Una società mista, a partecipazione pubblico-privata, non può lamentare l’affidamento a terzi di lavori riconducibili al proprio oggetto sociale, qualora l’oggetto della gara per la scelta del socio privato e l’affidamento del servizio, alla base della propria costituzione, sia stato caratterizzato da eccessiva genericità ed onnicomprensività

Tar Lazio, sezione II-bis, sentenza n. 7524 del 21 maggio 2018 Presidente Stanizzi, relatore Fratamico

A margine

Una società mista a partecipazione pubblico-privata, costituita all’esito di gara a doppio oggetto, per la salvaguardia, il recupero, la valorizzazione e la gestione del patrimonio ambientale di un Comune, domanda l’annullamento della procedura negoziata indetta dal medesimo Comune per l’affidamento dei lavori di rifacimento di un impianto di depurazione comunale.

A parere della ricorrente, il Comune avrebbe dovuto assegnarle in via diretta i lavori oggetto della procedura negoziata, in quanto rientranti nella gara europea indetta per l’individuazione del proprio socio privato e sfociata nella costituzione della società stessa, avente tra le proprie attività, anche la realizzazione di opere ed infrastrutture accessorie e connesse al corretto svolgimento della gestione del servizio di depurazione.

Investito del ricorso, il Tar ricorda che le regole applicative che presiedono all’affidamento diretto di servizi a società miste pubblico-private, per le quali via stata una previa gara “a doppio oggetto”, sono state indicate dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale.

In materia risulta dirimente la differenza esistente tra società in house e società mista.

La prima agisce come un vero e proprio organo dell’Amministrazione dal punto di vista sostanziale, mentre la seconda presuppone la creazione di un modello nuovo, nel quale interessi pubblici e privati trovano convergenza.

In quest’ultimo caso, l’affidamento di un servizio ad una società mista è ritenuto ammissibile a condizione che sia svolta una unica gara per la scelta del socio e l’individuazione del servizio da svolgere, delimitato in sede di gara sia temporalmente che con riferimento all’oggetto (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 marzo 2009, n. 1555, e Corte Giustizia, sez. III, 15 ottobre 2009, C-196/08, Acoset).

In altri termini, è possibile affidare dei servizi ad una società mista solo allorquando l’affidamento avvenga nel contesto di un’unica gara, avente ad oggetto sia la scelta del socio privato (socio non solo azionista, ma soprattutto operativo) sia l’affidamento del servizio, che deve essere già predefinito con obbligo della società di mantenere lo stesso oggetto sociale durante l’intera durata della concessione.

La chiave di volta del sistema è dunque rappresentata dal fatto che l’oggetto della gara deve essere predeterminato e non genericamente descritto, pena l’aggiramento delle regole pro-competitive a tutela della concorrenza.

In questo senso, i criteri di scelta del socio privato si devono riferire non solo al capitale che questi deve conferire, ma anche alle relative capacità tecniche e alle caratteristiche della sua offerta in considerazione delle prestazioni specifiche da fornire, di modo ché la scelta del concessionario risulti indirettamente da quella del socio medesimo (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 2 marzo 2015 n. 992; Sez. II, parere 18 aprile 2007, n. 456).

Nel caso di specie, tuttavia, l’oggetto della gara europea alla base della società risulta del tutto generico ed onnicomprensivo; come tale, idoneo, potenzialmente, a far ricadere qualsiasi servizio nel suo perimetro ma, di fatto, impeditivo, per la società di integrare i requisiti per l’affidamento diretto dello specifico servizio oggetto del giudizio.

L’oggetto della gara europea non poteva infatti ricomprendere i lavori di rifacimento del depuratore, non potendo supplire alla eccessiva genericità del bando, le mere indicazioni esemplificative indicate nell’oggetto sociale, nello statuto e nell’atto costitutivo della società mista.

Pertanto, poiché la gara a doppio oggetto era stata indetta con un bando che indicava un oggetto eccessivamente ampio, non delimitabile e, pertanto, non determinabile ai fini della tutela della concorrenza, il Tar ritiene carenti le necessarie specificazioni ai fini dell’affidamento dei lavori in questione.

Da qui l’infondatezza della pretesa della ricorrente, società ad oggetto generalista, di essere affidataria diretta dell’appalto dei lavori oggetto della procedura negoziata indetta dal Comune.

Stefania Fabris


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