In assenza di una sentenza della Corte Costituzionale che sancisca l’incostituzionalità dell’imposta municipale propria, il contribuente non può chiedereil rimborso del tributo motivandolo con il contrasto tra la relativa normativa e il dettato costituzionale. Il diniego di rimborso adottato dal Comune, pertanto, deve essere ritenuto legittimo.

Commissione Tributaria Provinciale di Brescia, 5 aprile 2013, n. 28, Pres. Francesco Maddalo, Relatore Vasco Trevisani (1)

CTP Brescia 28 del 2013

Il caso

Un contribuente bresciano presentava istanza di rimborso al Comune di Brescia per ottenere la restituzione dell’imposta municipale propria adducendo, a sostegno della richiesta, l’incostituzionalità del tributo in quanto l’imposta creerebbe una disparità di trattamento tra i cittadini, violerebbe il principio di accesso alla proprietà dell’abitazione e contrasterebbe con il principio di capacità contributiva.

La sentenza

La Commissione Tributaria Provinciale di Brescia, con la sentenza n. 28/5/13 del 5 aprile 2013, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all’imposta municipale propria.

In particolare, un contribuente presentava istanza di rimborso al Comune di Brescia per la restituzione dell’imposta versata alle casse comunali affermando – sin dalla fase amministrativa – l’incostituzionalità del nuovo tributo locale per violazione degli artt. 3, 47 e 53 della Costituzione.

Il Comune di Brescia adottava un provvedimento di diniego (2) di rimborso e, in giudizio, sosteneva la legittimità del proprio operato stante l’impossibilità di procedere al rimborso del tributo in quanto l’asserita incostituzionalità assunta dal contribuente non trovava alcun riscontro in una pronuncia della Corte Costituzionale.

La Commissione Tributaria adita, come ormai è noto, ha dato ragione all’Ente locale sposando appieno le difese da questi sostenute.

Il Giudice bresciano, infatti, ha aderito alla tesi per la quale in assenza di un provvedimento della Corte Costituzionale che sancisca l’incostituzionalità del tributo municipale, sarebbe impossibile procedere al rimborso dello stesso e, al contempo, ha precisato che esula dalle competenze comunali il vaglio di legittimità costituzionale delle leggi, con la conseguenza che il Comune non avrebbe potuto, sua sponte, procedere al rimborso di un tributo giustificando lo stesso con l’asserita incostituzionalità della norma impositiva.

La sentenza ha avuto un discreto rilievo mediatico, anche perché è stata commentata come prima pronuncia emessa in materia di imposta municipale propria (3).

Sotto un profilo prettamente formale, deve essere considerata corretta la soluzione adottata dal consesso bresciano.

Non v’è dubbio, infatti, che la difesa perorata dal Comune sia fondata e condivisibile: non esiste (ancora) un provvedimento del Giudice delle Leggi che sancisca l’incostituzionalità dell’imposta municipale e, pertanto, le amministrazioni comunali non possono procedere al rimborso del tributo, essendo le stesse obbligate dalla legge alla sua riscossione. È vero, inoltre, anche quanto precisato dalla Commissione Tributaria circa l’incompetenza dell’Ente locale ad effettuare un sindacato di legittimità costituzionale delle leggi.

Le argomentazioni addotte dai Giudici, però, lasciano trapelare alcune perplessità sotto il profilo della giustizia costituzionale.

Il ricorrente, infatti, si è rivolto al giudice tributario per ottenere l’annullamento di un provvedimento di diniego di rimborso fondato sulla richiesta di valutazione di una questione di legittimità costituzionale proposta secondo articolati motivi di gravame. Il rigetto del ricorso, quindi, presupponeva che la Commissione adita motivasse specificatamente in relazione alle censure sollevate il perché la questione fosse manifestamente infondata.

In altre parole, a parere di chi scrive, era necessario che il Collegio argomentasse circa la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’i.m.u. in relazione al principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), al principio della tutela del risparmio e dell’accesso alla proprietà dell’abitazione (art. 47 Cost.) e al principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.).

Ciò, invece, non è avvenuto poiché il Giudice si è limitato a far proprie le difese comunali, ancorché pienamente legittime.

Il punto problematico della pronuncia riguarda, come già anticipato, il rigetto della questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente.

Infatti, se è vero che non vi è alcuna pronuncia della Consulta sulla legittimità costituzionale dell’i.m.u., è altrettanto vero che per poterne ottenere una è necessario accedere ad un procedimento giurisdizionale dinanzi alla Corte Costituzionale poiché, come giustamente osservato anche dai Giudici di merito, il Comune nulla può dire circa la costituzionalità di una legge.

Giova ricordare che la Corte Costituzionale, nel nostro ordinamento, può essere adita solamente in due modi: mediante una procedura diretta, azionabile solamente dallo Stato e dalle Regioni (4); e mediante una procedura c.d. incidentale, nascente – cioè – all’interno di un giudizio di merito proposto dinanzi ad un qualunque organo giurisdizionale.

Orbene, per il cittadino l’unico modo di sollevare una questione di legittimità costituzionale è quello previsto dall’ultima procedura indicata. Egli deve, quindi, proporre le censure di costituzionalità all’interno di un giudizio di merito.

Ai sensi dell’art. 23, c. 2, L. 11 marzo 1953, n. 87 «l‘autorità giurisdizionale, qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale o non ritenga che la questione sollevata sia manifestamente infondata, emette ordinanza con la quale, riferiti i termini ed i motivi della istanza con cui fu sollevata la questione, dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso».

Sicuramente, il caso in esame non è stato definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale, posto che il Collegio bresciano l’ha ritenuta manifestamente infondata.

Qualora il Giudice adito, come accaduto nel caso di specie, ritenga che la questione di costituzionalità sia manifestamente infondata (o irrilevante) è tenuto, ai sensi del successivo art. 24 della medesima legge, a provvedere con una ordinanza che deve essere adeguatamente motivata.

Nel caso in esame, non solo difetta una specifica ordinanza che dichiari la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità sollevata dal ricorrente, ma non è rinvenibile nemmeno una adeguata motivazione circa il rigetto della questione stabilita nel dispositivo della sentenza.

Sul sindacato che deve operare il giudice di merito circa le questioni di legittimità costituzionale dinanzi a lui sollevate, la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che questi «prima di delibare il merito della questione, per accertare od escludere che la stessa sia manifestamente infondata, deve stabilire, nel preliminare giudizio sull’ammissibilità dell’incidente e sotto il profilo della sua pertinenza e rilevanza, se la questione medesima presenti efficacia strumentale rispetto alla risoluzione della causa» (5).

Conclusioni

Alla luce di quanto esposto, quindi, si può concludere con una considerazione di natura strettamente formalistica in forza della quale si deve ritenere corretta la statuizione del Giudice bresciano. Si deve evidenziare, però, che il contribuente ha agito in modo assolutamente corretto, anche alla luce dei principi di leale collaborazione previsti dallo Statuto del Diritti del Contribuente, pagando l’imposta (dallo stesso ritenuta incostituzionale) e chiedendo successivamente il rimborso.

A pensarci bene, la sentenza bresciana, se portata alle sue estreme conseguenze, impedirebbe al contribuente di sollevare una questione di legittimità costituzionale in riferimento al tributo in quanto difetterebbe sempre una pronuncia della Corte Costituzionale che ne sancisca l’illegittimità. Tale pronuncia, però, non potrebbe mai essere adottata se nessun giudice investe la Consulta di tale questione.

Alessio Scaglia, cultore della materia di diritto tributario.

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(1) La sentenza è consultabile in banca dati IPSOA.

(2) Dalla lettura della sentenza non è possibile stabilire se si trattasse di un diniego esplicito o tacito ma, ai fini del presente lavoro, tale questione è irrilevante.

(3) Per il vero la prima sentenza emessa in materia di imposta municipale propria è quella del T.A.R. del Lazio, Sez. II, depositata il 20 marzo 2013, n. 2843, consultabile sul sito www.giustizia-amministrativa.it. Con tale pronuncia il Giudice amministrativo ha respinto il ricorso del Codacons avverso i provvedimenti attuativi del tributo municipale. Ad ogni modo, per un primo commento a tale pronuncia si rimanda a A. Piccolo, L’IMU non è incostituzionale, 16 aprile 2013, pubblicato su www.eutekne.it.

(4) In questa sede si tralascia ogni approfondimento su tale procedura.

(5) Cass. Civ. sent. 7 aprile 1983, n. 2476, in banca dati IPSOA.

 


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