Il disavanzo da liquidazione non può essere ricompreso tra i disavanzi cui fa riferimento l’art. 194, lett. b), TUEL, poiché il riferimento al “pareggio” e alla sua funzione, costituisce un limite alla riconoscibilità dei disavanzi che non mirano alla conservazione dell’integrità aziendale.

Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, deliberazione n. 162 del 19 dicembre 2018, Presidente Longavita, relatore Sucameli

A margine

Il quesito – La Corte è richiesta di chiarire se l’articolo 194, comma 1, lett. b), del TUEL, sia applicabile al disavanzo finale di liquidazione di un’azienda speciale, quindi, se il comune istante possa riconoscere un debito fuori bilancio assorbibile nella massa passiva del dissesto in cui versa.

Il parereL’art. 194 del Tuel prevede che Con deliberazione consiliare di cui all’articolo 193, comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da, tra l’altro, da copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione”.

La Corte sottolinea che il ricorso al patrimonio per la copertura di perdite è una situazione ammessa in circostanze eccezionali, posto che i beni durevoli devono rimanere destinati al servizio delle funzioni pubbliche e non essere liquidati per porre rimedio a sbilanci della gestione corrente, privando la collettività del retaggio del risparmio pubblico.

Si tratta di un corollario della clausola generale dell’equilibrio di bilancio (Corte cost. sentt. nn. 192/2012 e 184/2016) che si impone a tutte le pubbliche amministrazioni e alle loro articolazioni (art. 97, comma 1 Cost.).

Più precisamente, le singole unità organizzative della pubblica amministrazione devono, in un’ottica consolidata, rispettare il precetto dell’equilibrio di bilancio come “gruppo amministrazione pubblica”; non sono pertanto ammesse gestioni in perdita nemmeno da parte dei singoli soggetti partecipati.

L’erosione del patrimonio rappresenta una situazione eccezionale e patologica che si giustifica solo nel caso in cui l’alea dei “fatti di gestione” (art. 194, lett. b) TUEL), contrariamente alle aspettative e alla programmazione ex ante, abbia determinato costi o spese non sostenibili dal ciclo economico-finanziario, impattando sulla dotazione di scopo.

Per quanto riguarda le aziende speciali, la Corte rimarca che tale modulo organizzativo mira a superare le strettoie della contabilità finanziaria pubblica ed, in particolare, il carattere autorizzatorio del bilancio per una maggiore libertà gestionale, con una contabilità economico-patrimoniale civilistica, non autorizzatoria.

Tuttavia, la contabilità economico-patrimoniale non può essere uno strumento per aggirare il sistema di scopi, vincoli e principi cui risponde, in generale, il sistema costituzionale della contabilità pubblica.

Infatti, anche in questo tipo di contabilità, il budget svolge una funzione fondamentale in termini di riconduzione del bilancio dell’ente partecipato al sistema autorizzatorio della contabilità finanziaria.

Il saldo di gestione, che può tradursi in utile o in perdita, misura l’eventuale “debito o credito di organizzazione”, in relazione al quale o si espande la capacità di finanziamento del ciclo di produzione o si registra un’erosione di capitale, da correggere attraverso un piano di rientro.

In questo contesto, l’art. 194 lett. b) stabilisce le condizioni per cui il “debito” di organizzazione di un soggetto, diverso e distinto dall’Ente locale, può legittimamente ottenere il “soccorso” finanziario dell’ente dominus.

In particolare il TUEL pone un limite alla possibilità di realizzare un “accollo interno” del debito, prevedendo che non tutti i “disavanzi” di gestione dell’azienda speciale siano ripianabili dall’ente dominus, ma solo quelli la cui riparabilità è prevista da “da statuto, convenzione o atti costitutivi” ed, in ogni caso, purché a) sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’articolo 114, e b) il disavanzo derivi da fatti di gestione.

Soltanto il rispetto di queste condizioni potrà legittimare l’integrazione dell’autorizzazione di spesa oltre la dotazione iniziale e i contributi ordinari, assorbendo il “debito altrui” entro il bilancio dell’ente dominus.

A questo si aggiunga che il pareggio di bilancio da prendere in considerazione non può essere quello a consuntivo ma dovrà essere quello ex ante risultante dal budget economico (almeno) triennale (art. 114, comma 8, TUEL).

Da qui la conclusione che:

  • la programmazione di una perdita ingiustificata e non finalizzata al raggiungimento del pareggio o la mancanza di un budget rendono il debito non riconoscibile;
  • sarà possibile ripianare il disavanzo di gestione che derivi da “fatti di gestione” ovvero da eventi, idonei a generare obbligazioni ai sensi dell’art. 1173 c.c., che hanno determinato, in corsa, lo squilibrio tra costi e ricavi, nonostante una congrua programmazione, in un’ottica di prosecuzione dell’attività aziendale;
  • sebbene il budget economico non abbia efficacia autorizzatoria, lo stesso costituisce, per l’ente dominus, il discrimen tra disavanzi ripianabili ab aexterno con il riconoscimento di debito, da quelli che sono ripianabili solo con un autonomo piano di rientro da parte dell’azienda speciale.

Conclusioni – Rispetto alla riconoscibilità o meno del “disavanzo di liquidazione” di un’azienda speciale per la quale l’ente dominus abbia già optato per la non prosecuzione dell’attività aziendale, la Corte sottolinea quanto segue:

  1. il disavanzo da liquidazione è il debito complessivo che residua al termine della ricognizione dei mezzi per far fronte ai debiti di un ente che ha optato per la cessazione dell’attività aziendale;
  2. in questa situazione l’ente dominus ha accettato il rischio della erosione del patrimonio conferito, collegato a fatti di gestione, con il “beneficio”, però di esporsi nei limiti del patrimonio conferito;
  3. il riconoscimento di un tale debito da parte dell’ente locale costituirebbe una rinuncia difficilmente motivabile con riferimento al vantaggio dell’autonomia patrimoniale che proprio con l’azienda speciale si è inteso perseguire.

Ne deriva che, il disavanzo da liquidazione non può essere ricompreso tra i disavanzi cui fa riferimento l’art. 194, lett. b), TUEL, poiché il riferimento al “pareggio” e alla sua funzione, costituisce un limite alla riconoscibilità dei disavanzi che non mirano alla conservazione dell’integrità aziendale.

Ove il Comune, in dissesto, venisse chiamato a rispondere civilmente “nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società”, della transazione dovrebbe comunque occuparsene, sulla base delle pertinenti disposizioni del TUEL, l’organo straordinario di liquidazione nell’esercizio della propria discrezionalità amministrativa.

Stefania Fabris


Stampa articolo