La CiVIT fornisce i primi chiarimenti sull’applicazione della norme del decreto legislativo 39/2013,  riguardante l’inconferibilità e l’incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico.

Le questioni trattate  dall’Autorità Nazionale Anticorruzione riguardano:

1. il regime transitorio;

2. la compatibilità dei nuovi divieti con l’art. 4 del D.L. 95 del 2012 sulla composizione obbligata delle società pubbliche strumentali e a totale parecipazione pubblica diretta o indiretta;

3. la possibilità di conferma, alla sca0fenza dell’amministratore delle società pubbliche. 

Con la deliberazione n. 46/2013, l’Autorità nazionale anticorruzione afferma che  il decreto legislativo n. 39/2013 “non pone alcun problema di retroattività e, conseguentemente, di violazione dell’invocato principio tempus regit actum. Le norme del decreto – in particolare, gli artt. da 4 a 8 – non incidono sulla validità del preesistente atto di conferimento degli incarichi, mentre ben può la legge sopravvenuta disciplinare ipotesi di incompatibilità tra incarichi e cariche con il conseguente obbligo di eliminare la situazione divenuta contra legem attraverso apposita procedura. Gli incarichi e le cariche presi in esame dalla nuova disciplina sul punto, infatti, comportano l’espletamento di funzioni e poteri che si protraggono nel tempo (quali, ad esempio, atti di gestione finanziaria, atti di amministrazione e gestione del personale, ecc.). Trattandosi di un “rapporto di durata”, dunque, il fatto che l’origine dell’incarico si situa in un momento anteriore non può giustificare il perdurare nel tempo di una situazione di contrasto con la norma, seppur sopravvenuta.

Con la deliberazione n. 47/2013, l’Autorità chiarisce che il decreto sulle incompatibilità “ha delimitato l’ambito soggettivo cui si riferiscono gli obblighi di nomina previsti dall’art. 4 del d.l. n. 95/2012; vale a dire che, nel caso dell’art. 4, comma 4, del d.l. n. 95/2012, i due nominandi membri del consiglio di amministrazione possono anche essere dirigenti, purché non investiti della carica di presidente con deleghe gestionali dirette o di amministratore delegato.

Per quanto riguarda, poi, l’art. 4, comma 5, del d.l. n. 95/2012, si giunge a conclusioni analoghe, nel senso che, nel caso di cinque componenti, i tre designandi da parte delle amministrazioni non possono rivestire le summenzionate funzioni.

Con riferimento, invece, all’art. 12, comma 1, “l’incompatibilità è limitata alle cariche di presidente e amministratore delegato; ed è da ritenere che il generico riferimento a “presidente” debba essere integrato con la previsione della titolarità di “deleghe gestionali dirette” (ai sensi della lettera e) dell’art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 39/2013), come si può desumere, del resto, dall’abbinamento della carica di presidente con quella di amministratore delegato.

Per quanto riguarda il successivo comma 4 dell’art. 12 “alla Commissione sembra evidente che la carica di “componente di organi di indirizzo negli enti di diritto privato in controllo pubblico” ivi prevista coincide con la carica di presidente con delega e di amministratore delegato.

Infine, con la deliberazione n. 48/2013, la Commissione “ritiene che l’art. 7 possa essere interpretato nel senso che il divieto operi soltanto per quanto riguarda l’incarico di amministratore presso un diverso ente e non impedisca invece la conferma dell’incarico già ricoperto”.

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