L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è chiamata a chiarire se il giudice amministrativo sia legittimato a non annullare una graduatoria di concorso risultata illegittima disponendo solo il risarcimento a favore del ricorrente quando la pronuncia giurisdizionale intervenga a distanza di moltissimi anni dall’assunzione dei vincitori, per non ledere la loro vita.

Consiglio di Stato, sede giurisdizionale, sez. V, 22 gennaio 2015, Presidente L. Maruotti, Estensore F. Rocco

Ordinanza di rimessione n. 284-2015

Il caso

La vicenda trae origine da un ricorso davanti al Tar L’Aquila con cui una partecipante ad un concorso pubblico svolto nel 1997 presso un comune, esclusa a causa di una valutazione insufficiente, chiede l’annullamento degli atti concorsuali.

In particolare la ricorrente lamenta l’illegittima composizione della commissione giudicatrice per la presenza nella stessa, in difformità da quanto previsto dal regolamento interno, di un membro privo della qualifica dirigenziale nonché la mancata predeterminazione dei criteri di valutazione delle prove.

Con sentenza n. 69-2002 il Tar dell’Aquila dichiara il ricorso infondato ritenendo provata la competenza del commissario contestato in quanto titolare di un incarico dirigenziale fiduciario, ed elemento non imprescindibile ma appartenente alla discrezionalità amministrativa, la previa definizione dei criteri valutativi, sufficientemente espressi con la successiva attribuzione di un punteggio numerico ai singoli candidati.

L’interessata propone quindi appello davanti al Consiglio di Stato, riaffermando le proprie doglianze. Il comune e i controinteressati, nel frattempo assunti, si costituiscono in giudizio.

L’ordinanza di remissione all’Adunanza Plenaria

Circa la prima censura, il giudice di secondo grado conferma l’orientamento espresso dal Tar L’Aquila.

In riferimento, invece, al secondo punto, il collegio ricorda che il principio della previa fissazione dei criteri di valutazione delle prove concorsuali, nella prima seduta della commissione, o tutt’al più prima della correzione delle prove scritte, deve essere inquadrato nell’ottica della trasparenza dell’attività amministrativa, ponendo l’accento sulla necessità della determinazione dei criteri stessi in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti (Consiglio di Stato, sez. V, 4 marzo 2011, n. 1398); e che, tra la necessaria fissazione dei criteri anzidetti e la legittimità dell’attribuzione del voto numerico, sussiste un nesso indissolubile per raccordare il punteggio da assegnare (Consiglio di Stato, sez. VI, 11 febbraio 2011, n. 913).

Peraltro, in applicazione dell’art. 12 del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, i criteri di valutazione delle prove d’esame devono essere sempre predeterminati.

Ciò considerato, secondo il Consiglio di Stato la violazione di tale adempimento rende illegittimo il procedimento concorsuale e i relativi atti (Consiglio di Stato, sez. IV, 30 novembre 2007, n. 6096).

Il collegio, tuttavia, ritiene di sottoporre all’esame dell’Adunanza Plenaria la questione riguardante la sorte delle risultanze illegittime del concorso, essendosi lo stesso concluso in tempi ormai risalenti (circa 15 anni prima) con l’assunzione in servizio dei tre vincitori che, a seguito del conseguimento di posti di lavoro a tempo indeterminato, hanno compiuto le proprie scelte di vita, disponendo, piuttosto, a favore della ricorrente, un risarcimento del danno.

La valutazione dell’ordinanza

L’ordinanza richiama i principi espressi nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2755 del 2011, laddove è stato affermato che il giudice amministrativo, nel rispetto dei principi di proporzionalità, di equità e di giustizia, può non annullare un atto illegittimo, quando tale operazione non giovi né al ricorrente né al pubblico interesse.

Nel caso in esame il giudice potrebbe quindi non annullare la graduatoria finale ma disporre piuttosto una condanna al risarcimento del danno a favore dell’interessata, salvaguardando così la posizione dei vincitori assunti.

In effetti, una pronuncia di annullamento non assegnerebbe comunque il posto di lavoro alla ricorrente ma solo una chance difficilmente soddisfabile, sacrificando, invece, sproporzionatamente, la posizione dei controinteressati, non colpevoli dei vizi rilevati nella procedura.

Per tale ragione il collegio chiede all’Adunanza Plenaria di interpretare il contenuto dell’art. 34, comma 3, del C.P.A., il quale dispone che “quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”, anche se la ricorrente non ha presentato alcuna richiesta espressa di risarcimento.

L’orientamento proposto mira chiaramente a contemperare gli interessi delle parti, senza tuttavia considerare che l’interessata ha adito il giudice di secondo grado allo scopo di ottenere il soddisfacimento di precise richieste e senza valutare i “tempi della giustizia” che hanno protratto la definizione della questione oltre 15 anni dal suo sorgere, fatto verso cui la ricorrente non ha potuto eccepire alcunché.

di Simonetta Fabris


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