IN POCHE PAROLE …

La dichiarazione di pubblica utilità, finalizzata ad una procedura espropriativa deve precedere le opere da realizzare, se eseguite su fondo altrui. Il principio è cogente sia per l’espropriazione di beni immobili, sia per l’asservimento a servitù coattiva di aree per opere di pubblica utilità.

L’istituto dell’appropriazione acquisitiva di cui all’articolo 42-bis del D.lgs. n. 327/2001 è applicabile anche all’ambito territoriale della Provincia di Trento.

Cons. Stato, Sez. III, 24 marzo 2025, n. 2380 –  Pres. F. Franconiero, Est. G. Tulumello,


Il caso

Alcuni comproprietari di un terreno, sul quale una Società ha realizzato opere per un impianto sciistico senza il consenso degli attuali proprietari, hanno chiesto il ripristino dello stato dei luoghi e il risarcimento dei danni. A fronte di siffatta domanda la Provincia Di Trento ha dichiarato la pubblica utilità, l’indifferibilità e l’urgenza delle opere relative alla pista da sci.

I suddetti comproprietari hanno impugnato il provvedimento della Provincia davanti al TRGA di Trento.

Il TRGA di Trento ha respinto il ricorso, rilevando:

  • che la dichiarazione di pubblica utilità non era preclusa dalla legge provinciale n. 7/1987, poiché esisteva un rapporto consensuale tra il precedente proprietario e la Società che ha realizzato l’impianto sciistico;
  • che l’art. 42-bis del T.U. degli espropri non era applicabile, poiché non ricorreva, nel caso concreto, la condizione di utilizzo del bene senza un valido provvedimento;
  • che la gestione degli impianti era basata su un rapporto privatistico, e che la dichiarazione di pubblica utilità non impedisce un accordo pattizio tra le parti.

Contro la sentenza di primo grado è stato depositato ricorso in appello, sollevando diversi motivi di doglianza.

Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello.

La sentenza

Il Giudice di secondo grado ha accolto il ricorso esaminando e ritenendo fondato, per il principio di assorbimento di ogni altro gravame, il secondo motivo di impugnazione, ossia che la dichiarazione di pubblica utilità può concernere solo opere da eseguire. Questo perché le norme in materia di espropriazione richiedono che la pubblica utilità sia dichiarata prima della realizzazione delle opere stesse.

Il Consiglio di Stato ha affermato che i provvedimenti impugnati sono stati adottati in contrasto con il regime giuridico dell’acquisizione alla proprietà pubblica di opere eseguite su fondo altrui.

La decisione in parola ha fatto propria la doglianza degli appellanti, secondo la quale la dichiarazione di pubblica utilità “postuma” è illegittima, non solo in base alla normativa nazionale e sovranazionale, ma anche in applicazione della legge provinciale di Trento.

Ciò in quanto le stesse norme della legge provinciale n. 7/1987 sugli impianti a fune postulano che l’espropriazione di un bene privato, sia che essa avvenga mediante acquisizione della proprietà, sia attraverso l’imposizione di un diritto reale, nonché l’atto presupposto della dichiarazione di pubblica utilità, debbano essere adottati in relazione ad opere ancora da realizzare.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto di discostarsi dalla pronuncia di primo grado, poiché attraverso di essa si sarebbe consentita l’acquisizione coattiva e postuma di beni di proprietà dei ricorrenti, in contrasto insanabile con l’articolo 42-bis del Dlgs n. 327/2001.

Una siffatta interpretazione avrebbe dato luogo a una forma usurpativa della proprietà, in violazione di principi tutelati, sia dalla costituzione, sia dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), in applicazione dei quali si è inteso superare definitivamente il fenomeno dell’”espropriazione indiretta”, proprio attraverso l’istituto dell’acquisizione sanante come disciplinato dall’art. 42-bis citato.

Nella sentenza in argomento è stato chiarito che non è in discussione l’applicabilità nel territorio della Provincia di Trento dell’art. 42-bis del Testo Unico degli espropri, in quanto l’istituto dell’espropriazione per pubblica utilità, per il carattere “trasversale” e “servente” che riveste, va riferito alle materie a cui si riferisce, ossia, nel caso di specie dell’art. 42-bis, alla tutela della proprietà privata, discendente anche da obblighi internazionali dello Sato.

Il Giudice di appello ha evidenziato che alle stesse conclusioni predette si perviene anche attraverso i principi espressi dalla CEDU.

Quanto ai rapporti negoziali tra i proprietari precedenti e il soggetto utilizzatore degli impianti, la decisione ha affermato che essi non incidono sulla legittimità del provvedimento impugnato di dichiarazione di pubblica utilità, ma attengono eventualmente all’ambito delle rispettive pretese patrimoniali.

In riforma del TRGA Trento il Consiglio di Stato ha rilevato che, se fosse fondata la tesi di una regolamentazione privatistica fra le parti dell’uso del bene in questione, non sarebbe stata necessaria l’impugnata dichiarazione di pubblica utilità, né si sarebbe spiegato il comportamento dell’Amministrazione volto a sollecitare un accordo tra le parti.

Conclusioni

La sentenza in commento afferma che non è compatibile con l’ordinamento la dichiarazione di pubblica utilità postuma rispetto agli interventi da realizzare.

La decisione chiarisce che il predetto principio si applica sia per l’espropriazione di beni immobili, sia per l’imposizione di servitù su aree per opere di pubblica utilità.

La chiarezza dell’approdo giurisprudenziale descritto farebbe apparire quasi scontato il principio affermato dal Consiglio di Stato.

In realtà quanto sostenuto nella recente sentenza non è proprio pacifico, se si considera che il TRGA Trento ha richiamato, a fondamento, della sua decisione, un precedente approdo dello stesso Consiglio di Stato (Cons. St., sez. IV, sent. n. 1911/2014).

Nel precedente giurisprudenziale, disatteso dalla pronuncia in esame attraverso le motivazioni sopra sintetizzate, era stato, invece, sostenuto:

  • che la dichiarazione di pubblica utilità sarebbe propedeutica all’esproprio e non necessariamente alla realizzazione di lavori;
  • che sarebbe addirittura del tutto naturale far seguire l’imposizione di servitù alla realizzazione delle opere, una volta che le stesse (come avviene per gli impianti di risalita al momento del rilascio della concessione della linea funiviaria) acquisiscano in concreto una funzione di pubblica utilità.

Degna di interesse è anche la sostenuta applicabilità nella sentenza in argomento dell’istituto dell’acquisizione appropriativa di cui all’art. 42-bis Dlgs. n. 327/2001 al territorio della Provincia Autonoma di Trento, appartenente a una regione a statuto speciale.

Tornando alla fattispecie concreta esaminata dal Consiglio di Sato la pronuncia in esame offre spunti operativi che vanno oltre quanto affrontato espressamente dal Giudice.

Essi possono essere sintetizzati nel modo seguente:

  • se l’opera è eseguita in assenza di titolo non è ammessa la dichiarazione postuma di pubblica utilità preordinata all’esproprio di beni o all’imposizione di servitù sugli stessi;
  • è applicabile l’istituto dell’acquisizione appropriativa disciplinata dall’art. 42-bis del testo unico sugli espropri. Tuttavia, nel caso concreto, sembra difettare una delle condizioni previste dal citato art. 42-bis, ossia l’attuale utilizzo dell’impianto sciistico per scopi di pubblica utilità da parte dell’autorità, posto che le piste sono utilizzate da una Società solo in minima percentuale partecipata dalla Provincia di Trento;
  • in assenza dei presupposti per l’applicazione in concreto dell’acquisizione sanante e, fatti salvi accordi sopravvenuti con i comproprietari ricorrenti, rimane come unica soluzione al caso concreto la riduzione in pristino dello stato dei luoghi e il risarcimento dei danni a favore degli aventi diritto.

dott. Antonello Accadia


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