Il 21 aprile 2016 la Commissione speciale del Consiglio di Stato ha reso il parere n. 968 sullo schema di decreto recante “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”.

Tra i punti principali del parere:

Le finalità

Semplificazione e razionalizzazione delle regole vigenti, attraverso il riordino delle disposizioni nazionali e la creazione di una disciplina generale organica.

Il contesto europeo e costituzionale

Le proposte di modifica mirano a rendere il testo conforme ai principi di concorrenza e alle regole che presiedono al riparto delle funzioni legislative tra Stato e Regioni.

I modelli di società

Il parere individua i modelli di società esistenti prima della riforma, distinguendo le società che si collocano in una prospettiva di regolazione prevalentemente privatistica (le società a partecipazione pubblica) e le società che si collocano in una prospettiva di regolazione prevalentemente pubblicistica (le società in house, le società strumentali e l’organismo di diritto pubblico in forma societaria).

Oggetto del decreto

La regola generale del decreto prevede l’applicazione delle norme del codice civile e delle “leggi speciali” ove non derogate dal decreto stesso. Il Consiglio di Stato propone di sostituire l’espressione “leggi speciali”, che potrebbe comportare dubbi applicativi, con “norme generali di diritto privato” e “norme generali di diritto amministrativo”, quale la legge n. 241 del 1990 e il Codice dei contratti pubblici.

Il sistema delle esclusioni

Lo schema di decreto prevede forme di esclusione dalla sua applicazione con rinvio a disposizioni di legge o regolamento; con l’adozione di un DPCM; con elencazione delle singole società pubbliche sottratte al rispetto dell’art. 4 del T.U.

Circa la prima forma di esclusione legislativa, sarebbe necessario:

  • limitare la deroga soltanto alle disposizioni contenute in «leggi» e non anche in fonti di rango inferiore;
  • chiarire quale sia la disciplina applicabile ed effettuare una ricognizione puntuale almeno delle società a partecipazione pubblica statale;
  • indicare un termine massimo di durata di tale regime derogatorio.

Sulla seconda forma di esclusione, è necessario individuare i criteri guida per il Presidente del Consiglio dei ministri, non essendo comunque ammissibile l’esclusione totale dall’applicazione del decreto.

In relazione alla terza forma di esclusione, si chiede come siano state individuate le società di cui all’Allegato A al decreto, precisando che per esse deve comunque operare il “vincolo di scopo”.

Modelli societari

La mancanza di una precisa indicazione dei modelli societari non sembra coerente con i criteri della legge delega e rischia di non consentire il raggiungimento della semplificazione.

Nel primo modello generale di società, sarebbe necessaria una distinzione più netta tra “società a controllo pubblico”, “società a partecipazione pubblica” e “società quotate”, con deroghe al codice civile che assumono connotati di intensità gradualmente più ridotta. Nel secondo modello generale dovrebbero invece confluire le “società strumentali” e le “società in house”, con deroghe al codice civile con connotati di intensità maggiore.

Le finalità perseguite

Il nuovo perimetro entro cui le società pubbliche possono operare prevede un “vincolo di scopo”, costituito dal perseguimento delle finalità istituzionali della P.A. e un “vincolo di attività”. A tal proposito è necessario:

  • indicare che le società a partecipazione pubblica possono svolgere, accanto alle attività di “servizio di interesse generale”, anche attività di “servizio di interesse economico generale”;
  • chiarire che continuano ad essere ammesse le società strumentali, al fine di evitare un possibile dubbio di costituzionalità in relazione alle “società strumentali regionali”, la cui disciplina rientra nella competenza legislativa regionale in materia di organizzazione amministrativa;
  • indicare se il “vincolo di attività” operi anche per l’attività che la società in house svolge non a favore delle amministrazioni;
  • eliminare la possibilità per le amministrazioni di acquisire, per fini di investimento, partecipazioni in società tramite il conferimento di beni immobili, allo scopo di evitare l’elusione della nuova disciplina che vieta alle società a partecipazione pubblico, lo svolgimento di attività di impresa.

Costituzione delle società a partecipazione pubblica

La decisione della P.A. che esterna le ragioni per la costituzione di una società di capitali e la manifestazione di volontà diretta alla formale costituzione dell’ente devono essere contenuti in atti separati, essendone differente la natura e il conseguente regime.

Principio di separazione tra attività protette da diritti speciali o esclusivi e altre attività

E’ opportuno precisare quando l’attribuzione alle società in controllo pubblico di un «diritto speciale o esclusivo» comporti un dovere di attuazione del principio di separazione tra attività che godono di particolari privilegi e altre attività.

Gestione delle partecipazioni pubbliche

La previsione di una disciplina di dettaglio in ordine alle modalità organizzative interne delle società a partecipazione pubblica regionale potrebbe porre un problema di compatibilità costituzionale con le regole di riparto delle competenze, che assegnano alle Regioni la competenza in materia di organizzazione amministrativa regionale.

Organi amministrativi e di controllo delle società a controllo pubblico

La norma che vieta a tutti i dipendenti pubblici di essere amministratori di società in controllo pubblico non sembra conforme al principio costituzionale di ragionevolezza. Si suggerisce di limitare il divieto soltanto ai “dipendenti delle amministrazioni titolari delle partecipazioni pubbliche”.

Sistema di responsabilità

E’ necessario definire con maggiore precisione il sistema di riparto di giurisdizione tra la Corte di Cassazione e la Corte dei conti. In particolare, per le società a partecipazione pubblica, soltanto il danno “diretto”, e non anche quello “indiretto” al patrimonio della amministrazione pubblica, deve poter giustificare l’attribuzione della giurisdizione della Corte dei conti. Per le società in house va chiarito se sia sempre giustificata la giurisdizione della Corte dei conti.

Crisi di impresa

Si rimette al Governo la decisione di introdurre o meno, per le società in house o strumentali, un sistema di gestione della crisi di impresa diverso dalla disciplina del fallimento prevista per le altre società a partecipazione pubblica.

Monitoraggio, indirizzo e coordinamento sulle società a partecipazione pubblica

Sussistono rilevanti criticità in ordine alla mancanza di un sistema di controllo e monitoraggio in grado di assicurare un’efficace attuazione del decreto.

Società in house, va chiarito che:

  • la partecipazione dei privati deve essere “prescritta” da specifiche disposizioni di legge che indichino le ragioni che giustificano la partecipazione degli stessi nella compagine societaria;
  • la mancanza di prescrizioni effettivamente cogenti in tema di controllo analogo potrebbe non assicurare una gestione rispondente al modello europeo;
  • l’attività dedicata a favore delle P.A. deve essere “oltre l’ottanta per cento” e non, come previsto dal decreto, di “almeno l’ottanta per cento”;
  • l’attività extra moenia dovrebbe potersi svolgere senza necessità di dover conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza e senza la possibilità, ammessa dal decreto, di “sanatoria” qualora la stessa superi la soglia consentita.

Razionalizzazione periodica e revisione straordinaria delle partecipazioni pubbliche

Sarebbe necessario coinvolgere, oltre alla Corte dei Conti, anche l’AGCM, in funzione di vigilanza.

Gestione del personale

E’ necessario chiarire le regole pubblicistiche da rispettare nella selezione del personale, con particolare riferimento alle società in house e alle società strumentali.

Circa il “personale eccedente” che sarà inserito nell’elenco gestito dal DFP, dovrebbe essere ridotto, per evitare frizioni con il principio del concorso pubblico, il periodo temporale che obbliga le società a controllo pubblico ad attingere, per le nuove assunzioni, dal suddetto elenco; sarebbe necessario consentire l’avvio di procedure concorsuali nei casi in cui sia indispensabile personale con competenze specifiche senza necessità che esso abbia un profilo «infungibile»; l’avvio delle predette procedure non dovrebbe essere sottoposto ad un vero e proprio atto di autorizzazione da parte della Presidenza del Consiglio o del MEF, ma dovrebbe essere demandato alle singole società con imposizione di un dovere di interloquire con tali autorità.

 

 

 

 


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