È risarcibile il danno causato dal ritardo di un Comune, che ha concluso il procedimento relativo all’autorizzazione per l’installazione di due insegne pubblicitarie, 262 giorni dopo la presentazione della domanda.

TAR Lombardia – Milano, sez. I – sentenza 12 gennaio 2015 n. 94 , Pres. F. Mariuzzo, Est. D. Simeoli

FATTO

Un’impresa ha presentato allo Sportello unico per le attività produttive associate dei Comuni di A e B, la domanda per l’installazione di 2 insegne pubblicitarie nel Comune di A. Lo Sportello unico ha trasmesso l’intera documentazione al Comune di B, dove si era nel frattempo trasferita l’impresa, per i necessari atti istruttori. Ma il Comune di B ha comunicato l’avvenuto rilascio dell’autorizzazione molto tempo dopo, ed esattamente dopo 262 giorni. L’impresa ha proposto ricorso al Tar, chiedendo la condanna dei Comuni A e B al risarcimento in solido del danno, sia a titolo di danno patrimoniale sia di danno all’immagine.

LA SENTENZA

Il Tar ha accolto soltanto la domanda del risarcimento per il danno patrimoniale in base alle seguenti argomentazioni:

1) Il danno da ritardo è determinato dall’inadempimento dell’obbligo di concludere il procedimento amministrativo nei termini stabiliti.

2) L’interesse protetto è l’aspettativa dell’utilità che il singolo attende dalla positiva conclusione del procedimento.

3) Il provvedimento è stato emanato 262 giorni dopo la presentazione della domanda, ed il provvedimento ha quindi violato la legge.

4) In base all’ art. 2 bis  della legge n. 241 del 1900  “le pubbliche amministrazioni sono tenute al risarcimento del danno ingiusto cagionato dall’inosservanza (…) colposa del termine di conclusione del procedimento”.

5) Il danno deve quindi essere risarcito, ed esso è stato quantificato in via equitativa in 12.000 euro.

6) la responsabilità del ritardo va attribuita esclusivamente al Comune di B, che doveva rilasciare il provvedimento autorizzativo.

VALUTAZIONE DELLA SENTENZA

La sentenza, bene motivata, è degna di approvazione. In particolare, la motivazione ha posto in luce che l’interesse giuridicamente protetto non è “la generica reintegrazione del tempo, il quale non costituisce (sul versante civilistico) un autonomo “bene della vita”, e tale interesse non rientra quindi nell’alveo dell’art. 2043 del Codice civile. Il risarcimento deve essere fatto rientrare nell’alveo della responsabilità contrattuale, e la prova del danno patito “attiene alla selezione del danno risarcibile e non alla ingiustizia della lesione”. Questo nitido approfondimento giurisprudenziale costituisce un elemento importante in sede teorica del risarcimento del danno ingiusto.


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