I vincoli contenuti nell’art. 11 del T.U. sulle società pubbliche (TUSP) per la partecipazione ai consigli di amministrazione delle società a controllo pubblico sono tassativi e trovano applicazione immediata, introducendo il pronto divieto del duplice ruolo per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

Corte dei conti, Sezione controllo per la regione Valle d’Aosta, deliberazione n. 7 del 14 giugno 2017 – presidente Aloisio, relatore Biondo

A margine

Le domande oggetto della richiesta di parere alla Corte sono due:

1. se “per effetto degli artt. 11, comma 8, e 26, comma 10, del TUSP, i dipendenti pubblici già nominati, alla data di entrata in vigore del medesimo TU, quali amministratori negli organi di amministrazione delle società controllate, cessino dalla carica decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del d.lgs. 175/2016, e quindi a far data dal 23 marzo 2017 (o, tenuto conto della proroga prevista dal decreto legislativo di modifica del TUSP, dal 31 luglio 2017),

2. ovvero se possano proseguire nell’esercizio del mandato sino a scadenza naturale, secondo quanto ordinariamente previsto dall’art. 2383, secondo comma, del codice civile […]”

Il quesito riguarda, in altri termini, le modalità con le quali il mutato quadro organizzativo, delineato dal TUSP, possa interfacciarsi con le previsioni codicistiche e, nello specifico, con quelle di cui al titolo V, del capo V, Sez. VI-bis del codice civile e con quali tempistiche.

La Corte osserva che il nuovo TUSP si innesta in un contesto legislativo tuttora vigente che regolamenta le cause di incompatibilità tra incarichi dirigenziali interni ed esterni e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle amministrazioni. Proprio questo quadro è utile ad indicare, anche per analogia, le tempistiche di applicazione dell’art. 11 del nuovo TUSP.

Nel dettaglio, il TUSP fa espresso rinvio alle disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi previste dal decreto n. 39/2013, provvedimento che, come noto, ha introdotto una normativa organica sul tema, delineando la disciplina valida in relazione sia alle pubbliche amministrazioni sia ai soggetti privati di controllo pubblico.

In proposito, con specifico riguardo alle tempistiche di applicazione del decreto n. 39/2013, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha affermato che, anche se le norme del decreto non incidono sulla validità dei preesistenti atti di conferimento degli incarichi, la legge sopravvenuta ben può disciplinare ipotesi di incompatibilità tra incarichi e cariche con il conseguente obbligo di eliminare la situazione divenuta “contra legem” attraverso apposita procedura.

La Corte sottolinea, quindi, come l’art. 11 del T.U. fornisca indicazioni puntuali sulle forme di governance da instaurare e sui requisiti che i soggetti in posizione apicale devono possedere nelle società a controllo pubblico, esprimendo, altresì, i seguenti ulteriori vincoli, oltre a quelli relativi alle ipotesi di inconferibilità e incompatibilità, ovvero:

a) il divieto per i dipendenti dell’amministrazione titolare della partecipazione o di quella titolare di poteri di indirizzo e di vigilanza di assumere incarichi di amministratore di società a controllo pubblico (comma 8);

b) la possibilità, invece, per i dipendenti della società controllante di rivestire l’incarico con l’obbligo di riversare i relativi compensi all’amministrazione o alla società di appartenenza (comma 8);

c) il divieto, nelle società in cui le amministrazioni pubbliche detengono un controllo di tipo indiretto, di nominare amministratori della società controllante, a meno che agli stessi non siano attribuite deleghe gestionali a carattere continuativo, ovvero la nomina risponda all’esigenza di rendere disponibili alla società controllata particolari e comprovate competenze tecniche o di favorire l’espletamento dell’attività di direzione e di coordinamento (comma 11);

In questo scenario si inseriscono le disposizioni del codice civile che, all’art. 2382, definisce le cause di ineleggibilità preesistenti alla nomina o intervenute nel corso dello svolgimento della carica, nonché una serie di disposizioni speciali, relative alle cause di incompatibilità (ad es. quelle del d.lgs. n. 385/1993, recante il Testo unico delle leggi in materia di intermediazione bancaria e creditizia), che appaiono analogicamente applicabili a quelle oggetto del parere.

Conclusioni. Il giudice contabile osserva, in conclusione, che la tassatività della previsione contenuta nell’art. 11 del T.U.s impone che la stessa trovi applicazione immediata, introducendo il pronto divieto del duplice ruolo per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

Da qui la necessità di modificare gli statuti sociali, allorquando, in caso di primi amministratori la nomina sia prevista nell’atto costitutivo ai sensi dell’art. 2383, comma 1, c.c., e allorquando in essi esista un’espressa previsione relativa ai componenti dei consigli di amministrazione contraria agli intervenuti precetti normativi.

In questi casi, infatti, la previsione superata va eliminata ai sensi dell’art. 11, comma 8, del T.U. con le modalità previste dagli artt. 2365 e 2436 c.c. entro il termine 31 luglio 2017, così prorogato dal d.lgs. n. 100/2017.

Stefania Fabris


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