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Videopoker: no alle distanze poste dai comuni5 min read

Gli strumenti pianificatori di contrasto alla ludopatia devono essere stabiliti a livello nazionale o comunque essere inseriti nel sistema della pianificazione nazionale… La competenza legislativamente stabilita a favore dell’amministrazione statale esclude che pari competenza possa essere esercitata dal comune.

Tar Veneto, sezione II, 22 aprile 2013, n. 609 [1]Presidente Di Nunzio, Estensore Morgantini

Il caso

La sentenza affronta il tema della ludopatia, ovvero la malattia che colpisce i giocatori d’azzardo incalliti. Una vera dipendenza curata come l’alcolismo o la tossicodipendenza dai Sert, incrementata dal dilagare del gioco facile, i classici videopoker e i piccoli “casinò” che proliferano nelle nostre città, invogliando, sotto casa, i malati a rovinarsi.

Un’azienda impugna il provvedimento del comune di Vicenza avente ad oggetto la revoca di agibilità relativamente alla zona del proprio locale dedicato alla raccolta di scommesse e gioco lecito.

Il regolamento comunale di Vicenza per l’apertura di sale giochi era teso alla prevenzione della ludopatia.

L’art. 7 del sopra richiamato regolamento comunale prevedeva il rispetto di distanze particolari dai siti sensibili da parte delle strutture in cui viene esercitata l’attività di scommessa.

Il limite maggiore, 500 metri, andava rispettato dalle scuole e dai centri frequentati principalmente da giovani, dalle strutture residenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale, luoghi di culto e caserme. Un limite intermedio, 300 metri, dal centro storico di Vicenza, patrimonio Unesco, per tutelare il centro urbano, particolarmente fragile, dal degrado. Un terzo limite, 100 metri, dalle intersezioni stradali, riducibile a metri 50 se trattasi di intersezione tra strade locali. L’art. 13-bis delle norme tecniche d’attuazione del piano regolatore generale recepisce, in merito ai locali da destinare alla pratica del gioco, i limiti del regolamento comunale per l’apertura di sale giochi appena visto.

La sentenza

Tali regolamenti, adottati da molti comuni italiani per tutelare la salute pubblica in tema di ludopatia, però, non avranno oggi vita facile.

Infatti, a tutelare tale bene giuridico, protetto nelle intenzioni dal regolamento impugnato, è intervenuta la legge dello Stato che ha stabilito i principi della disciplina.

La disciplina è rinvenibile nell’art. 1 della le [2]gge n. 220 [2]del 2010 [2] dove si stabilisce che, con decreto interdirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e del Ministero della salute, sono adottate, d’intesa con la Conferenza unificata, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge medesima, linee d’azione per la prevenzione, il contrasto e il recupero di fenomeni di ludopatia conseguenti a gioco compulsivo.

Il decimo comma dell’art. 7 del D.L. n. 158 del 2012 [3], convertito nella legge n. 189 del 2012 stabilisce che l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, a seguito della sua incorporazione, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, provvede a stabilire i criteri di ricollocazione dei luoghi di raccolta del gioco anche con riferimento alle distanze da istituti di istruzione primaria e secondaria, da strutture sanitarie e ospedaliere, da luoghi di culto, da centri socio-ricreativi e sportivi. Tale risoluzione deve avvenire di concerto con il Ministro della salute, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione.

Per individuare i luoghi ritenuti “adatti” al gioco e alle scommesse si dovranno effettuare appositi controlli, come previsti dal comma 9, nonché reperire ogni altra qualificata informazione, comprese anche le proposte motivate dei comuni.

La legge prevede anche l’istituzione di un osservatorio con lo scopo di ridurre l’incidenza del fenomeno della ludopatia. A tale osservatorio dovranno prendere parte esperti individuati dai Ministeri della salute, dell’istruzione, dell’università e della ricerca, dello sviluppo economico e delle finanze, ma anche esponenti delle associazioni rappresentative delle famiglie e dei giovani, nonché rappresentanti dei comuni.

Da questa disposizione il Tar Veneto ricava un principio, ovvero che il tema attiene alla salute pubblica, argomento per il quale vi è competenza esclusiva dello Stato, trattandosi di questioni relative alla tutela di un fenomeno sociale che coinvolge tutto il territorio nazione e non una questione urbanistica attinente un solo specifico comune.

Ne consegue che gli strumenti pianificatori di contrasto alla ludopatia devono essere stabiliti a livello nazionale o comunque essere inseriti nel sistema della pianificazione nazionale.

A cascata ne deriva, quindi, che il regolamento impugnato, che introduce specifiche distanze per l’apertura delle nuove “case da gioco”, non risponde ad esigenze specificamente afferenti il territorio del comune di Vicenza, ma ad esigenze generali, bisognose di una previsione nazionale.

La competenza legislativamente stabilita a favore dell’amministrazione statale esclude che pari competenza possa essere esercitata dal comune.

Il Comune si era difeso, tra l’altro, invocando l’art. 13 del testo unico degli enti locali [4], secondo cui spettano all’ente tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale. Il Tar ha bocciato tale idea in quanto l’art. 13 esclude la competenza comunale se la materia è riservata alla legge statale o regionale.

Senza l’attribuzione, per legge, di specifica potestà amministrativa l’art. 13 del testo unico degli enti locali [4] legittima i comuni all’utilizzo degli strumenti di diritto privato, in condizioni di parità con tutti gli altri soggetti, ma non all’esercizio di poteri amministrativi.

Cosa possono fare, quindi, oggi i comuni?

I comuni possono intervenire nell’ambito della pianificazione statale in sede di conferenza unificata ai sensi dell’art. 7 del D.L. n. 158 del 2012 [3].

In casi particolari, contingibili ed urgenti, i sindaci possono agire con lo strumento dell’ordinanza di cui al testo unico degli enti locali [4].

Del resto il Questore che rilascia la licenza per l’attività di scommesse non è tenuto ad applicare le prescrizioni dei comuni.

Conclusioni

Ora, in forza della sentenza in commento, i soggetti, interessati all’apertura di un luogo di gioco e scommessa, potranno ottenere l’annullamento dei regolamenti comunali che stabiliscono distanze dai siti sensibili ottenendo, così, il via libera.

Il Tar ha voluto riportare la questione sulla retta via, sollecitando lo Stato a farsi carico del problema.

Ancora una volta gli enti locali sembrano più solerti dello Stato ad affrontare le tante questioni del disagio sociale. Le linee d’azione interdirigenziali sono state prorogate al 31 dicembre 2013. A fine ottobre 2013 il sottosegretario alla salute, Paolo Fadda, ha fatto sapere che le predette linee d’azione sono ancora in discussione presso la Commissione affari sociali della Camera.

Il Tar avrebbe potuto ritener legittimi i regolamenti fino all’adozione delle linee d’azione. Ma ciò avrebbe costituito un alibi allo Stato che si sarebbe adagiato sugli allori.

di Emanuele Compagno, avvocato