In caso di aggiudicazione con il criterio dell’OEPV, laddove la Stazione appaltante stabilisca già nella legge di gara una percentuale massima di ribasso consentita, annulla la concorrenza sull’elemento prezzo e anticipa di fatto, ancorché indirettamente, la valutazione in ordine alla congruità dell’offerta nel suo complesso.

Autorità nazionale anticorruzione, delibera del 27 giugno 2018, n. 610

Il fatto

Il mandatario di un RTP secondo classificato di una procedura negoziata per l’affidamento di un incarico per servizi tecnici di architettura e ingegneria, contesta l’operato della Stazione appaltante in relazione alla valutazione di congruità dell’offerta del primo classificato.

Pertanto propone un’istanza di parere all’ANAC per la soluzione delle controversie ex articolo 211, comma 1 del d.lgs. n. 50/2016  contestando l’aggiudicazione dell’appalto e affermando che:

  • la stazione appaltante, visti i ribassi delle offerte, ai sensi dell’art. 97, comma 6 del Codice appalti, avrebbe dovuto richiedere a tutti gli operatori classificatisi ai primi tre posti i giustificativi dell’offerta;
  • le spiegazioni fornite dall’aggiudicatario non offrono sufficienti motivazioni al basso livello di prezzi e di costi proposti e presentano palesi errori di fatto che non possono garantire la corretta esecuzione del contratto e la tutela dell’interesse pubblico;
  • dalle note giustificative dell’aggiudicatario non emerge alcun elemento utile per effettuare un chiaro apprezzamento della congruità dei costi per gli oneri della sicurezza aziendali.

La sentenza

L’ANAC ricorda il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui “nelle gare pubbliche il giudizio circa l’anomalia o l’incongruità dell’offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale e, quindi, non può essere esteso ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci” (Consiglio di Stato, Sez. V, 12/5/2017, n. 2228) evidenziando che tale limite di sindacabilità non riguarda solo il giudice amministrativo ma, a maggior ragione, anche l’Autorità.

Nel caso di specie, comunque, non appaiono del tutto infondate le doglianze sulla serietà e sostenibilità economica dell’offerta dell’aggiudicatario che evidenzia la sottostima quantitativa e la sottovalutazione economica delle giornate lavorative necessarie al corretto espletamento dell’incarico.

Tuttavia è anche chiaro che è stata proprio la clausola di lex specialis che fissa al 50% il ribasso massimo ammissibile rispetto alla base d’asta, ad aver prodotto le conseguenze contestate dall’istante.

Infatti la previsione di una soglia massima di ribasso sul prezzo annulla di fatto il confronto concorrenziale sullo stesso in contraddizione con il criterio di aggiudicazione prescelto, ovvero quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il cui scopo è invece quello di ottenere da ogni singolo concorrente un’offerta che contemperi la qualità massima delle prestazioni con il prezzo più basso possibile in relazione alle proprie capacità aziendali, organizzative e imprenditoriali.

Così facendo la Stazione appaltante “suggerisce” già a priori quale ritiene essere il prezzo migliore spingendo tutti i concorrenti a formulare una offerta economica ridotta del 50% rispetto alla base d’asta o, quantomeno, ad approssimarsi quanto più possibile. Non a caso, nella gara in esame, ben 8 concorrenti su 17 hanno offerto proprio il ribasso del 50%, uno il ribasso del 49,5%, e tutti gli altri ribassi comunque molto elevati, ovvero compresi tra il 27,54% e il 41%.

D’altra parte, laddove la Stazione appaltante stabilisca già nella legge di gara una percentuale massima di ribasso consentita ciò finisce non solo per annullare la concorrenza sull’elemento prezzo, ma anche per anticipare di fatto, ancorché indirettamente, la valutazione in ordine alla congruità dell’offerta nel suo complesso. Valutazione che, in tali casi, appare atteggiarsi come una mera formalità destinata a concludersi con esito positivo.

L’Autorità conclude dunque che la limitazione introdotta con la discussa clausola della lex specialis, lungi dal costituire una garanzia che il prezzo proposto sia sufficiente a sostenere il costo del lavoro (e, quando del caso, a salvaguardare la corretta applicazione dei CCNL), finalità che peraltro deve essere perseguita attraverso lo strumento tipico all’uopo predisposto dal legislatore, all’art. 97 del Codice appalti, che consente di escludere dalla gara le offerte risultate anormalmente basse, finisce invece solo per generare una erronea e, quindi, illegittima applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, laddove annulla di fatto la concorrenza sull’elemento prezzo, con effetti distorsivi sull’iter del sub-procedimento di verifica dell’anomalia e dunque della procedura di aggiudicazione nel suo complesso.

Conclusioni

Pertanto l’Autorità ritiene illegittima la clausola della lex specialis in esame.

Ciò anche alla luce del Consiglio di Stato, Sez. V, 28/06/2016 n. 2912 il quale, in merito alla possibilità di fissare una soglia di ribasso massimo sul prezzo, si è espresso in termini negativi, chiarendo che tale clausola – in via generale – è illegittima perché introduce un inammissibile limite alla libertà di concorrenza sull’elemento economico impedendo di formulare una proposta economica sulla base delle proprie capacità organizzative e imprenditoriali, pregiudicando, sino di fatto ad annullarlo, il confronto concorrenziale sull’elemento prezzo.

di Simonetta Fabris

 

 


Stampa articolo