Non sussiste alcun obbligo di legge di inquadrare come trasferimento di azienda, il passaggio di un appalto dal precedente gestore ad una società in house

Corte di Cassazione, sez. lavoro, sentenza-6-dicembre-2016-n-24972, Presidente Di Cerbo, Estensore Manna

A margine

Nella vicenda alcuni lavoratori vengono licenziati da una cooperativa per cessazione dell’attività di gestione dei parcheggi comunali a seguito del nuovo affidamento del servizio a favore di una società in house del comune.

Gli stessi impugnano in Cassazione la sentenza della Corte d’appello con cui viene respinta la loro richiesta di vedersi riconosciuto il diritto alla riassunzione e di proseguire la loro attività lavorativa sotto il nuovo gestore ex art. 2112 cc su “Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda”.

La società in house si oppone in giudizio.

La suprema Corte di Cassazione afferma che il diritto di transitare ope legis alle dipendenze della società subentrante nell’appalto non esiste perché non risulta che vi sia stato un trasferimento d’azienda riconducibile alla nozione di cui all’art. 2112 cc.

In effetti, seppur debba ritenersi superata la giurisprudenza che ammette il trasferimento d’azienda solo in presenza di un diretto rapporto contrattuale tra cedente e cessionario, perché si realizzi il predetto trasferimento, è comunque richiesto un passaggio di beni di non trascurabile entità, nella loro funzione unitaria e strumentale, allo svolgimento di una specifica impresa (Cass. n. 16641/2012; 19.08.2009, n. 18385).

In tal senso, i ricorrenti non hanno dimostrato di rientrare nella “nozione allargata” di trasferimento di azienda quale “gruppo di lavoratori stabilmente coordinati e riorganizzati, depositari di un know how comune necessario al pieno svolgimento del servizio” (Cass. n. 5678/2013; n. 10761/2002).

Sotto il profilo normativo, la Corte ricorda infine che la direttiva UE n. 23 del 12 marzo 2001 “consente” agli Stati membri di prevedere, nel caso di successione di un imprenditore a un altro, in un appalto di servizi, l’applicazione della tutela del trasferimento d’azienda, ma non impone alcun obbligo di prevederla a carico dei legislatori nazionali.

Così ha fatto il legislatore italiano, stabilendo, con l’art. 29, c. 3, d.lgs. n. 276/2003 (*), che l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore, in forza di legge, di CCNL, o di clausola del contratto di appalto, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda.

Per tali motivi la Corte rigetta il ricorso.

di Simonetta Fabris

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(*) Va ricordato che il testo attuale della disposizione citata, come modificata dall’art. 30, c. 1, della legge n 122/2016, risulta oggi il seguente: “L’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d’appalto, ove siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda”.  La norma potrebbe quindi offrire nuove interpretazioni.


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