Il 17 dicembre scorso l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) ha comunicato la dismissione del servizio di Postacertificat@ (CEC – PAC). La sospensione del servizio Postacertificat@ (CEC-PAC) sarà progressiva con l’obiettivo di eliminare enjtro il 2015 tutte le caselle di CEC – PAC rilasciate ai cittadini e sostituirle, eventualmente (per i cittadini che ne facciano richiesta), con normali caselle PEC.

L’AgID, in particolare, ha previsto la seguente tempistica:

– dal 18 dicembre 2014 non saranno più rilasciate nuove caselle CEC-PAC a cittadini e pubbliche amministrazioni, anche per quelle caselle la cui richiesta di attivazione online è stata presentata in data antecedente, ma che non sono state ancora attivate presso gli uffici postali;.

– dal 18 Marzo 2015 al 17 luglio 2015 le caselle saranno mantenute attive solo in modalità di ricezione e sarà consentito agli utenti l’accesso solo per la consultazione e il salvataggio dei messaggi ricevuti;

– dal 18 luglio 2015 le caselle non saranno più abilitate alla ricezione di messaggi, e l’accesso sarà consentito, fino al 17 settembre 2015, solo per la consultazione e il salvataggio dei messaggi ricevuti; dal 18 settembre 2015 sarà definitivamente inibito l’accesso alla propria caselle CEC-PAC;

– dal 18 settembre 2015 al 17 marzo 2018, sarà garantita agli utenti del servizio CEC-PAC la possibilità di richiedere l’accesso ai log dei propri messaggi di posta elettronica certificata.

– Dal 18 Marzo 2015 tutti gli utenti CEC-PAC potranno richiedere una casella PEC, gratuita per un anno, tramite l’indirizzo richiestapec@agid.gov.it.

Il fine dichiarato di questa iniziativa è quello di introdurre uno standard unico di posta elettronica certificata con il superamento di uno strumento (la CEC -PAC appunto) che, alla prova dei fatti, si è dimostrato un fallimento. I dati raccolti e diffusi dall’ AgID, infatti, dimostrano che il servizio di CEC – PAC è molto costoso per lo Stato, scarsamente diffuso, poco utilizzato e sovrapposto e in competizione rispetto all’utilizzo della posta elettronica certificata (PEC) tradizionale. In particolare:

1 –  la CEC – PAC è stata attivata da 1,2 milioni di cittadini a fronte di un obiettivo dichiarato di 2 milioni entro il 2010 e di un obiettivo ipotizzato di 6 milioni nel giro di alcuni anni (secondo le dichiarazioni dell’allora ministro della Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta);

2 – l’82 % delle caselle attivate non sono mai state utilizzate;

3 – il mantenimento del servizio costerebbe allo Stato circa 19 milioni di euro;

4 – il servizio si sovrappone con l’utilizzo della PEC.

La CEC – PAC (acronimo di “Comunicazione Elettronica Certificata tra Pubblica Amministrazione e Cittadino”) è stata prevista dal DPCM 6 maggio 2009, “Disposizioni in materia di rilascio e di uso della casella di posta elettronica certificata assegnata ai cittadini”.

Il decreto prevede che “al cittadino che ne fa richiesta la Presidenza del consiglio dei Ministri  – Dipartimento per l’innovazione e le Tecnologie direttamente o tramite l’affidatario del servizio, assegna un indirizzo di PEC. L’attivazione della PEC e le comunicazioni che transitano per la predetta casella di PEC sono senza oneri per il cittadino.” (art. 2).

In sostanza si tratta di una casella nominativa di posta elettronica certificata che può essere utilizzata dai cittadini per inviare documenti informatici alla pubblica amministrazione e viceversa, con garanzia di provenienza certa (nel senso che il destinatario è identificato) e data di ricezione opponibile ai terzi. Semplificando un po’ si possiamo dire che l’invio di una mail CEC – PAC equivale a quello di una raccomandata cartacea con ricevuta di ritorno, contenente un documento sottoscritto). La CEC – PAC però può essere utilizzata esclusivamente nei rapporti tra cittadino e amministrazione pubblica, non nei rapporti tra privati. Inoltre l’indirizzo di CEC – PAC “attivato dal cittadino è valido ad ogni effetto giuridico ai fini dei rapporti con le pubbliche amministrazioni” (art. 3 comma 2 del DPCM). Tale indirizzo, in sintesi, diviene una sorta di “domicilio digitale” del cittadino, cui le PA possono inviare comunicazioni e documenti.

La CEC – PAC, pertanto, è molto simile alla PEC con la differenza che mentre la casella di PEC può ricevere e inviare messaggi a qualsiasi indirizzo di posta elettronica (semplice o PEC), la CEC-PAC può comunicare solo con una analoga casella di CEC-PAC. Dunque, la CEC-PAC è un sottoinsieme di PEC, con servizi più limitati.

L’introduzione della CEC – PAC era stata accolta da molte critiche da parte degli osservatori più attenti (per tutti si veda Andrea Lisi “E’ un regalo o un CEC-PAC-co?” e Gianni Penzo Doria “PEC e CEC‐PAC: proviamo a fare chiarezza”) che, sostanzialmente, anticipavano i problemi, i dubbi e le incongruenze evidenziati dai dati forniti dall’AGID per dimostrare il fallimento della CEC – PAC.

Si sottolineava, in particolare, la limitata operatività della CEC – PAC, la sua sovrapposizione con altri strumenti simili (la PEC in primis) e la confusione che ne sarebbe derivata.

Queste, a nostro avviso, sono le vere cause degli scarsi risultati della CEC – PAC: la scarsa chiarezza circa il possibile utilizzo dello strumento, le limitazioni d’uso nei confronti della sola PA, la sovrapposizione con la PEC che, tra l’altro, ha un utilizzo generale anche nei confronti dei privati, l’incomunicabilità tra CEC – PAC, e PEC e posta elettronica tradizionale (per cui le caselle CEC – PAC non possono essere utilizzate né per comunicare con caselle PEC, né con caselle mail tradizionali ) hanno fatto si che le pubbliche amministrazioni (anche quelle più aperte all’innovazione digitale) stentassero ad offrire servizi basati sulla CEC-PAC – e i privati non vedessero alcun vantaggio o semplificazione (anzi…) nel suo utilizzo.

Va quindi salutata con favore la decisione dell’AgID sia dal punto di vista del metodo (valutare la CEC –PAC con riferimento ad una analisi puntuale dei risultati prodotti) che dell’obiettivo di mirare ad uno standard unico per la posta elettronica certificata.


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