Il principio della parità di trattamento dev’essere interpretato nel senso che non osta a che un’amministrazione aggiudicatrice chieda a un candidato, dopo la scadenza del termine stabilito per il deposito delle candidature a un appalto pubblico, di comunicare i documenti descrittivi della propria situazione, la cui esistenza, prima della suddetta scadenza, sia oggettivamente verificabile, sempreché i documenti di gara non ne impongano esplicitamente la trasmissione sotto pena di esclusione.

Tale richiesta non deve inoltre indebitamente favorire o sfavorire il candidato o i candidati cui è rivolta.

Corte di giustizia dell’Unione europea, sez. X, sentenza 10 ottobre 2013 (causa C – 336/12)Presidente Juhász, relatore Šváby

Il caso

Nel 2008 un Ministero danese bandisce una gara d’appalto per affidare il servizio di gestione di alcuni centri di orientamento e di consulenza professionale.

Trattandosi di prestazioni “complesse” il Ministero attiva una fase preventiva di preselezione.

In particolare, affinché un’offerta potesse essere valutata, il candidato avrebbe dovuto dimostrare le proprie qualifiche tecniche e finanziarie comunicando una serie informazioni e condizioni di base, tra cui: l’ultimo bilancio, l’elenco delle precedenti esperienze e le qualifiche professionali e tecniche possedute.

Nel caso in cui il Ministero avesse ricevuto più di tre candidature, la selezione dei candidati da invitare avrebbe dovuto essere effettuata tra i soggetti con le esperienze migliori e maggiormente pertinenti rispetto ai servizi oggetto dell’appalto.

Alla scadenza del termine fissato, una decina di imprese ed istituzioni depositano la propria candidatura. Tra questi due Università e la società Manova.

Le due Università omettono di trasmettere i rispettivi bilanci annuali (una delle due opera soltanto un rinvio al proprio sito Internet) e il Ministero domanda loro di comunicarli formalmente, ottenendo un celere riscontro.

Nella fase successiva, dopo aver invitato sia la società Manova che le due Università a presentare un’offerta, il Ministero giudica maggiormente vantaggiose le proposte delle due istituzioni e conclude con loro i contratti oggetto della procedura.

La società privata ricorre avverso tale decisione ottenendo, in primo grado, ragione alle proprie pretese.

Il giudice d’appello, invece, sottolinea l’ambivalente situazione che caratterizza l’ordinamento danese, in quanto:

– da un lato, la giurisprudenza nazionale di prime cure, specializzata in materia di appalti, ritiene che l’articolo 51 della direttiva 18 del 20041 e il principio di parità di trattamento ostino a che un’amministrazione chieda a un concorrente la comunicazione d’informazioni, necessarie sotto pena di rigetto per la presentazione delle candidature o delle offerte, che questo abbia omesso di fornire;

– dall’altro, la normativa statale consente all’amministrazione che abbia ricevuto offerte non conformi ai requisiti formali elencati nel bando di gara (ad es. perché carenti di certi documenti), di non procedere all’esclusione purché venga rispettato il principio della parità di trattamento.

A fronte di tali incertezze la Corte di giustizia viene investita della seguente questione pregiudiziale: «Se il principio del diritto dell’Unione relativo alla parità di trattamento significhi che un’amministrazione aggiudicatrice, dopo la scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione ad un appalto pubblico, non può chiedere la comunicazione dell’ultimo bilancio di un candidato, che era richiesta nel bando di gara, qualora tale candidato non abbia fornito siffatto bilancio nel fascicolo relativo alla sua domanda».

La sentenza

La Corte ricorda che tra gli obiettivi principali delle norme comunitarie in materia di appalti figura quello di garantire la libera circolazione dei servizi e l’apertura alla concorrenza non falsata in tutti gli Stati membri.

Per perseguire tale duplice obiettivo il diritto dell’Unione applica il principio della parità di trattamento degli offerenti  e il principio di trasparenza.

In particolare, l’attuazione della cd “parità di trattamento” non deve essere fine a sé stessa ma deve essere intesa nell’ottica degli obiettivi perseguiti. Pertanto, nello specifico:

1) situazioni analoghe non debbono essere trattate in maniera diversa e situazioni diverse non debbono trattate in maniera eguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (sentenza del 3 marzo 2005, Fabricom, C‑21/03 e C‑34/03, punto 27).

2) salva l’inammissibilità di trattative tra un’amministrazione e un offerente nell’ambito di una procedura di gara, in linea di principio, un’offerta non può essere modificata dopo il deposito, né su iniziativa della stazione applatante né dell’offerente. Di conseguenza l’amministrazione non può chiedere chiarimenti a un concorrente la cui offerta sia ritenuta imprecisa o non conforme alle specifiche tecniche del capitolato d’oneri.

Le conclusioni

Malgrado tali premesse, richiamando la sentenza SAG ELV Slovensko del 29 marzo 2012 (C-599/10), la Corte ribadisce che i principi di aggiudicazione degli appalti di cui all’art. 2 della direttiva 18/2004 non ostano a che i dati relativi all’offerta possano essere corretti o completati su singoli punti, quando necessitino evidentemente di un semplice chiarimento, o al fine di correggere errori materiali manifesti.

Proprio con questa significativa pronuncia del 2012, la Corte rammenta di aver elaborato i seguenti criteri che circoscrivono la facoltà delle amministrazioni di chiedere per iscritto agli offerenti di precisare la propria offerta. Nel dettaglio, la richiesta di chiarimenti:

1) può intervenire soltanto dopo che l’amministrazione ha preso atto di tutte le offerte e va indirizzata, in maniera equivalente, a tutti i concorrenti che si trovino nella medesima situazione;

2) deve riguardare tutti i punti dell’offerta che richiedono una delucidazione;

3) non può condurre, da parte del candidato interessato, alla presentazione di quella che in realtà sarebbe una nuova offerta;

4) infine, nell’esercizio del potere discrezionale di cui dispone in merito alla facoltà di domandare precisazioni, l’amministrazione deve trattare tutti gli offerenti in maniera uguale e leale, di modo che, all’esito della procedura di selezione delle offerte e tenuto conto del risultato di questa, non possa apparire che la richiesta di chiarimenti abbia indebitamente favorito o sfavorito il candidato o i candidati cui essa era rivolta.

Nel caso in discussione, la Corte sottolinea l’applicabilità di tale precetto anche ai fascicoli di candidatura depositati nell’ambito di una fase di preselezione degli aspiranti ad una procedura ristretta.

Ne consegue che l’amministrazione può chiedere che i dati contenuti in tale fascicolo siano corretti o completati in maniera puntuale, purché tale richiesta riguardi elementi o dati, come il bilancio pubblicato, la cui anteriorità rispetto alla scadenza del termine fissato per presentare candidatura, sia oggettivamente verificabile.

Una situazione diversa potrebbe configurarsi solo nell’eventualità in cui i documenti dell’appalto richiedessero la comunicazione del documento o dell’informazione mancante sotto pena di esclusione: in tal caso, infatti, l’amministrazione aggiudicatrice dovrebbe osservare rigorosamente i criteri da essa stessa fissati nella lex specialis (sul punto, sentenza del 29 aprile 2004, Commissione/CAS Succhi di Frutta, C‑496/99).

In conclusione, la Corte di giustizia ritiene che il principio della parità di trattamento non precluda ad un’amministrazione aggiudicatrice di chiedere ad un candidato, dopo la scadenza del termine per il deposito delle candidature, di inoltrare la documentazione descrittiva della propria situazione (come il bilancio pubblicato), la cui esistenza sia oggettivamente verificabile prima di detta scadenza, e sempreché i documenti di gara non ne abbiano esplicitamente imposto la trasmissione sotto pena di esclusione.

Stefania Fabris

In tema di soccorso istruttorio leggi in questa rivista anche “L’incerto perimetro di operatività del cd “soccorso istruttoro” nelle gare pubbliche“.

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1 L’articolo 51 direttiva 18/2004 prescrive che “L’amministrazione aggiudicatrice può invitare gli operatori economici a integrare o chiarire i certificati e i documenti presentati ai sensi degli articoli da 45 a 50”. Si tratta, in particolare, dei documenti relativi a: situazione personale del candidato o dell’offerente, abilitazione all’esercizio dell’attività professionale, capacità economica e finanziaria, capacità tecniche e professionali, norme di garanzia della qualità e norme di gestione ambientale.


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