Il Consiglio di Stato, Sezione v, ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale sull’obbligo dell’ affidamento da parte dei titolari di concessioni, in essere al 19 agosto 2016, data di entrata in viogore del Codice dei contratti 150/2016diuna quota pari all’ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo pari o superiore a 150.000 euro,, prevendo che la restante parte possa essere realizzata da società in house riconducibili allo stesso concessionario.

Cons St. sez. V, 19 agosto 2020, n. 5097 – Pres. Saltelli, Est. Franconiero

«É rilevante e non manifestamente infondata la questioni di legittimità costituzionale, con riferimento agli artt. 41, comma 1, 3, comma 2, e 97, comma 2, Cost., dell’art. 1, comma 1, lett. iii), l. 28 gennaio 2016, n. 11, e dell’art. 177, comma 1, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nella parte in cui stabiliscono l’obbligo per i soggetti pubblici e privati, titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture già in essere all’entrata in vigore del codice dei contratti pubblici, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione Europea, di affidare una quota pari all’ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali e per la stabilità del personale e per la salvaguardia delle professionalità, prevendo che la restante parte possa essere realizzata da società in house di cui all’art. 5 per i soggetti pubblici, ovvero da società direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedure ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato».

 

 


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