Anche nella vigenza del nuovo Codice dei contratti, ai fini della valutazione dell’anomalia dell’offerta, i costi medi della manodopera indicati nelle tabelle ministeriali non assumono valore di parametro assoluto ed inderogabile, ma svolgono una funzione indicativa, suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni che evidenzino una particolare organizzazione in grado di giustificare la sostenibilità di costi inferiori
Tar Lazio, sez. I ter, sentenza 30 dicembre 2016, n. 12873, Presidente Panzironi, Estensore Romano
Nella vicenda, un’impresa impugna davanti al Tar il provvedimento di aggiudicazione definitiva, a favore di altra società, del servizio di pulizia di locali, disposto da una stazione appaltante, lamentando l’erronea valutazione dell’anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria sotto il profilo della congruità dei costi del lavoro dichiarati.
Il Tar ricorda che i vizi in ordine al giudizio di anomalia possono essere valutati dal giudice solo ed esclusivamente sotto il profilo dell’attendibilità del giudizio dell’amministrazione quanto a norme tecniche applicate e al relativo procedimento.
Nel caso di specie, il collegio ritiene che il predetto giudizio abbia violato il principio di ragionevolezza tecnica con particolare riguardo alle valutazioni del costo della manodopera.
L’aggiudicataria ha infatti giustificato lo scostamento del costo orario offerto rispetto al CCNL applicato (Multiservizi), affermando di aver previsto, sulla base dell’art. 33 CCNL di settore, “di ricorrere al lavoro supplementare per la sostituzione del personale assente”.
A fronte di tale dichiarazione, il RUP ha chiesto chiarimenti al Ministero del Lavoro in ordine al costo medio orario per lavoro straordinario il quale ha, tuttavia, affermato che “non è possibile quantificare un valore medio riferibile ad un’ora di straordinario sulla base del medesimo calcolo delle tabelle in argomento”.
Il Tar richiama quindi l’art. 86, comma 3 bis, d. lgs. n. 163/2006 secondo cui “il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali.”
In proposito la giurisprudenza ha affermato, con orientamento perdurante anche sotto la vigenza del nuovo codice appalti, “che i costi medi della manodopera, indicati nelle tabelle ministeriali, non assumono valore di parametro assoluto ed inderogabile, ma svolgono una funzione indicativa, suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali evidenzianti una particolare organizzazione in grado di giustificare la sostenibilità di costi inferiori” (Cons. Stato, Sez. V, 13 marzo 2014, n. 1176; Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2013, n. 1633).
Pertanto, esprimendo solo una funzione di parametro di riferimento, è possibile discostarsi da tali costi, in sede di giustificazioni dell’anomalia, sulla scorta di una dimostrazione puntuale e rigorosa (cfr. Tar Roma, sez. II, 05 agosto 2016, n. 9182).
Nel caso in esame, a fronte di un considerevole scostamento dai costi tabellari, la commissione ha reputato congrua l’offerta economica della controinteressata giustificata sulla base del ricorso al lavoro supplementare il quale, tuttavia, non avrebbe dovuto essere considerato idoneo parametro giustificativo, in quanto:
- il lavoro supplementare è svolto oltre l’orario concordato fra le parti nell’ambito di un contratto di part-time, anche in relazione alle giornate, alle settimane o ai mesi (art. 6, comma 1, d. lgs. n. 81/2015);
- nonostante le modifiche apportate alla sua disciplina dal d. lgs n. 81/2015, permane la differenza rispetto al lavoro straordinario: mentre quest’ultimo può essere imposto al lavoratore, il lavoro supplementare può essere richiesto al lavoratore “in misura non superiore al 25 per cento delle ore di lavoro settimanali concordate. In tale ipotesi, il lavoratore può rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare ove giustificato da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale” (art. 6, comma 2, d. lgs. n. 81/2015);
- sulla base dell’art. 33, CCNL Multiservizi, attualmente vigente, “L’eventuale rifiuto del lavoratore allo svolgimento di ore supplementari non integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento né l’adozione di provvedimenti disciplinari”.
Pertanto, la possibilità, per il lavoratore part-time, di rifiutare lo svolgimento di lavoro supplementare, rende del tutto aleatoria la previa quantificazione delle relative ore da parte del datore di lavoro e, conseguentemente, affetto da un evidente errore di fatto il giudizio di affidabilità dell’offerta espresso dalla commissione, laddove appare aver considerato il lavoro supplementare alla medesima stregua del lavoro straordinario.
Per quanto evidenziato, il Tar ritiene il giudizio di anomalia condotto dalla commissione fondato su criteri manifestamente irragionevoli e accoglie il ricorso della ricorrente.
di Simonetta Fabris