IN POCHE PAROLE …

Il Comune ha correttamente negato l’accesso civico ai curricula di coloro che hanno soltanto presentato la candidatura  ad amministratore di una società in house e non sono stati nominati.

Autorità garante per la protezione dei dati personali, parere n. 156 del 17 settembre 2020


Nel valutare la possibile ostensione di dati personali tramite l’istituto dell’accesso civico occorre tenere conto che i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli.


La richiesta di parere – Il Garante per la privacy è chiamato a pronunciarsi sul diniego parziale, espresso da un comune, a un’istanza di accesso civico preordinata ad ottenere copia dei curricula dei candidati alla procedura di nomina dell’amministratore unico della società in house comunale.

A fronte dell’opposizione di uno dei controinteressati, l’amministrazione ha parzialmente negato l’accesso civico, richiamando un precedente parere del Garante (prov. n. 200 del 7 novembre 2019), e fornendo comunque al richiedente una tabella riassuntiva dei titoli dei partecipanti, priva dei relativi dati identificativi.

Il parere – L’Autorità ricorda che, ai sensi della vigente normativa, «chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (art. 5, co. 2, d.lgs. n. 33/2013).

L’art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013 prevede che l’accesso civico debba essere rifiutato, fra l’altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (comma 2, lett. a).

Per dato personale si intende «qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile», mentre si considera “identificabile” «la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale» (art. 4, par. 1, n. 1, RGPD).

Il Garante fa presente che, in sede di valutazione di un’istanza di accesso civico, ogni Amministrazione deve tenere conto che i dati e i documenti ostensibili divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada, in ogni caso, effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, co. 1, del d.lgs. n. 33/2013).

Un possibile accoglimento od un possibile diniego dell’istanza andrà valutato anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità.

Sarà poi necessario rispettare, in ogni caso, i principi di «limitazione della finalità» e di «minimizzazione dei dati», in base ai quali i dati personali devono essere «raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità», nonché «adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati» (art. 5, par. 1, lett. b e c).

Il Garante rammenta che il d.lgs. n. 33/2013 prevede degli specifici obblighi di pubblicazione sui siti web istituzionali dei curricula dei «titolari di incarichi o cariche di amministrazione, di direzione o di governo comunque denominati» delle società a partecipazione pubblica, quali quelle in house (cfr. artt. 2-bis, comma 2, e 14, commi 1, lett. b, e 1-bis, del d.lgs. n. 33/2013).

Diversa è la situazione di coloro che hanno soltanto presentato la propria candidatura, ma non sono stati selezionati per l’incarico societario.

In tali casi, i dati e le informazioni personali contenuti nel curriculum vitae sono molteplici e la relativa ostensione può consentire l’accesso, a seconda di come è redatto il cv, a numerosi dati (es.: nominativo, data e luogo di nascita, residenza, telefono, fax, e-mail, nazionalità) e informazioni di carattere personale (es.: esperienze e competenze professionali, istruzione e formazione, competenze personali, competenze comunicative, competenze organizzative e gestionali, pubblicazioni, presentazioni, progetti, conferenze, seminari, riconoscimenti e premi, appartenenza a gruppi/associazioni, referenze, menzioni, corsi, certificazioni, ecc.), che non sempre si desidera portare a conoscenza di soggetti estranei, e la cui ostensione può integrare il pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, co. 2, lett. a), del d.lgs. n. 33/2013.

Il Comune ha pertanto correttamente respinto l’accesso civico ai curricula di coloro che hanno soltanto presentato la loro candidatura ma non sono stati scelti per l’incarico.

La loro ostensione potrebbe infatti determinare un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà dei controinteressati, arrecando loro il pregiudizio previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 33/2013.

In altri termini: un eventuale accoglimento dell’accesso civico ai dati e alle informazioni personali, contenute nei curricula, potrebbe determinare ripercussioni negative sul piano professionale, personale, sociale e relazionale, sia all’interno che all’esterno dell’ambiente lavorativo dei controinteressati, tenendo anche conto di eventuali possibili prospettive di carriera.

Tali valutazioni rimangono valide anche se non tutti i controinteressati hanno presentato opposizione all’accesso civico, in quanto, se, da un lato, devono essere tenute in considerazione le motivazioni addotte dal soggetto controinteressato, che deve essere obbligatoriamente interpellato, dall’altro, tali motivazioni costituiscono solo un indice della sussistenza di un pregiudizio concreto, la cui valutazione spetta all’ente e va condotta anche in caso di silenzio del controinteressato, tenendo, altresì, in considerazione gli altri elementi illustrati nelle Linee guida A.N.AC.

In ogni caso, resterà possibile consentire l’ostensione della documentazione laddove:

  • l’istante riformuli eventualmente l’istanza ai sensi degli artt. 22 ss. della L. n. 241/1990, e la motivi segnalando l’esistenza di un interesse “qualificato” e
  • l’amministrazione ritenga sussistere un suo interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.

Stefania Fabris


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