La Corte Costituzionale, chiamata a valutare la legittimità costituzionale della normativa regionale che consente all’avvocatura regionale di patrocinare in giudizio anche enti strumentali e società partecipate dalla Regione, chiarisce che la norma secondo cui gli avvocati dipendenti possono patrocinare per l’ente di appartenenza – e solo per esso – non è suscettibile di estensione da parte del legislatore regionale, ma rientra nell’ambito dei principi fondamentali della materia delle professioni, affidato alla competenza del legislatore statale.

Con la sentenza n. 91 del 22 maggio 2013, la Corte ricorda che la disciplina delle incompatibilità della professione forense è oggetto di legislazione statale sin dall’art. 3, secondo comma, del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, che prevede che l’esercizio della professione di avvocato «è incompatibile con qualunque impiego o ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello Stato […] ed in generale di qualsiasi altra Amministrazione o istituzione pubblica». Tale rigoroso regime d’incompatibilità è derogabile, per quanto riguarda gli avvocati afferenti agli uffici legali degli enti pubblici, solo «per quanto concerne le cause e gli affari propri dell’ente presso il quale prestano la loro opera» e a condizione che siano iscritti nell’elenco speciale annesso agli albi professionali, secondo quanto stabilito dall’art. 3, quarto comma, lettera b), del medesimo regio decreto-legge n. 1578 del 1933.

Gli avvocati dipendenti da enti pubblici sono tenuti a svolgere l’attività professionale solo in relazione agli affari propri dell’ente presso il quale prestano la loro opera, non essendo consentito ritenere “propri” dell’ente pubblico datore di lavoro le cause e gli affari di un ente diverso, dotato di distinta soggettività.

Del tutto coerente con detti orientamenti consolidati sul piano giurisprudenziale è l’intervento del legislatore statale che, ridisciplinando la professione forense con la legge 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense), ha anzitutto ribadito il regime d’incompatibilità della professione d’avvocato con qualsiasi attività di lavoro subordinato, anche se con orario limitato (art. 18, comma 1, lettera d), e ha poi precisato le condizioni nel rispetto delle quali, in deroga al principio generale di incompatibilità, è consentito agli avvocati degli uffici legali istituiti presso gli enti pubblici svolgere attività professionale per conto dell’ente di cui sono dipendenti (artt. 19 e 23).


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