Nel procedimento di accesso agli atti, l’erede testamentario non riveste la qualità di controinteressato in quanto il diritto alla privacy non rientra tra quelli trasmissibili iure hereditatis.

Tar Veneto, sez. III, sentenza 16 febbraio 2017, n. 176, Presidente Estensore Settesoldi

A margine

Nella vicenda, la nipote di una defunta chiede all’IPAB dove soggiornava quest’ultima di prendere visione degli atti afferenti alla degenza della zia allo scopo di integrare la documentazione in suo possesso e di accertare il reale stato e le condizioni della defunta nei mesi precedenti alla morte.

Ciò in quanto, pochi mesi prima di morire, la zia aveva cambiato il proprio testamento mutando il suo erede universale precedentemente individuato nella ricorrente che pertanto intende dimostrare una sorta di gestione captatoria da parte della nuova beneficiaria.

Dopo aver interpellato, in qualità di controinteressata, la nuova erede, ed aver acquisito la sua opposizione, l’IPAB dispone il diniego all’accesso.

Pertanto, l’erede uscente ricorre al Tar deducendo la violazione dei principi di imparzialità e trasparenza dell’attività amministrativa e la violazione degli artt. 22-24 c. 7 della l. n. 241/1990, ribadendo il proprio interesse a verificare che la zia non sia stata vittima di una condotta captatoria al fine di sviarne la volontà in sede di redazione delle ultime volontà tanto da aver già avviato un procedimento giudiziario in sede civile contro la nuova beneficiaria.

In particolare, ad avviso della ricorrente, l’IPAB avrebbe dovuto valutare la preminenza delle sue ragioni rispetto alla riservatezza del terzo che, nel caso in esame, dato il decesso della titolare dei dati, nemmeno esiste.

Il Tar ritiene il ricorso fondato in quanto la ricorrente ha dato prova concreta ed attuale del suo interesse ad ottenere l’ostensione degli atti richiesti.

Inoltre il giudice ricorda che il diritto alla riservatezza è strettamente personale e non trasmissibile all’erede richiamando l’art. 9, c. 3 del d.lgs. n. 196/2003 secondo cui “i diritti di cui all’art. 7 riferiti a dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato o per ragioni familiari meritevoli di protezione” .

Secondo il collegio, tale norma, pur non disciplinando il caso in trattazione, fornisce ulteriore conferma del fatto che il diritto alla privacy non rientra tra quello trasmissibili iure hereditatis.

Nel caso in esame, l’erede testamentaria non poteva quindi rivestire la qualità di controinteressata rispetto alla richiesta della ricorrente e non doveva prestare alcun consenso all’accesso non avendo alcun titolo per opporvisi.

Per quanto sopra, il Tar dispone l’annullamento del diniego di accesso, l’accertamento del diritto della ricorrente di prendere visione ed estrarre copia integrale dei documenti richiesti e la condanna dell’IPAB all’ostensione.


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