In assenza di contratto in forma scritta, il Comune può procedere col riconoscimento di un debito ai sensi dell’art. 194 del TUEL?

Corte dei conti, sezione di controllo per il Trentino Alto Adige, deliberazione n. 35 del 25 luglio 2018Presidente Lentini, relatore Ferrari

A margine

La richiesta di parere concerne la possibilità, per un’Amministrazione comunale, di riconoscere un debito fuori bilancio, ai sensi dell’art. 194, c. 1, lett. e) del TUEL, in assenza di un contratto redatto in forma scritta, qualora si sia verificato un evidente arricchimento dell’Ente nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni, alla luce dei recenti orientamenti della Cassazione in tema di obbligazioni.

La Sezione fa presente che non esiste una definizione legislativa di debiti fuori bilancio. Dottrina e giurisprudenza li hanno inquadrati quali “obbligazioni pecuniarie riferibili all’ente, assunte in violazione delle norme di contabilità pubblica, nonché della disciplina di assunzione della spesa”. Si tratta, quindi, di obbligazioni in senso tecnico, che si manifestano in corrispondenza della violazione di regole di contabilità pubblica.

In altre parole il debito fuori bilancio sorge per il fatto che lo stesso si è perfezionato giuridicamente, ma non contabilmente.

Dopo aver ripercorso le tappe storiche della disciplina dettata per il riconoscimento di questi debiti, la Sezione sottolinea che il principale riferimento normativo è oggi rappresentato dall’art. 194 del Testo unico degli enti locali (norma di carattere eccezionale rispetto alle regole contenute nell’art. 191 del Tuel sull’impegno di spesa) che introduce una elencazione tassativa dei debiti fuori bilancio riconoscibili con deliberazione consiliare, ovvero:

  • debiti derivanti da sentenze esecutive;
  • debiti derivanti da copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’ articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione;
  • debiti derivanti da ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali;
  • debiti derivanti da procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità; acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’ articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.

Per tali fattispecie il riconoscimento rappresenta un atto discrezionale dall’amministrazione (ad eccezione dell’ipotesi dei debiti derivanti da sentenza esecutiva), preordinato a ricondurre al sistema di bilancio determinate tipologie di spesa, anche per evitare ulteriori oneri aggiuntivi a carico delle finanze pubbliche, come costi per interessi o spese legali.

Detto ciò, la Sezione evidenzia che i requisiti generali, che debbono avere i debiti per il loro “riconoscimento”, sono stati individuati dalla Circolare della Direzione Centrale della Finanza Locale n. FL 21/93 del 20 settembre 1993 e consistono:

  • nella certezza del debito, ovvero nell’esistenza effettiva di un’obbligazione di dare, non presunta ma inevitabile per l’ente;
  • nella relativa liquidità, nel senso che deve essere individuato il soggetto creditore, l’ammontare del debito, che il relativo importo sia determinato o determinabile mediante una semplice operazione di calcolo aritmetico;
  • nella relativa esigibilità, nel senso che il pagamento non deve essere sottoposto a termine o a condizione.

In questo contesto, la Corte sottolinea l’importanza del requisito dell’effettiva sussistenza di un’obbligazione di dare, fattore questo che, anche in ipotesi di rispetto delle corrette procedure contabili, rappresenta il pre-requisito per l’assunzione dell’impegno contabile.

Appare quindi necessario appurare se, nell’ipotesi di assenza di contratto redatto in forma scritta, possa ritenersi configurato il perfezionamento di un’obbligazione, fermo restando che, nel nostro ordinamento, sul piano civilistico:

  • vige il principio della libertà di forma di conclusione dei contratti;
  • solo in via eccezionale e in vista del perseguimento di particolari finalità, legate alla natura e all’oggetto del contratto, è richiesta l’adozione di una forma vincolata quale la forma scritta, pena l’invalidità del contratto.

In proposito, l’art. 1325 del codice civile, con riferimento ai requisiti del contratto, afferma, al n. 4, che “la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità”, costituisce un requisito per la validità, mentre l’art. 1350 del codice elenca gli atti che “devono farsi per iscritto” sotto pena di nullità (si tratta in generale degli atti che hanno per oggetto la costituzione, modificazione o la circolazione di diritti su beni immobili). E’ infine presente nella norma una clausola di chiusura di carattere generale che rinvia agli “altri atti specialmente indicati dalla legge”.

Per l’amministrazione pubblica vale inoltre il disposto:

  • dell’art. 32, c. 14 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 “Codice dei contratti pubblici”, a mente del quale il contrato è stipulato, a pena di nullità, con atto pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura dell’ufficiale rogante della stazione appaltante o mediante scrittura privata; in caso di procedure negoziata ovvero per gli affidamenti di importo non superiore a 40.000 euro mediante corrispondenza secondo l’uso del commercio consistente in un apposito scambio di lettere, anche tramite posta elettronica certificata o strumenti analoghi negli altri Stati membri”.
  • dell’art. 17 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 “Disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato”, secondo cui i contratti a trattativa privata, oltre che nella forma pubblica amministrativa, possono concludersi con altre modalità che presuppongo pur sempre la forma scritta.

A queste norme va ad aggiungersi la consolidata giurisprudenza della Cassazione, la quale conferma che i contratti stipulati dalla pubblica amministrazione richiedono la forma scritta ad substantiam. (ex multis Cass. S.U., n. 6827/10; Cass. n. 20033/2016; Cass. n. 20690/2016), con la precisazione che in mancanza “…non si è in presenza di un “contratto”, ancorché invalidamente concluso, ma a un comportamento di fatto privo di rilievi di sorta, sul piano giuridico, mancando – in radice – quell’”accordo” tra le parti, presupposto dall’art. 1321 c.c. anche per il costituirsi di un contratto invalido o non opponibile ai terzi” (Cass. n. 20033/2016).

Alla luce di tali considerazioni, la Sezione rileva che l’assenza della forma scritta determina la nullità del contratto per difetto di forma con la definitiva inidoneità dello stesso a produrre gli effetti suoi propri nei confronti dell’amministrazione pubblica.

Inoltre, per gli enti locali, gli atti di acquisizione di beni e servizi (adottati in difformità alle procedure di spesa) sono solo apparentemente loro riconducibili verificandosi, in effetti, una vera e propria scissione del rapporto di immedesimazione organica tra agente e pubblica amministrazione. (Sentenza Corte cost. n. 295/1997).

Ne deriva che il “rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge tra il privato fornitore e l’amministratore o il funzionario che abbiano consentita la fornitura”. (Cass. Civ. I, Sent. 04.01.2017, n. 80).

In ultima analisi, il difetto di forma scritta nei contratti con il comune determina la mancata costituzione di un’obbligazione contrattuale, giuridicamente perfezionata, nei confronti dell’amministrazione, con la conseguenza che non vi può essere “debito” fuori bilancio da riconoscere ai sensi dell’art. 194 Tuel.

Difatti, come riconosciuto dalla Suprema Corte (Sent. Cass. Civ. I, 14 febbraio 2017, n. 3844) «il riconoscimento di un debito fuori bilancio … costituisce un procedimento discrezionale che consente all’ente locale di far salvi nel proprio interesse – accertati e dimostrati l’utilità e l’arricchimento che ne derivano, per l’ente stesso, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza – gli impegni di spesa di copertura contabile, ma non introduce una sanatoria per i contratti nulli o, comunque invalidi – come quelli conclusi senza il rispetto della forma scritta “ad substantiam”».

Stefania Fabris


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