IN POCHE PAROLE …

Il bando non deve garantire il maggior utile d’impresa, ma l’interesse pubblico a servizi efficienti, efficaci ed economici


Tar Lombardia, Milano, sez. II, 27 novembre 2020, n. 2317, Pres. Caso, Est. Patelli


Devono essere impugnate immediatamente  le sole clausole escludenti o che impediscono la partecipazione alla gara e la presentazione di un’offerta.

Non sussiste un interesse protetto dell’operatore economico a che un bando sia formulato in termini tali da garantirgli il maggior utile possibile o il minor spreco di risorse, poiché l’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione è volto a garantire la migliore gestione dei servizi in termini di efficienza, efficacia ed economicità, interesse fisiologicamente diverso da quello dell’operatore economico, volto a conseguire un utile d’impresa.


 

A margine

Il fatto – Un’impresa impugna il bando di gara ai sensi del d.lgs. 50/2016 per la conclusione di un accordo quadro per l’affidamento di un servizio di vitto per detenuti in istituti penitenziari unitamente alla previsione, in esso contenuta, del servizio di vendita di generi extra-vitto (c.d. sopravvitto) qualora tale ultimo servizio non venisse svolto direttamente dalla Direzione dell’istituto.

In particolare, l’impresa, leader nel settore, afferma la legge di gara lascia indeterminata l’eventualità che l’operatore debba o meno fornire il sopravvitto e, per tale ragione, non sarebbe possibile formulare un’offerta economica seria rispetto al prezzo base di gara (diaria pro capite di euro 5,70) calcolata sul solo servizio di vitto.

La sentenza – In relazione all’immediata impugnazione della lex specialis, il Tar richiama i principi espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 26 aprile 2018, n. 4, secondo cui “le clausole non escludenti del bando […][vanno] impugnate unitamente al provvedimento che rende attuale la lesione (id est: aggiudicazione a terzi), considerato altresì che la postergazione della tutela avverso le clausole non escludenti del bando, al momento successivo ed eventuale della denegata aggiudicazione, secondo quanto già stabilito dalla decisione dell’Adunanza plenaria n. 1 del 2003, non si pone certamente in contrasto con il principio di concorrenza di matrice europea, perché non lo oblitera, ma lo adatta alla realtà dell’incedere del procedimento nella sua connessione con i tempi del processo”. 

L’elaborazione giurisprudenziale sul tema ha più volte chiarito che la regola generale è quella per cui soltanto colui che ha partecipato alla gara è legittimato ad impugnarne l’esito (essendo titolare di una posizione differenziata) e che i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno normalmente impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi a identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento e a rendere attuale e concreta la lesione.

Per converso, le eccezioni che impongono l’onere di immediata impugnazione possono essere ricondotte alle ipotesi in cui:

  • si contesti in radice l’indizione della gara,
  • si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto affidamento in via diretta del contratto,
  • si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti (Cons. Stato, sez. V, 29 aprile 2019, n. 2732).

Nel caso in esame, pertanto, potrebbero essere immediatamente impugnate le sole clausole immediatamente escludenti o che impediscono la partecipazione alla gara e la presentazione di un’offerta.

Tra queste ultime, tuttavia, non rientra la pretesa della ricorrente di formulare un’offerta sulla base di una valutazione di convenienza economica complessiva al fine di avvantaggiarsi di economie di scala e quindi garantirsi un margine superiore di ricavo, con conseguente maggiore utile di impresa.

Ad avviso del Tar, tale aspetto sarà infatti apprezzabile solo al momento dell’aggiudicazione, nei limiti in cui esso si traduca nell’inadeguatezza della base d’asta (per il vitto) a sopportare i costi.

Infine il collegio osserva che, in generale, non sussiste un interesse protetto dell’operatore economico a che un bando sia formulato in termini tali da garantirgli il maggior utile possibile o il minor spreco di risorse, poiché l’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione è volto a garantire la migliore gestione dei servizi in termini di efficienza, efficacia ed economicità, interesse fisiologicamente diverso da quello dell’operatore economico, volto a conseguire un utile d’impresa.

Pertanto il ricorso è dichiarato inammissibile.

di Simonetta Fabris


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