Il rischio che il ruolo e l’attività di uno dei commissari, dichiarato incompatibile, possano avere inciso nei confronti anche degli altri commissari durante le operazioni di gara, influenzandoli verso un determinato esito valutativo, impedisce la sua semplice sostituzione ed implica la decadenza e la necessaria sostituzione di tutti gli altri commissari.

La sostituzione totale di tutti i commissari (in luogo del solo commissario designato in modo illegittimo) garantisce maggiormente il rispetto del principio di trasparenza nello svolgimento delle attività di gara.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 07 novembre 2018, n. 6299, Presidente Frattini, Estensore Cogliani

Il fatto

Un’impresa partecipa in RTI ad una procedura di gara suddivisa in vari lotti per l’affidamento di un servizio di manutenzione di apparecchiature biomedicali di alcune aziende ospedaliere contestando l’aggiudicazione di più lotti a favore di altro concorrente e lamentando, in particolare, la violazione del principio di imparzialità e terzietà dei membri della Commissione per aver, un commissario avuto rapporti professionali con l’aggiudicataria e un altro, un figlio che ha lavorato presso la medesima impresa fino a pochi mesi prima l’indizione della gara.

Il Tar Campania, con sentenza n. 3063/2018, respinge il ricorso della ricorrente per l’annullamento della gara, ritenendo infondata la dedotta violazione degli obblighi di segnalazione e di apprezzamento delle situazioni potenzialmente incidenti sulla legittimità dell’atto di nomina dei due commissari poiché i fatti evocati avrebbero semmai potuto comportare una causa di “astensione facoltativa”.

Pertanto l’impresa si rivolge al Consiglio di Stato mentre la Stazione appaltante eccepisce l’inammissibilità delle censure, poiché il concorrente non avrebbe chiesto la sostituzione dei componenti della Commissione, così sostanzialmente facendo acquiescenza alle nomine ed ancora, non avrebbe notificato il ricorso ai commissari da intendersi quali controinteressati.

La sentenza

Il collegio ritiene la mancata notificazione ai commissari infondata. Infatti, nella fattispecie si censura non tanto l’operato dei commissari medesimi, quanto la determina di nomina della Commissione, non costituendo oggetto del giudizio ogni eventuale responsabilità dei commissari medesimi in relazione alle dichiarazioni svolte.

Peraltro, nel caso, i commissari non hanno un interesse differenziato e qualificato uguale e contrario a quello del ricorrente, atteso che vengono in esame due diversi beni della vita rispetto ai quali manca proprio quella qualità di “uguale/contrario”: la ripetizione della gara per il ricorrente e, semmai, un interesse alla retribuzione dell’incarico svolto e la non assegnabilità alla condotta tenuta di una qualificazione illecita.

Nel merito il giudice ricorda il comma 2, art. 42 del Codice dei contratti prevede che “Si ha conflitto d’interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione. In particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l’obbligo di astensione previste dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62”.

L’art. 7 citato dispone: “1. Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza”.

Dalla lettura della norma discende che non si verte in ipotesi di mera facoltà, quanto piuttosto di dovere, essendo l’astensione facoltativa prevista per gli altri casi.

Pertanto, il complesso dei principi di cui all’art. 77 del Codice dei contratti sulla nomina della commissione, deve trovare applicazione alla fattispecie in esame, risultando indifferente la questione del completamento della disciplina inerente l’Albo dei commissari.

Conclusioni

Con riferimento all’incompatibilità di uno dei commissari derivante dal pregresso rapporto di somministrazione-lavoro del figlio, tramite un’agenzia interinale, presso l’impresa aggiudicataria, il Collegio ritiene che la natura c.d. ‘triangolare’ del rapporto di lavoro, che coinvolge il somministratore, l’utilizzatore e il lavoratore, e si caratterizza per la scissione tra la titolarità del rapporto di lavoro e l’effettiva utilizzazione del lavoratore che compete all’utilizzatore, non è idonea ad eliminare quella ‘confusione’ di ruoli tra commissario/valutatore e concorrente, di per sé idonea ad appannare l’immagine di imparzialità e di buona amministrazione della Stazione appaltante.

Con riferimento poi alla posizione del secondo commissario, risulta, che lo stesso avesse svolto attività lavorativa personalmente presso l’impresa sia pur quattordici anni addietro. Tale lasso temporale non costituiva motivo di esonero dalla dichiarazione da parte del commissario del predetto rapporto, mentre la compresenza nella medesima Commissione di due commissari legati (seppure in passato o indirettamente per tramite del figlio) alle imprese concorrenti rafforza la percezione di compromissione dell’imparzialità che, invece la disciplina vuole garantire al massimo livello, al fine di scongiurare il ripersi nelle gare pubbliche di fenomeni distorsivi della par condicio.

Ancora, il fatto che il rilievo di eventuali legami sia rimesso alla autodichiarazione dei commissari medesimi, non rende il motivo di incompatibilità meno stringente o vincolante per l’Amministrazione, cui comunque è rimesso il controllo.

A riguardo, il Collegio ritiene di dover applicare i principi recentemente affermati dalla medesima sezione, nella sentenza n. 4830 del 2018 secondo cui:

– “ogni qualvolta emergano elementi che siano idonei, anche soltanto sotto il profilo potenziale, a compromettere tale delicato e cruciale ruolo di garante di imparzialità delle valutazioni affidato alle commissioni di gara, la semplice sostituzione di un componente rispetto al quale sia imputabile la causa di illegittimità dovrebbe dunque ritenersi né ammissibile, né consentita, in particolare nelle ipotesi in cui la commissione abbia già operato;

– il rischio che il ruolo e l’attività di uno dei commissari, dichiarato incompatibile, possano avere inciso nei confronti anche degli altri commissari durante le operazioni di gara, influenzandoli verso un determinato esito valutativo, impedisce la sua semplice sostituzione ed implica la decadenza e la necessaria sostituzione di tutti gli altri commissari;

la sostituzione totale di tutti i commissari (in luogo del solo commissario designato in modo illegittimo) garantisce maggiormente il rispetto del principio di trasparenza nello svolgimento delle attività di gara;

– non è possibile estendere gli effetti dell’invalidità derivante dalla nomina di una commissione illegittima (…) anche a tutti gli altri atti anteriori, disponendo la caducazione radicale dell’intera gara, atteso che la stessa pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 7 maggio 2013, n. 13, ha stabilito inequivocabilmente e perentoriamente che “secondo i principi generali, la caducazione della nomina, ove si accerti, come nella specie, essere stata effettuata in violazione delle regole (…) comporterà in modo caducante il travolgimento per illegittimità derivata di tutti gli atti successivi della procedura di gara fino all’affidamento del servizio ed impone quindi la rinnovazione dell’intero procedimento”;

vengono travolti per illegittimità derivata tutti gli atti successivi della procedura di gara fino all’affidamento del servizio, ma non certo gli atti anteriori, anche in ossequio al principio generale per il quale l’invalidità ha effetti nei confronti degli atti a valle, non certo degli atti a monte”.

Nel caso in esame, la concomitante presenza in commissione di ben due commissari che hanno avuto rapporti – direttamente o indirettamente – con uno dei concorrenti appare integrare l’ipotesi di conflitto di interessi di cui all’art. 42 del Codice dei contratti, che, per come è formulata la norma, include anche la percezione di un pericolo di imparzialità.

Secondo il giudice, tale situazione di conflitto di interessi è idonea ad inficiare il giudizio espresso dall’intera Commissione e comporta pertanto l’annullamento – con riferimento al lotto d’interesse – della delibera di designazione dei componenti della Commissione e, conseguentemente degli atti successivi della procedura (e non anche degli atti precedenti, quali il bando, il disciplinare ed il capitolato), dovendo, per l’effetto, disporsi la nuova nomina della Commissione di gara e la riedizione delle valutazioni.

di Simonetta Fabris


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