Il compenso dell’avvocato, secondo il DM 55/2014, deve essere “proporzionato all’importanza dell’opera” e un’offerta a compenso zero che prevede il solo rimborso delle spese vive è inidonea, e indeterminata e condizionata se collegata, quale evento futuro ed incerto, alla liquidazione dei compensi in caso di successo processuale.

Tar Lombardia, Milano, sez. IV, sentenza 19 aprile 2017, n. 902, Presidente Gabbricci, Estensore Zucchini

A margine

Un comune avvia una procedura negoziata con il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso per l’affidamento del servizio di rappresentanza legale in un procedimento di recupero crediti nei confronti di una società invitando a presentare offerta a diversi avvocati. All’esito della procedura, un partecipante propone ricorso contro l’aggiudicazione a favore di altro studio legale.

Il Tar ricorda che il ricorrente aveva offerto un prezzo molto inferiore a quello degli altri partecipanti, sicché il responsabile del procedimento (RUP) aveva richiesto chiarimenti agli offerenti, invitando a dettagliare l’offerta sulla base dei compensi da richiedersi a fronte di un ricorso per decreto ingiuntivo finalizzato al recupero del credito dell’amministrazione.

Ad avviso del Tar, la domanda di spiegazioni sulle offerte presentate non deve essere intesa come una modifica della legge di gara introdotta unilateralmente dal RUP, come sostenuto dal ricorrente, bensì come espressione del generale potere attribuito allo stesso RUP di chiedere chiarimenti nel corso del procedimento (ex art. 6 della legge n. 241/1990 e, per i contratti pubblici, ex art. 31 del D.Lgs. n. 50/2016).

La giustificazione del ricorrente è di volere procedere al recupero del credito non avvalendosi del ricorso per decreto ingiuntivo ma del procedimento sommario di cognizione di cui agli articoli 702 bis e seguenti del c.p.c., e, la somma indicata in offerta corrisponde soltanto alle spese “vive” dell’attività giurisdizionale, in quanto il vero e proprio compenso professionale sarebbe derivato dal compenso liquidato dal giudice a proprio favore e posto a carico della parte soccombente, vista la “certezza della vittoria processuale pronosticata”.

Su questi presupposti, il Tar ha ritenuto l’offerta del ricorrente indeterminata e condizionata (laddove la condizione, quale evento futuro ed incerto, è costituita dalla liquidazione giudiziale in caso di successo processuale), evidenziando che, nel caso di eventuale soccombenza, tale offerta sarebbe finita per essere pari a zero.

Un’offerta pari a zero appare di dubbia legittimità in quanto non si rinvengono nel caso di specie ragioni peculiari per le quali la prestazione del professionista intellettuale debba essere di fatto gratuita. A ciò si aggiunge che l’offerta del ricorrente appare anche in contrasto con il contenuto del disciplinare di incarico, che richiama il DM n. 55/2014, sulle tariffe professionali forensi, laddove si precisa che il compenso deve essere “proporzionato all’importanza dell’opera”.

Conclusioni – Il Giudice amministrativo conferma la legittimità dell’affidamento dell’incarico allo studio legale controinteressato attesa l’inidoneità dell’offerta del ricorrente limitata alle sole spese vive.

 

 


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