Corte costituzionale, sentenza n. 107 del 9 giugno 2015, Pres A. Criscuolo, Rel. G. Coraggio

Non spetta alla Corte dei conti  emanare i decreti con cui, in violazione dell’autonomia organizzativa e contabile dei Consigli regionali della Toscana e del Piemonte, si è ordinato ai presidenti dei gruppi consiliari di depositare i conti giudiziali relativi alla gestione dei contributi pubblici per gli anni 2010, 2011 e 2012, quanto alla Regione Toscana, e per il quinquennio 2003-2008, quanto alla Regione Piemonte (conforme sentenza n. 130 del 2014). Ciò in quanto manca la qualifica di agente contabile in capo ai presidenti dei gruppi consiliari, presupposto necessario del’obbligo di rendere il conto giudiziale alla competente Sezione giurisdizionale della Corte dei conti (Corte conti, sez. riun. sentenza n. 30 del 2014; Corte cost. sentenza n. 292 del 2001).

I gruppi consiliari sono organi del consiglio regionale, caratterizzati da una peculiare autonomia in quanto espressione, nell’ambito del consiglio stesso, dei partiti o delle correnti politiche che hanno presentato liste di candidati al corpo elettorale, ottenendone i suffragi necessari alla elezione dei consiglieri. Essi pertanto contribuiscono in modo determinante al funzionamento e all’attività dell’assemblea, assicurando l’elaborazione di proposte, il confronto dialettico fra le diverse posizioni politiche e programmatiche, realizzando in una parola quel pluralismo che costituisce uno dei requisiti essenziali della vita democratica» (sentenza n. 187 del 1990 n. 1130 del 1988; Corte di Cassazione,  sentenza n. 609/1999). I gruppi consiliari sono,  pertanto, uffici necessari e strumentali alla formazione degli organi interni del consiglio (sentenza n. 39 del 2014).

I gruppi consiliari, come chiarito dalle Sezioni riunite della Corte dei conti nella sentenza n. 30 del 2014, anche se non tenuti alla resa del conto giudiziale in ragione del particolare ruolo ricoperto e delle funzioni svolte, in caso di illecita utilizzazione dei fondi destinati ai gruppi restano assoggettati alla responsabilità amministrativa e contabile (oltre che penale, ricorrendone i presupposti).

L’attribuzione del potere di verifica della regolarità dei rendiconti dei gruppi consiliari alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti è avvenuto solo con il nuovo sistema di controllo introdotto dall’art. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213, e operativo solo a decorrere dall’anno 2013 (Corte cost., sentenza n. 30 del 2014), con il quale s’intende porre rimedio a un vuoto di attribuzioni in materia della magistratura contabile, vuoto evidenziato dal rilievo che, sin dall’istituzione delle Regioni e prima delle iniziative sfociate negli odierni conflitti, la prassi non ha mai conosciuto l’esercizio della giurisdizione di conto nei confronti dei presidenti dei gruppi consiliari.

Annotazioni a margine

La sentenza annotata ha a riferimento un periodo antecedente all’entrata in vigore del decreto – legge n. 174/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 213/2012 e, in buona sostanza, conferma quanto sostenuto dalla giurisprudenza costituzionale con la sentenze nn. 39 e 130 del 2014.

In estrema sintesi, è opportuno ricordare, in base alla giurisprudenza, in prevalenza della Corte costituzionale e dei giudici contabili, che:

1. gli agenti contabili, specie nell’ambito delle autonomie locali, sono figure tipizzate, che devono essere formalmente e direttamente investite della relativa funzione o dalla legge o dalle disposizioni regolamentari interne di ciascuna amministrazione;

2.  nessuna disposizione normativa, statale o regionale, prevede l’attribuzione della qualifica di agente contabile ai presidenti dei gruppi consiliari;

3. i gruppi consiliari delle regioni  devono essere qualificati come organi del Consiglio regionale, caratterizzati da una peculiare autonomia in quanto espressione, nell’ambito del Consiglio stesso, dei partiti o delle correnti politiche che hanno presentato liste di candidati al corpo elettorale (anche se si è affermato un diverso orientamento, secondo cui i gruppi consiliari delle regioni hanno una duplice natura, privatistica, nella loro veste rappresentativa dei partiti, e, pubblicistica quando partecipano all’attività assembleare dei Consigli regionali, Cass pen. n. 49976 del 28 dicembre 2012 e Corte conti Sez riun. sentenza n. 30 del 2014);

4. con i commi 9, 10, 11 e 12, del d.l. n. 174/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 213/2012,  il legislatore ha previsto l’invio dei rendiconti delle singole Regioni, ivi compresi quelli dei gruppi consiliari entro sessanta giorni dalla chiusura dell’esercizio;

5. le suddette disposizioni del decreto – legge n. 174 non comportano il giudizio di conto nei confronti dei presidenti dei gruppi consiliari regionali relativamente alla gestione dei fondi pubblici erogati secondo le norme regionali attuative della legge 6 dicembre 1973, n. 853 , dal 2013;

6. il rendiconto delle spese dei gruppi consiliari costituisce parte integrante del rendiconto regionale e  il sindacato esterno della Corte dei conti assume la rilevanza di una analisi obbligatoria di tipo documentale, sull’effettivo impiego dei fondi, e non può riguardare il merito delle scelte discrezionali rimesse all’autonomia politica dei gruppi;

6. il comma 11, ultimo periodo, dell’art. 1 dello stesso decreto – legge n. 174/2012 nella parte in cui introduce l’obbligo di restituzione, da parte dei gruppi consiliari regionali, delle somme ricevute, in caso di accertate irregolarità in esito ai controlli sui rendiconti è conforme al dettato costituzionale, in quanto “l’obbligo di restituzione può infatti ritenersi principio generale delle norme di contabilità pubblica, risultando esso strettamente correlato al dovere di dare conto delle modalità di impiego del denaro pubblico in conformità alle regole di gestione dei fondi e alla loro attinenza alle funzioni istituzionali svolte dai Gruppi consiliari”. E aggiunge la Corte “Detto obbligo è circoscritto dalla norma impugnata a somme di denaro ricevute a carico del bilancio del Consiglio regionale, che vanno quindi restituite, in caso di omessa rendicontazione, atteso che si tratta di risorse della cui gestione non è stato correttamente dato conto secondo le regole di redazione del rendiconto. Ne consegue che l’obbligo di restituzione discende causalmente dalle riscontrate irregolarità nella rendicontazione. Conseguentemente – sulla base del suddetto nesso di causalità – l’obbligo di restituzione risulta riconducibile alla richiamata procedura di controllo legittimamente istituita dal legislatore” .

Giuseppe Panassidi


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