E’  illegittimo per contrasto con gli artt.3, 4, 16 e 35 della Costituzione, l’art 120 del Codice della strada  nella parte in cui dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere” – alla revoca della patente di guida nei confronti di soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del decreto legislativo n.159 del 2011.

Corte costituzionale, sentenza 27 maggio 202o, n. 99. Pres. Cartabia –   Rel. Morelli


A margine

Il ragionamento della Corte muove da un giudizio promosso avverso un provvedimento prefettizio di revoca della patente di guida, adottato in conseguenza dell’irrogazione al ricorrente della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, per asserito contrasto con gli artt.3, 4, 16 e 35 Cost., nella parte in cui l’art.120 C.d.S. dispone che il prefetto «provvede» – invece che «può provvedere» – alla revoca della patente  nei  confronti  dei  soggetti  che  sono  o  sono  stati  sottoposti  a  misure  di  prevenzione  ai  sensi  del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136).

Secondo  il  rimettente,  l’automatismo  della  revoca  prefettizia  del  titolo  di  abilitazione  alla  guida  nei confronti dei soggetti sottoposti a misure di prevenzione, contrasterebbe con i parametri evocati, potendo «impedire  di  fatto  all’interessato  di  svolgere  attività  lavorativa  lecita  per  tutto  il  periodo  in  cui  egli  è sottoposto  alla  sorveglianza  speciale  (il  che  rende  la  misura  ancora  più  gravosa  di  quanto  abbia  inteso configurarla il giudice penale)».

La questione, sollevata dal T.A.R. per le Marche e da alcuni Tribunali ordinari (in particolare Cagliari e Reggio Calabria), concerne la formulazione dell’art.120 C.d.S., rubricato «Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all’articolo 116», che al comma 1 menziona, tra i soggetti che «non possono conseguire la patente di guida» anche «coloro che sono o sono stati sottoposti […] alle misure di prevenzione previste dalla  legge  27  dicembre  1956,  n.  1423»,  recante  «Misure  di  prevenzione  nei  confronti  delle  persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità» (legge poi abrogata dall’art. 120, comma 1, lettera a) del già citato d.lgs. n. 159 del 2011, che ha disciplinato ex novo le misure di prevenzione).

Al comma 2 è specificato che «se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida».

Art. 120 CdS – Va premesso che il comma 2 della suddetta disposizione è già stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza della Corte Cost. n.22 del 2018, «nella parte in cui – con riguardo all’ipotesi di condanna per reati di cui agli artt.73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina  degli  stupefacenti  e  sostanze  psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione  dei  relativi  stati  di tossicodipendenza), che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida – dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere” – alla revoca della patente».

Ciò  in  base  alle seguenti considerazioni:

  • «la  disposizione  denunciata  –  sul  presupposto  di  una indifferenziata  valutazione  di  sopravvenienza  di  una  condizione  ostativa  al  mantenimento  del  titolo  di abilitazione alla guida – ricollega, infatti, in via automatica, il medesimo effetto, la revoca di quel titolo, ad una varietà di fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneità, atteso che la condanna, cui la norma fa riferimento, può riguardare reati di diversa, se non addirittura di lieve, entità».
  • «agli  effetti  dell’adozione  delle  misure  di  loro  rispettiva competenza  (che  pur  si  ricollegano  al  medesimo  fatto-reato  e,  sul  piano  pratico,  incidono  in  senso identicamente negativo sulla titolarità della patente) – mentre il giudice penale ha la “facoltà” di disporre, ove lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, il prefetto invece ha il “dovere” di disporne la revoca».

Con la successiva sentenza n.24 del 2020, lo stesso co.2 dell’art.120 C.d.S. è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo «nella parte in cui dispone che il prefetto “provvede” – invece che “può provvedere” – alla revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza personale».

Anche in questo caso l’automatismo della revoca della patente, da parte del prefetto, è stato, infatti, ritenuto  contrario  a  principi  di  eguaglianza,  proporzionalità  e  ragionevolezza, attesa  la  varietà  (per contenuto,  durata  e  prescrizioni)  delle  misure  di  sicurezza  irrogabili,  oltreché  contradditorio  rispetto  al potere  riconosciuto  al  magistrato  di  sorveglianza,  il  quale,  nel  disporre  la  misura  di  sicurezza,  “può” consentire al soggetto che vi è sottoposto di continuare – in presenza di determinate condizioni a fare uso della patente di guida.

Automatismo della revoca – Ragioni analoghe a quelle poste a base delle sentenze C.Cost. n.22 del 2018 e n. 24 del 2020 ricorrono con riguardo all’automatismo della revoca, in via amministrativa, della patente di guida, prevista, dal medesimo comma 2 dell’art.120 C.d.S., a seguito della sottoposizione del suo titolare a misura di prevenzione.

Anche dopo la sentenza della Consulta n.24 del 2019 – che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 159 del 2011, nella parte in cui stabiliva l’applicabilità delle misure di prevenzione a «coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici  delittuosi»   le  categorie  dei  destinatari  delle  misure  in  questione,  elencate  nello  stesso  art.4 (e progressivamente incrementate dalla legislazione successiva), restano assai variegate ed eterogenee, al punto che non è agevole identificarne un denominatore comune.

Possono  essere,  infatti,  sottoposti  a  misure  di  prevenzione  soggetti  condannati  o  indiziati  per  ipotesi delittuose di differenti gravità – che vanno dai reati di elevato allarme sociale (come quelli di terrorismo e associativi di stampo mafioso) a reati di meno intenso pericolo sociale – ovvero anche «coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose» (art.1, lettera b, del d.lgs. n. 159 del 2011).

E  tale  diversità  delle  fattispecie,  che  rilevano  come  indice  di  pericolosità  sociale,  coerentemente  si riflette, sul piano giudiziario, nella diversa durata (da uno a cinque anni) e nella differente modulabilità della misura di prevenzione adottata dal Tribunale (artt. 6 e 8 del d.lgs. n. 159 del 2011).

Ne deriva, a parere dei giudici della Corte costituzionale, l’irragionevolezza del meccanismo, previsto dal censurato art.120,  co.2C.d.S.,  che  ricollega  in  via  automatica  a  tale  varietà  e  diversa  gravità  di  ipotesi  di pericolosità  sociale,  l’identico  effetto  di  revoca  prefettizia  della  patente  di  guida.  “Effetto,  quest’ultimo, suscettibile, per di più, di innescare un corto circuito all’interno dell’ordinamento, nel caso in cui l’utilizzo della patente sia funzionale alla ‘ricerca di un lavoro’ che al destinatario della misura di prevenzione sia prescritta dal Tribunale ai sensi dell’art.8 co.3 del d.lgs. n. 159 del 2011”.

Il carattere non più automatico e vincolato del provvedimento prefettizio, che ne consegue, è destinato a dispiegarsi non già, ovviamente, sul piano di un riesame della pericolosità del soggetto destinatario della misura di prevenzione, bensì su quello di una verifica di necessità/opportunità, o meno, della revoca della patente di guida in via amministrativa a fronte della specifica misura di prevenzione cui nel caso concreto è sottoposto  il  suo  titolare.  E  ciò,  come  detto,  anche  al  fine  di  non  contraddire  l’eventuale  finalità,  di inserimento del soggetto nel circuito lavorativo, che la misura stessa si proponga.

La Consulta ha così censurato l’automatismo della revoca in via amministrativa della patente di guida, previsto dall’art.120 co.2 C.d.S. a seguito della sottoposizione del suo titolare a misura di prevenzione ai sensi del c.d. “codice antimafia”, mentre ha ritenuto manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale del successivo comma per asserito contrasto con gli artt.3 e 27 Cost., «nella parte in cui prevede […] che “la persona destinataria del provvedimento di revoca non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi almeno tre anni” anche nel caso in cui sopravvenga, prima dello scadere  dei  tre  anni,  un  provvedimento  giurisdizionale  dichiarativo  della  cessazione  dello  stato  di pericolosità del medesimo soggetto.

Corte Cost., sentenza n.99 del 2020

Carlo Pasquariello


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