La Commissione speciale del Consiglio di Stato nella seduta del 22 marzo 2017 ha reso il parere sullo schema di decreto recante «Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50», approvato nella seduta del Consiglio dei ministri del 23 febbraio 2017.

Il Consiglio di Stato ha individuato, innanzitutto, i limiti dello strumento del decreto correttivo “nella logica complessiva del codice dei contratti pubblici e in quella generale del ‘modello’ dei decreti legislativi correttivi” e ha evidenziato soprattutto la mancanza di un raccordo tra l’attività di monitoraggio, VIR e lo stesso correttivo che così “rischia di trasformarsi in un intervento poco efficace, se non oneroso e controproducente. Questo difetto è aggravato dal fatto che, non essendo stato completato il quadro degli atti attuativi, una buona parte del codice non ha ancora avuto applicazione pratica, per cui non è possibile cogliere a pieno le criticità applicative da correggere”.

Il Consiglio di Stato auspica che il Parlamento possa portare a due anni il termine, ora annuale, per le correzioni del codice, tenuto conto, fra l’altro, che “una parte importante della riforma degli appalti è stata affidata dal d.lgs. n. 50/2016 ad atti attuativi ad oggi non varati, quali: la qualificazione degli operatori economici e il rating di impresa; la qualificazione delle stazioni appaltanti; i commissari di gara esterni; la informatizzazione delle procedure di gara”. Lo stesso auspicio è stato formulato dal Presidente dell’ANAC nel corso dell’audizione in Commissione parlamentare.

Il Consiglio auspica nel contempo che la legislazione sugli appalti pubblici abbia maggiore stabilità e non venga di continuo modificata, come la precedente (cambiata oltre 50 volte), perché il settore ha bisogno di regole chiare e certe. Un monito importante che è probabile resti inascoltato.

I rilievi puntuali. Diverse le osservazioni puntuali sulle singole correzioni e sulle modifiche mancate che per i giudici di Palazzo Spada, invece, si sarebbero dovute introdurre. Fra le altre, si evidenziano, in sintesi, le seguenti osservazioni:

  • non chiara definizione di «lavori scorporabili»;
  • mancata estensione ai contratti attivi dei principi di cui all’art. 4 per i contratti esclusi;
  • estensione della reintroduzione dello scorporo del costo della manodopera e dei costi della sicurezza dall’importo assoggettato a ribasso d’asta anche alle gare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e non opportuna equiparazione del costo della manodopera ai costi della sicurezza (se costi esterni già calcolati dalla stazione appaltante nella determinazione del prezzo);
  • mancata introduzione di un ordine di priorità tra progettazione interna ed esterna, e direzione dei lavori interna e esterna, a favore della prima;
  • opportunità di aggiungere ‒ tra le condizioni che devono sussistere per la proroga ex lege dell’efficacia di pareri, autorizzazioni e intese già acquisiti ma nel frattempo scaduti ‒ anche l’assenza di variazioni in materia di disciplina urbanistica;
  • rilievi sull’estensione dei limiti al subappalto;
  • rilievi sulle nuove deroghe all’assegnazione congiunta di progettazione e lavori (appalto integrato);
  • necessità di rimettere ad un decreto, anziché alle linee guida dell’ANAC, la definizione della qualificazione delle imprese;
  • dubbi sulla scelta di imporre alle stazioni appaltanti l’uso dei parametri ministeriali per la definizione dei compensi dei progettisti e sull’obbligo di iscrizione all’albo per i progettisti interni alle Pa;
  • non chiarezza delle modifiche apportate per quanto attiene agli operatori economici (consorzi) negli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura;
  • necessità che sia mantenuta la scelta proconcorrenziale del codice che assoggetta gli appalti nei servizi sociali alle regole comuni, con poche deroghe, e che non vada ampliato il regime di sottrazione alla concorrenza;
  • il mancato coordinamento delle modifiche con altre disposizioni che disciplinano medesimi istituti.

Molti i rilievi per quanto riguarda le modifiche relative agli affidamenti sotto soglia ex art. 36. Il Consiglio evidenzia, fra l’altro, la modifica del principio di rotazione anticipato agli inviti ed osserva che la mancata precisazione della metodologia per garantire una piena turnazione degli inviti degli operatori che potrebbero aspirare al contratto sotto soglia, non più limitata all’aggiudicatario come avrebbe potuto fare intendere la precedente formulazione, pone sullo stesso piano i precedenti affidatari e i precedenti concorrenti. Ritiene, inoltre opportuno chiarire meglio i casi in cui la suddivisione in lotti possa considerarsi non elusiva delle soglie di rilevanza europea. Sottolinea l’opportunità di prevedere che la “clausola sociale””, che il correttivo rende ora sempre obbligatoria per gli appalti sopra soglia, possa essere quanto meno consentita anche nei contratti sotto soglia. Ritiene che l’eccessivo aumento del numero minimo di imprese da invitare per gli affidamenti sopra 40.000 euro (10, anziché 5), con conseguente aggravamento degli oneri per le stazioni appaltanti, vanifichi le esigenze di semplificazione. E’ molto critico sulla ingiustificata possibilità di evitare i controlli sull’assenza di condanne penali e antimafia.

Il Consiglio è anche molto critico sulle modifiche che riguardano le concessioni e, in particolare, su quella che autorizza i concessionari ad affidare senza gara a società in house anche i lavori di manutenzione e gli appalti sotto 150 mila euro, in quanto misure in contrasto con i criteri della legge delega.


 


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