa o clausola di salvaguardia del sistema?

 

Roberto Maria Carbonara, segretario comunale