Per il calcolo del limite delle emissioni del parametro COT (indice di qualità della combustione ) si deve tener conto sia delle componenti metaniche che di quelle non metaniche.

Cassazione penale, sez. III, sentenza 15 luglio 2015, n. 30481

Consiglio di Stato, sez. v, sentenza 2 luglio 2014, n. 3316


A margine

Gli impianti per la produzione di energia alimentati a biogas sono assoggettati, per quanto riguarda le emissioni in atmosfera, alla disciplina contenuta negli articoli 271 e 272 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e negli allegati tecnici ivi richiamati.

L’art. 271, al comma 1, specifica i valori limite di emissione da applicare in termini generali agli impianti e alle attività degli stabilimenti, mentre l’art. 272 comma 1 disciplina i cosiddetti “impianti in deroga”, non sottoposti ad autorizzazione in quanto scarsamente rilevanti agli effetti dell’inquinamento atmosferico. Tra questi, l’allegato IV alla parte V individua “gli impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni di cogenerazione di potenza termica nominale pari o inferiore a 1MW, alimentati a biomasse di cui all’allegato X alla parte quinta del presente decreto (…)”.

Dall’altra parte, l’allegato I alla parte V del d.lgs. n. 152/2006, parte III, al punto 1.3, stabilisce diversi limiti per il parametro del carbonio organico totale (COT) per gli impianti nei quali sono utilizzati combustibili gassosi, in funzione della potenza termica nominale installata.

La giurisprudenza penale e amministrativa ha esaminato la questione di quali siano le sostanze chimiche da considerare ai fini del superamento dei limiti di emissione per il parametro COT.

Con la pronuncia annotata del  n. 30481/2015, la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta sul caso di un sequestro preventivo di una centrale a biogas basato sul presupposto del superamento dei valori di emissione in atmosfera, in relazione ai reati di cui agli articoli 272 e 279 del d.lgs. 152/2006.

Il citato articolo 272 contiene la disciplina riguardante i cosiddetti “impianti esenti”, ossia, gli impianti e le attività per i quali non è richiesta l’autorizzazione di cui al titolo I parte V, del d.lgs. n. 152/2006 (autorizzazione alle emissioni in atmosfera). Il successivo articolo 279 detta invece le sanzioni, penali e amministrative, applicabili a coloro che infrangono la disciplina dettata dal Testo Unico Ambientale in materia di tutela dell’aria e al contempo individua le condotte illecite sanzionabili.

Nel caso di specie, il valore accertato con riguardo agli impianti in sequestro era stato superiore al limite previsto dalla vigente normativa.

Le società agricole coinvolte opponevano i dubbi interpretativi poc’anzi evidenziati e aderivano alla tesi secondo cui, nella verifica del superamento del limite previsto per il parametro COT, non dovevano considerarsi anche le componenti metaniche; stando a tale interpretazione il metano, pur essendo espressamente menzionato tra quelli ad effetto serra dalla Decisione del parlamento europeo e del Consiglio n. 406 del 2009, non andrebbe considerato nella quantificazione dei composti organici volatili (COV) e del COT.

Nella pronuncia in esame, la Suprema Corte, alla stregua di un orientamento che sembra ad oggi prevalente anche nella recente giurisprudenza amministrativa, ritiene che la volontà del legislatore è quella di ricomprendere anche le componenti metaniche ai fini della misurazione del valore di emissione COT. Il Collegio ha infatti evidenziato che, ancorché nel Dlgs. 152/2006 sia indicato il mero parametro del COT senza alcuna specificazione, ciò non significa che possa desumersi la volontà del legislatore di escludere da esso le componenti metaniche. Inoltre, atteso che il COT è un indice di qualità della combustione, la Corte ritiene che debbano necessariamente esservi incluse tutte le forme di carbonio organico che rilevino la presenza di idrocarburi non combusti. Tale orientamento troverebbe ulteriore conferma nella circostanza che il legislatore del Testo unico ambientale ha previsto due metodi per la misurazione del valore di emissione COT (ovvero Uni En 12619 – 2002 e Uni En 13526 – 2002) basati sull’utilizzazione di un rilevatore a ionizzazione di fiamma che non è in grado di scomporre la componente metanica del carbonio da quella non metanica.

Particolarmente rilevanti risultano, inoltre, le considerazioni a cui giunge la Suprema Corte per quanto riguarda la eccepita necessità di interpretare la nozione di carbonio organico totale avvalendosi di fonti di matrice europea: i Giudici non considerano determinanti i riferimenti alla normativa europea, in quanto la stessa non avrebbe portata generale nell’ambito del Dlgs. 152/2006; il legislatore nazionale, inoltre, avrebbe il potere di assicurare livelli di tutela più restrittivi rispetto agli standard minimali fissati in sede europea. Né valuta determinanti i riferimenti alla normativa nazionale richiamata1, in quanto aventi ad oggetto ambiti di applicazione diversi da quelli dei limiti di emissione.

Dello stesso avviso è l’avviso del Consiglio di Stato, sez. v, nella sentenza n. 3316/2014. In questo caso, una società agricola ricorreva per la riforma della sentenza del T.A.R. Piemonte – Torino, sez. I, n. 1046/2013, con cui i Giudici di prime cure respingevano il ricorso proposto avverso la determinazione provinciale di diffida alla ricorrente dal continuare ad esercire l’impianto di produzione di energia elettrica alimentato da biogas.

La ricorrente era titolare di Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata dalla autorità provinciale, contenente prescrizioni inerenti la conformità del biogas ai parametri e condizioni di utilizzo indicati nel Dlgs. 152/2006 e s.m.i. Nella prima campagna di autocontrolli, veniva constatato lo sforamento del limite di emissione in atmosfera riferito al carbonio organico totale. Per l’effetto, la Provincia emetteva il provvedimento di diffida oggetto d’impugnazione.

Il tribunale di secondo grado riteneva che l’appello non meritasse accoglimento e, alla stregua di considerazioni di tenore analogo a quelle stabilite dalla sentenza della Suprema Corte sopra esaminata, concludeva per la necessità di valutare ogni componente, metanica o no, a base di carbonio.

Un diverso orientamento Il sopra esposto orientamento giurisprudenziale non è però univoco: alcune recentissime pronunce dei tribunali amministrativi regionali2 non condividono le richiamtae argomentazioni della Cassazione Penale e del Consiglio di Stato e giungono all’opposta conclusione di escludere il metano dal limite del parametro COT per gli impianti di produzione di energia alimentati a biomassa.

Nello specifico, il T.A.R. Brescia n. 968/2015 dà rilievo al fatto che la disciplina sul limite del COT sia in corso di modifica e che, dallo schema di decreto in via di approvazione, risulti la esclusione del metano dal limite di tale parametro per gli impianti che utilizzano biogas. I Giudici evidenziano inoltre che lo strumento di misurazione (FID) impostato secondo la norma UNI 12619 è in grado di scomporre la frazione metanica da quella non metanica e che non vi sono nella normativa comunitaria3 indicazioni in contrasto con la valutazione separata delle due menzionate componenti.

In forza delle sopra esposte considerazioni, la decisione in esame conclude demandando al legislatore il compito di “stabilire in modo esplicito se anche il metano prodotto dagli impianti a biogas debba concorrere all’obiettivo di riduzione dei gas serra e in quale misura e con quali modalità (quote o limiti di emissione)”. Tenuto conto, peraltro, che la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è considerata utile dal legislatore, e poiché ogni attività produttiva è in realtà inquinante, la pronuncia in esame non ritiene corretto applicare alla stessa in via interpretativa limiti che ne renderebbero di fatto antieconomico lo svolgimento a causa del costo attuale delle tecnologie.

L’evidenziato contrasto giurisprudenziale mostra le difficoltà pratiche nel contemperare il principio di precauzione con il principio di proporzionalità in relazione alle esigenze produttive della vita moderna e all’impatto ambientale che le emissioni di metano possono avere nella tutela dell’aria e nella lotta contro i cambiamenti climatici.

avvocato Patricia Gómez


1 D.M. 7 luglio 1990 e al D.P.C.M. 8 marzo 2002.

2 T.A.R. Lombardia – Brescia, sez. I, n. 968/2015 del 14/07/2015, T.A.R. Emilia Romagna – Bologna, sez. I, n. 66/2015 del 28/01/2015.

3 La Direttiva 84/360/CEE distingue il metano dalle sostanze organiche inquinanti, la direttiva 2008/50/CE definisce i composti organici volatili (COV) escludendo il metano, la direttiva 2003/87/CE include il metano tra i gas a effetto serra, ma non risulta applicabile agli impianti che utilizzano solo biomasse.


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