L’idrobios derivato dal carniccio è idoneo alla produzione di biogas, perché la disciplina comunitaria consente di utilizzare a questo scopo i sottoprodotti animali di categoria 3.

Le prescrizioni dell’autorizzazione dell’impianto e i controlli nel corso dell’esercizio debbano applicare i medesimi limiti di emissione previsti per i rifiuti, in relazione agli inquinanti che si presume possano essere presenti nell’idrobios.

T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, sentenza 4 giugno 2015 n. 795, Pres. Angelo De Zotti, Est. Mauro Pedron


A margine

La pronuncia a del T.A.R. BRESCIA, che si annota, tocca alcuni degli aspetti più controversi e passibili di conflitto in relazione agli impianti di produzione di energia rinnovabile alimentati a biomasse di origine zootecnica.
La decisione, in particolare, riguarda una controversia insorta tra alcuni vicini residenti nelle vicinanze di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili sulla base della relative autorizzazione provinciale.
Tra i vari motivi sottoposti dai ricorrenti al vaglio del TAR, vi era l’asserita erronea qualificazione dell’idrobios, originato dal carniccio residuo della lavorazione conciaria, come sottoprodotto di origine animale anziché come rifiuto.
Sul punto il Giudice prime cure ha chiarito che, mentre la prima autorizzazione provinciale prevedeva l’utilizzo di biogas prodotto dall’insilato di mais e dall’insilato di triticale, un successivo provvedimento ha consentito l’utilizzo anche di altre matrici, tra cui l’idrobios. Questa innovazione, ritengono i Giudici, non costituisce modifica sostanziale, in quanto la norma fa riferimento al combustibile (che rimane il biogas) e non alle matrici di provenienza dello stesso.

A fronte delle lamentele dei ricorrenti riguardanti il mancato svolgimento della procedura di VIA – che a loro detta sarebbe necessaria per l’effetto aggregato dell’inquinamento prodotto dall’impianto in questione e dalle altre fonti di inquinamento presenti in zona, per gli evidenti rischi di molestie olfattive nonché per la natura sostanziale di rifiuto da attribuire all’idrobios – il Tribunale ha affermato che, nel caso di specie, la garanzia per le persone e per l’ambiente è costituita dalla disciplina che regola i singoli sottoprodotti impiegabili per la produzione di combustibile rinnovabile e che l’idrobios derivato dal carniccio è idoneo alla produzione di biogas, perché la disciplina comunitaria consente di utilizzare a questo scopo i sottoprodotti animali di categoria 3.

L’art. 10 del Reg. CE 21 ottobre 2009 n. 1069/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano, stabilisce infatti quelli che sono i sottoprodotti di origine animale inclusi nella categoria 3, tra i quali, a titolo meramente esemplificativo, si citano: le carcasse e parti di animali macellati oppure, per la selvaggina, di corpi o parti di animali uccisi non destinati al consumo umano, pur idonei, per motivi commerciali; le carcasse e le parti seguenti derivanti da animali macellati in un macello e ritenuti atti al macello per il consumo umano dopo un esame ante mortem o i corpi e le parti seguenti di animali da selvaggina uccisa per il consumo umano nel rispetto della legislazione comunitaria; le carcasse o i corpi e parti di animali non idonei al consumo umano in virtù della legislazione comunitaria, ma che non mostrano segni di malattie trasmissibili all’uomo o agli animali; i sottoprodotti di origine animale di pollame e lagomorfi macellati che non presentano alcun sintomo di malattie trasmissibili all’uomo o agli animali; il sangue di animali che non presentano sintomi clinici di malattie trasmissibili all’uomo o agli animali attraverso il sangue, ottenuto da animali macellati in un macello, dopo essere stati ritenuti atti alla macellazione per il consumo umano all’esito di un esame ante mortem nel rispetto della legislazione comunitaria; le pelli, zoccoli, piume, lana, corna, peli e pellicce ottenuti da animali morti che non presentano alcun sintomo di malattie trasmissibili all’uomo, ecc.

L’art. 14 f) del Reg. CE n. 1069/2009, in relazione allo smaltimento e uso dei materiali inclusi nella categoria 3, stabilisce che detti materiali possono essere compostati o trasformati in biogas.
La qualificazione come sottoprodotto esclude pertanto che l’idrobios possa essere assimilato ai rifiuti.

Di particolare interesse per le critiche che l’argomento ha suscitato risulta una ulteriore questione che i ricorrenti pongono, ossia, se il carniccio vada qualificato come rifiuto quando la materia animale sia inquinata dai prodotti utilizzati nelle operazioni di concia (ad esempio il solfato basico di cromo).

In proposito, il TAR osserva che la natura di sottoprodotto deriva, oltre che dalla diretta qualificazione comunitaria, anche dal fatto che l’idrobios è commercializzato come fertilizzante e dunque non è una sostanza di cui il produttore voglia disfarsi, ai sensi di quanto previsto dagli articoli 184-bis e 184-ter comma 1b del d.lgs. n. 152/2006. Nella preparazione dell’idrobios come fertilizzante devono poi essere rispettate precise norme tecniche. Inoltre, la possibilità che venga commercializzato idrobios contenente inquinanti non può essere esclusa, ma il principio di precauzione deve essere temperato dal principio di proporzionalità. Nel caso esaminato Sezione Brescia ha quindi concluso che, alla luce di quanto sopra, non si possa estendere direttamente la disciplina del trattamento dei rifiuti, ma che le prescrizioni allegate all’autorizzazione dell’impianto e i controlli nel corso dell’esercizio debbano applicare i medesimi limiti di emissione previsti per i rifiuti, in relazione agli inquinanti che si presume possano essere presenti nell’idrobios.

La pronuncia, con le sue luci ed ombre, è destinata a far discutere. Non resta che attendere se gli ulteriori sviluppi della giurisprudenza amministrativa e civile si collocheranno all’interno di questo orientamento.

avv. Patricia Gómez


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