IN POCHE PAROLE…

L’evoluzione del lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche: dal decreto Madia del 2017, all’utilizzo nel periodo emergenziale, al decreto “rilancio del 2020”, in attesa dell’organizzazione “stabile” con il POLA anche nei piccoli enti.



«Introdurre e gestire lo smart working nella PA: il Piano Organizzativo del lavoro agile»


L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha abilitato lo smart working nella Pubblica amministrazione, facendolo diventare modalità non solo preferibile ma ordinaria di esecuzione della prestazione lavorativa, in quanto idonea a conciliare il contenimento della curva epidemiologica con la  necessità di assicurare la continuità dell’azione amministrativa.

E’ stato il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali a fornire la definizione ufficiale di lavoro agile, qualificandolo come “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”. La filosofia che sottende questa visione rivoluzionaria destruttura approcci e consuetudini tradizionali consolidati nel mondo del lavoro pubblico, introducendo i valori della flessibilità, della fiducia, e della responsabilità, orienta ai risultati e a una reale valutazione della performance. Ciò significa presupporre un cambiamento culturale profondo, una revisione radicale del modello organizzativo che comporta, quale inevitabile corollario, il ripensamento delle attività che caratterizzano il lavoro pubblico, “sburocratizzandolo”, per metabolizzare il concetto del “management by objectives” in quanto, secondo il pensiero di Peter Ducker, è dalla condivisione degli obiettivi che si ottengono le performance migliori.

Sicché, uscendo dagli schemi tradizionali e dal meccanismo del controllo, il lavoratore diventa proprietario della sua attività con la possibilità di gestire e sviluppare l’equilibrio tra vita professionale e personale. La conseguenza indiretta che si ottiene è la riduzione degli spostamenti delle persone dal luogo del domicilio a quello del lavoro e la decongestione del traffico delle metropoli, con ricadute significative sull’ambiente e sul sistema dei trasporti pubblici. Il lavoro da remoto e la riorganizzazione degli spazi sempre più ispirati ai principi di flessibilità, virtualizzazione e collaborazione, rimandano ad una visione distopica, ma attuale, in cui l’”ufficio condiviso” si sostituisce a quello tradizionale, con ottimizzazione nell’uso delle risorse e nella flessibilità dei tempi. La collocazione dell’ufficio più vicina ai lavoratori e agli utenti diventa un acceleratore di innovazione e di professionalità, modifica i territori e favorisce il recupero intelligente delle periferie delle città e dei borghi del Paese.

Secondo i dati forniti dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano[1], durante il periodo dell’emergenza sanitaria, il 94% delle amministrazioni pubbliche con oltre dieci addetti ha esteso la possibilità di lavorare da remoto ai propri dipendenti.   Non a caso nel 2019 lo smart working nella PA riguardava solo il 16% degli enti, mediamente era coinvolto il 12% dei dipendenti ed era svolto meno di un giorno alla settimana. L’incremento registrato durante la fase dell’emergenza, sotto il forte impulso del Ministro della Pubblica Amministrazione, ha determinato una crescita esponenziale del numero di dipendenti pubblici in lavoro agile, che si è attestata su circa 1,85 milioni pari, in media, al 58% della forza lavoro impiegata. L’emergenza ha, dunque, rappresentato la testata d’angolo del cambiamento, in quanto forzare l’adozione dello smart working nel comparto pubblico ha gettato le basi da cui partire per progettare il futuro del lavoro “oltre l’emergenza”.

Sotto l’ombrello delle indicazioni generali fornite dal Dipartimento della funzione pubblica, le diverse amministrazioni si sono attrezzate, a volte con immediata reattività, a volte improvvisando, in un frangente di straordinarietà. I principali ostacoli hanno riguardato le competenze digitali degli addetti, l’inadeguato livello di dematerializzazione e digitalizzazione dei processi, le competenze manageriali e la capacità di leadership della dirigenza.

Se il lavoro agile è in primo luogo una questione di cultura organizzativa, la tecnologia gioca un ruolo non meno importante. Smart working e trasformazione digitale si abilitano vicendevolmente, in quanto esso da un lato richiede le tecnologie per rendere concrete le sue pratiche e i suoi modelli, dall’altro rappresenta un grimaldello eccezionale per la realizzazione della PA Digitale. In altri termini, affinché un processo come quello delineato possa concretizzarsi, servono infrastrutture digitali solide, sicure e all’avanguardia. Nell’era 4.0. il workplace deve capitalizzare il meglio dell’evoluzione digitale: IoT, Cloud, tecnologie mobile, smart signage e tecnologie touchscreen, intelligenza artificiale e machine learning, esemplificano solo alcune soluzioni interattive in grado di sviluppare le digital skills dei dipendenti pubblici, facilitando la condivisione delle informazioni e la “destrutturazione” delle conoscenze.

Il quadro normativo

La prima disciplina del lavoro agile  si rinviene nella L.22 maggio 2017 n. 81[2] che, inserendolo in una cornice normativa, fornisce le basi legali per la sua applicazione anche nel settore pubblico, secondo le direttive emanate, ai sensi dell’articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124[3]. Relativamente alla forma, la legge prescrive che l’accordo individuale è stipulato per iscritto e disciplina l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro e agli strumenti utilizzati dal lavoratore.

E’ grazie alla Direttiva n. 3 del 2017[4] in materia di lavoro agile, recante gli indirizzi per l’attuazione dei commi 1 e 2 dell’articolo 14 della Legge 7 agosto 2015, n. 124, a firma del Presidente del Consiglio dei Ministri e dell’allora Ministra Marianna Madia, che viene avviata ufficialmente la stagione dello smart working anche nelle Pubbliche Amministrazioni.  Il chiaro intento del provvedimento è stato quello di adottare nuove misure organizzative del lavoro per consentire, nel giro di un triennio, ad almeno il 10% per cento dei lavoratori pubblici, di avvalersi dello smart working quale strumento di svolgimento della prestazione lavorativa, senza subire penalizzazioni professionali e di carriera.

A partire dal febbraio 2020, a seguito del diffondersi dell’epidemia da Covid-19, la grave situazione sanitaria del Paese ha reso necessario che tale forma di prestazione lavorativa diventasse la forma non più auspicabile ma ordinaria. Sono stati emanati da quel momento tutta una serie di provvedimenti in deroga alla vigente normativa in materia per semplificare l’accesso al lavoro agile e per diffonderne al massimo l’utilizzo. Con la Circolare n.1/2020[5] il ministro della Pubblica amministrazione ha fornito alcuni chiarimenti sulle modalità di implementazione delle misure normative e sugli strumenti, anche informatici, a cui le pubbliche amministrazioni possono ricorrere per incentivare il ricorso a modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa. Sicchè il lavoro agile per i dipendenti pubblici è diventato di fatto obbligatorio, rendendo evidente il superamento della fase “pioneristica” in funzione del contenimento sanitario e della modernizzazione dell’amministrazione pubblica.  La successiva direttiva n. 2/2020[6]  del Ministro della Funzione Pubblica ha rafforzato ulteriormente il ricorso allo smart working, facendolo assurgere a forma organizzativa ordinaria per le pubbliche amministrazioni. Obiettivo avvalorato nel D.L. “Cura Italia” del 17 marzo 2020 n. 18[7], convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27. Per merito dell’art. 87 del citato decreto il lavoro agile da modalità preferenziale diviene modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica. Con la Circolare n. 2/2020  del 1^ aprile 2020[8], il Dipartimento della Funzione Pubblica ha fornito indicazioni organizzative e orientamenti applicativi alle amministrazioni in relazione alle disposizioni dell’articolo 87 del “Cura Italia” confermando, altresì, che le amministrazioni sono chiamate a uno sforzo organizzativo e gestionale per garantire il pieno utilizzo del lavoro agile.

Da ultimo, il Decreto Rilancio[9], convertito con la legge 17 luglio 2020, n. 77, all’art. 263, comma 1, ha disposto che, fino al termine della situazione di emergenza sanitaria i datori di lavoro pubblici possono utilizzare forme di lavoro agile, applicando tale  modalità a ogni rapporto di lavoro subordinato fino al 50% del personale impiegato in attività che possono essere svolte in modalità smart.  Con il comma 4bis del citato articolo 1, è stato introdotto, inoltre, un nuovo documento da redigere entro il 31 gennaio 2021 (e successivamente entro il 31 gennaio di ogni anno con logica di scorrimento), come allegato al Piano della Performance, denominato Piano organizzativo del lavoro agile.

Il 19 ottobre 2020 il ministro Dadone ha firmato il decreto ministeriale sullo smart working attuativo delle norme del decreto Rilancio. Con decreto ministeriale del 23 dicembre 2020[10] le disposizioni contenute nel DM del 19 ottobre 2020 in materia di lavoro agile nella PA sono state prorogate fino al 31 gennaio 2021. Infine con il DL Milleproroghe[11] 2021  è stata fissata la proroga al 31 marzo 2021 dell’utilizzo della procedura semplificata di cui all’art. 90, commi 3 e 4, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34. Da ultimo sono state prorogate fino al 30 aprile 2021 le misure per lo smart working semplificato con decreto del 20 gennaio 2021.

 Il POLA

Allo scopo di porre le basi per definire un nuovo modo di lavorare orientato al risultato che rappresenti il futuro della Pubblica amministrazione oltre l’emergenza è stato introdotto il POLA (Piano Organizzativo del Lavoro Agile), che prevede che le Pubbliche amministrazioni individuino le modalità attuative del lavoro agile e offrano la possibilità, ad almeno il 60% dei dipendenti con attività compatibili, di esecuzione della prestazione lavorativa da remoto.  La realizzazione del POLA incoraggia a fuoriuscire dalla logica dell’adempimento formale e a cogliere l’incredibile opportunità offerta per progettare e avviare una trasformazione organizzativa, tecnologica e culturale.  La norma da sola resterebbe un esercizio sterile, l’auspicio è che, alla fine dell’emergenza, si determini, anche attraverso questo strumento, uno sviluppo e un consolidamento del lavoro agile che diventanti un’opportunità non ripetibile per costruire la PA del futuro. Il POLA individua le modalità attuative del lavoro agile prevedendo, per le attività che possono essere svolte in modalità smart, che almeno il 60% dei dipendenti possa avvalersene; garantisce che gli stessi non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera, definisce, altresì, le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, e della qualità dei servizi erogati. La mancata approvazione del POLA comporta l’automatica applicazione del lavoro agile ad almeno il 30% del personale che lo richieda, senza l’indicazione delle attività che possono essere svolte in lavoro agile e delle modalità con le quali svolgerlo.

Il documento è soggetto al monitoraggio da parte del Ministero per la Pubblica Amministrazione, attraverso apposita commissione, in seno al Dipartimento della Funzione Pubblica, e partecipato con il territorio. Ad esso, infatti, devono prioritariamente dare il contributo diversi soggetti, tra cui le Organizzazioni sindacali, gli Organismi indipendenti di valutazione, i Comitati unici di garanzia e il Responsabile per la transizione al digitale.

Con Decreto del 9 dicembre 2020 sono state approvate le “Linee guida sul Piano Organizzativo del Lavoro Agile (Pola) e Indicatori di Performance”,[12] documento che raccoglie indicazioni e raccomandazioni del Dipartimento della Funzione Pubblica a supporto delle amministrazioni nel passaggio dalla fase emergenziale a quella ordinaria per un’adeguata attuazione e un progressivo sviluppo dello smart working, con particolare riferimento alla definizione di appositi indicatori di performance.  Ai sensi delle citate Linee Guida il lavoro agile supera la tradizionale logica del controllo sulla prestazione, ponendosi quale patto fiduciario tra l’amministrazione e il lavoratore, basato sul principio guida “FAR BUT CLOSE”, ovvero “lontano ma vicino”.  Già dal preambolo del documento si percepisce la portata, l’arco temporale di sviluppo e la complessità di un progetto che tende a sollecitare uno sforzo programmatico per nulla banale. Le Amministrazioni sono davvero chiamate a mettersi in gioco in una sfida epocale e, usando la leva del lavoro agile, sono spinte a definire un documento programmatico triennale di riforma dell’organizzazione del lavoro e della misurazione delle performance.

Le Linee Guida, nell’indicare questo percorso come opportuno (anche se non obbligatorio), ammettono però il ritardo e la mancanza di un quadro normativo di riferimento utile all’adeguamento dei contratti collettivi di lavoro che, alla data odierna, non permettono l’evoluzione e l’aggiornamento di molti istituti contrattuali concepiti per il lavoro in presenza, basti pensare allo straordinario, ai permessi orari e al ticket sostitutivo del servizio mensa, che diventano difficilmente declinabili nel nuovo regime ibrido. Il legislatore ha inquadrato il POLA quale sezione del Piano della performance, documento programmatico annuale che le pubbliche amministrazioni devono redigere entro il 31 gennaio di ogni anno. Tale documento di indirizzo, sviluppo e programmazione strategica complessiva dell’amministrazione integrerà al suo interno, quale obiettivo specifico, il POLA, in una prospettiva unitaria con la strategia complessiva adottata dall’amministrazione. I due citati documenti programmatici si pongono in correlazione logica anche con il Piano triennale del fabbisogno di personale che integra gli indirizzi strategici e organizzativi con il fabbisogno di risorse in una prospettiva quantitativa e qualitativa.

Per agevolare le Pubbliche amministrazioni, sul Portale della Performance del Dipartimento della Funzione Pubblica, sono stati resi disponibili un template ordinario e uno semplificato per la compilazione del POLA. I suggerimenti indicati dalle Linee Guida riguardano i cosiddetti contenuti minimi del Piano di seguito specificati: livello di attuazione e di sviluppo del lavoro agile; modalità attuative; i soggetti, processi e strumenti del lavoro agile; programma di sviluppo del lavoro agile. In estrema sintesi i primi tre contenuti minimi raccomandati, indicati nelle sezioni 1) e 2) del template, devono partire da un’istantanea del contesto interno in cui trova spazio la descrizione del livello di attuazione del lavoro agile che costituisce la cosiddetta baseline per poter programmare la successiva implementazione nell’arco temporale di riferimento.

Qui troverà spazio la descrizione delle caratteristiche della macrostruttura organizzativa, il grado di digitalizzazione dei servizi, gli stili di leadership adottati dalla dirigenza, la mappatura delle attività ai fini di poter individuare quelle attività erogabili in maniera flessibile, il contenuto degli accordi individuali e lo stato di sviluppo dei sistemi di monitoraggio e di valutazione della performance. Diventa cruciale la verifica sullo stato di attuazione del Piano di transizione al digitale e sul livello di trasformazione e innovazione dei servizi in un’ottica di semplificazione. Vanno, inoltre, descritte le condizioni abilitanti, indicando la percentuale obiettivo di ammissione, in modo tale che la platea dei lavoratori smart sia pari almeno al 60% dei dipendenti impegnati in attività che possono essere svolte da remoto, e l’eventuale regolamento che disciplina la policy aziendale. L’amministrazione è chiamata a descrivere, in modo succinto, le scelte organizzative che intende mettere in campo per promuovere il ricorso al lavoro agile, mappando le attività smart, indicando le scelte tecnologiche, i percorsi formativi per il personale e le scelte logistiche di ridefinizione degli spazi di lavoro che potrebbero includere la progettazione di nuovi layout degli uffici, l’individuazione di spazi di co-working o di fat-lab.

La sezione 3) è dedicata ai protagonisti del lavoro agile e alle eventuali interazioni tra gli stessi. Anzitutto viene in evidenza il ruolo fondamentale degli organismi indipendenti di valutazione (OIV), “per verificare l’adeguatezza metodologica nella definizione degli indicatori di misurazione della performance”, nonché il ruolo dei CUG “nell’attuazione del lavoro agile nell’ottica delle politiche di conciliazione dei tempi di lavoro e vita privata funzionali al miglioramento del benessere organizzativo”. E’ del tutto palese come i dirigenti sono chiamati a svolgere il ruolo di facilitatori dell’innovazione organizzativa in quanto essi rappresentano quel middle management che all’interno delle organizzazioni svolge un ruolo chiave a presidio dei meccanismi e delle procedure interne, che fornisce il necessario raccordo tra il vertice e la base operativa.

Un’enfasi particolare è riservata ai compiti del Responsabile della Transizione al Digitale[13], dal momento che, quest’ultimo, di fatto, già governa la trasformazione digitale dell’Amministrazione, tracciandone le tappe evolutive. In totale aderenza previsto dal Piano Triennale per l’Informatica, il Responsabile della transizione al digitale avrà anche il compito di definire un new model per il lavoro agile, individuando i cambiamenti organizzativi, l’ammodernamento dei servizi digitali offerti all’utenza e gli adeguamenti tecnologici necessari.

La sezione più significativa è senz’altro la 4), che contiene il “Programma di sviluppo del lavoro agile”. Questa si articola nelle tre fasi di avvio, sviluppo intermedio e di sviluppo avanzato, distribuite nell’arco del triennio di validità del POLA. Il piano di attuazione e sviluppo del lavoro agile è definito sulla base dello stato di attivazione di alcuni fattori abilitanti: 1) salute organizzativa; 2) salute professionale; 3) salute digitale; 4) salute economico-finanziaria. Le Linee Guida propongono, in forma tabellare, una serie di indicatori da utilizzare in fase di analisi e, successivamente, in fase di monitoraggio per dare concretezza alle condizioni abilitanti e alle leve di sostenibilità che ne garantiscano il successo. L’impegno per le Amministrazioni che decideranno di adottare il POLA diventa sfidante in quanto richiederà di adattare gli indicatori proposti alla dimensione specifica dell’Ente e alla sua capacità gestionale e programmatoria, disegnando il POLA “in funzione degli specifici obiettivi che l’amministrazione intende perseguire con la sua introduzione”.

A consuntivo, dopo ogni fase, l’amministrazione dovrà verificare il livello raggiunto rispetto a quello programmato. I risultati misurati, da rendicontare in apposita sezione della Relazione annuale sulla performance, costituiranno il punto di partenza per l’individuazione dei contenuti della programmazione dei cicli successivi.

Smart working ed enti minori

L’energico impulso dato allo smart working dall’emergenza epidemiologica si è scontrato con le difficoltà degli Enti di dimensioni minori che hanno faticato ad attivare la leva di un cambiamento tecnologico ma soprattutto culturale ed organizzativo. Se si pensa all’ulteriore adempimento del POLA appare palese da subito come avventurarsi in un esercizio così ambizioso e al tempo stesso complicato risulti generalmente impraticabile da parte dei piccoli Enti, in considerazione della difficoltà del percorso di redazione e poi di gestione del documento programmatico.

Aver stabilito che il POLA non è obbligatorio ed aver prescritto che la relativa adozione deve avvenire ad invarianza di spesa non è certo sufficiente a dotare gli enti di piccole dimensioni di una chiara prospettiva sul percorso da intraprendere.  L’urgenza determinata dall’ epidemia in corso e dal susseguirsi a volte schizofrenico di provvedimenti e circolari non ha di certo facilitato la corretta transizione verso un tale ambizioso orizzonte di flessibilità. Inoltre reingegnerizzare i processi di un Ente pubblico, soprattutto se piccolo, in funzione della “remotizzazione” delle attività, non è affatto cosa scontata, dovendo fare i conti con una struttura normativa, gerarchica e sindacale piuttosto rigida.

E’ poi fatto concreto che il vero perno della transizione verso forme di lavoro agile è il digitale, condizione più che mai abilitante che ha rivoluzionato tutto il nostro modo di vivere. Le competenze digitali si sono naturalmente adeguate nel mondo privatistico all’evoluzione della strumentazione hw e sw ma molto meno in quello pubblico, a causa di un quasi decennale blocco del turnover e di un approccio esclusivamente giuridico del “recruiting” .Di certo uno dei principali ostacoli è rappresentato dalla frammentazione del sistema pubblico in termini di piattaforme digitali e di centri di elaborazione dati, testimoniato dall’esistenza di oltre 11.000 datacenter diversi a sostegno dei servizi digitali della pubblica amministrazione italiana. Diventa allora indispensabile avviare i il percorso di migrazione verso il Cloud, come definito dal Programma nazionale di abilitazione al Cloud,  per realizzare il percorso di trasformazione digitale tanto ambito.

dott.ssa Enrica Cataldo – AGID, uffici di staff


[1] L’Osservatorio Smart Working nasce ufficialmente nel 2012, inserendosi in un più ampio contesto di Ricerca che da più di 10 anni si occupa di studiare l’evoluzione del modo di lavorare delle persone.

[2] Legge 81 del 22.05.2017 (artt. 18-24):“Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.

[3] Legge 7 agosto 2015, n. 124: “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”
(G.U. n. 187 del 13 agosto 2015).

[4] Direttiva del Presidente del consiglio dei ministri recante indirizzi per l’attuazione dei commi 1 e 2 dell’articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124 e linee guida contenenti regole inerenti all’organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti.

[5]“Misure incentivanti per il ricorso a modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa”.

[6] “Indicazioni in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.

[7] Art. 87: “Misure straordinarie in materia di Lavoro Agile”: <<il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni>>

[8] Misure recate dal decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori ed imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid 19” – Circolare esplicativa.

[9] Decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonche’ di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica
da COVID-19”.

[10] Proroga delle disposizioni di cui al decreto 19 ottobre 2020, recante «Misure per il lavoro agile nella pubblica amministrazione nel periodo emergenziale».

[11] DL 31 dicembre 2020 n. 183.

[12]Linee guida sul piano organizzativo del lavoro agile (Pola) e indicatori di performance (art. 14, comma 1, legge 7 agosto 2015, n. 124, come modificato dall’articolo 263, comma 4-bis, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77).

[13] Cfr Circolare n. 3 del 1^ ottobre 2018 del Ministro per la Pubblica Amministrazione avente ad oggetto: “Responsabile per la transizione digitale – art. 17 decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 “Codice dell’amministrazione digitale”.


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