Con riguardo al reato di gestione non autorizzata di rifiuti, sono irrilevanti le autorizzazioni postume in “sanatoria”, istituto non presente in materia. Pertanto, ai fini dell’applicabilità della deroga di cui all’art. 266, comma 5 d. lgs. 152/2006, prevista per il commercio in forma ambulante, è necessario che il venditore ambulante sia già in possesso della licenza.

Corte Suprema di Cassazione, Sez. Terza penale, sentenza 12 febbraio 2016, n. 5823/2016, Pres. L. Ramacci, Rel. O. De Masi 


A margine

Con la sentenza annotata, la la Terza sezione penale della Corte di Cassazione ha sancito l’irrilevanza della sanatoria di autorizzazioni postume inerenti la gestione dei rifiuti.

Nel caso di specie, l’imputato, commerciante ambulante di rottami ferrosi, raccoglieva, trasportava e rivendeva in 14 tranches 13620 kg di rifiuti a fronte di un corrispettivo di 3.471,60 euro, iscrivendosi solamente alla CCIAA (e non all’Albo dei Gestori Ambientali) successivamente a tali movimentazioni.

La Cassazione censura l’interpretazione del G.I.P., che, dando rilievo all’autorizzazione e al modesto ricavato in denaro, aveva considerato la condotta compatibile con l’attività di commerciante ambulante. Per tale attività l’art. 266, comma 5 del d.lgs. 152/2006 prevede che: “Le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio”.

La Suprema Corte, infatti, in primis, richiama la sentenza Lazzaro, la n. 29992/2014 della medesima sezione, chiarendo l’applicabilità dei principi in essa prospettati al caso di specie. La pronuncia in questione affermava che l’attività di gestione di rifiuti compiuta in mancanza delle autorizzazioni, iscrizioni e comunicazioni necessarie, che viene sanzionata all’art. 256, comma primo d.lgs. 152/2006[1], è configurabile anche nel caso si tratti di commercio ambulante e con una minima organizzazione. Come illustrato, l’unica deroga è costituita dal comma quinto dell’art. 266 del T.U. Ambiente, secondo cui sono esonerati da tali adempimenti le attività di raccolta e trasporto di rifiuti eseguite da soggetti già abilitati allo svolgimento dell’attività commerciale in forma ambulante, solo con riguardo ai rifiuti oggetto del loro commercio. Pertanto, tali attività non esigono l’iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali, purché facciano riferimento ad altri titoli abilitativi, dato che la normativa generale sui rifiuti non prevede specifici istituti abilitativi all’attività di trasporto e raccolta nell’ambito del commercio ambulante. Nella sentenza Lazzaro viene, inoltre, specificato che non ha rilievo il minore o maggiore quantità del volume d’affari circa l’applicazione della fattispecie derogatoria in questione.

I Supremi Giudici hanno sottolineato che è sufficiente un solo trasporto non autorizzato di rifiuti da parte dell’impresa che li produce affinché si configuri il reato di gestione illecita previsto dall’art. 256, comma primo T.U. Ambiente.

Quanto alla data delle autorizzazioni, la sentenza n. 5823/2016 chiarisce che non è ammissibile alcuna sanatoria postuma derivante dall’ottenimento della licenza abilitativa al commercio ambulante successivamente alla gestione dei rifiuti. Infatti, affinché sia applicabile la deroga prevista dall’art. 266, comma 5 d.lgs. 152/2006, i soggetti che effettuano le attività di trasporto e raccolta dei rifiuti oggetto del loro commercio devono essere già in possesso della licenza di venditore ambulante al momento in cui eseguono tali attività. Invero, nella materia dei rifiuti non esiste l’istituto della sanatoria, poiché vengono sempre richieste specifiche autorizzazioni, le quali non possono riferirsi a fatti antecedenti. Diversamente, vi sarebbe un contrasto al tenore letterario del  T.U. Ambiente e ai principi ad esso sottesi, tra cui quello di prevenzione dei pericoli per la salute e per l’ambiente attraverso un rigido controllo di tutte le fasi dello smaltimento dei rifiuti.

In ultimo, la Corte ricorda che, ai fini dell’applicabilità di una disposizione più favorevole e derogatoria al regime ordinario di gestione dei rifiuti, l’onere probatorio incombe sull’interessato. Tale principio è stato più volte affermato dalla giurisprudenza costante della Corte, con riferimento alle diverse discipline derogatorie in materia di rifiuti, tra cui le sentenza n. 29084/2015 in materia di rifiuti da demolizione, n. 16078/2015 in materia di terre e rocce da scavo e la n. 17453/2012 in materia di sottoprodotti.

dott.ssa Alessandra Crepaldi

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[1] Art. 256, comma 1 d. lgs. 152/2006 stabilisce che: “Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione   di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli  208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi “; b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi”.

 

 


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