IN POCHE PAROLE…

Perché un’offerta possa essere considerata anomala non basta riscontrare lo scostamento dal costo medio orario del lavoro riportato nelle tabelle ministeriali, ma occorre altresì accertare l’insostenibilità complessiva dell’offerta.

Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 13.11.2023, n. 9682 – Pres. R. Greco, Est. A. M. Marra


Nelle gare pubbliche la verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzata alla verifica dell’attendibilità e della serietà della stessa e all’accertamento dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte.

La valutazione della stazione appaltante ha natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla Pubblica amministrazione che, come tale, è insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato, renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta

Perché un’offerta possa essere considerata anomala non basta riscontrare lo scostamento dal costo medio orario del lavoro riportato nelle tabelle ministeriali, ma occorre altresì accertare (e, in sede di contenzioso, provare) l’insostenibilità complessiva dell’offerta.

La sentenza

Con sentenza del 13.11.2023, n. 9682 la III Sezione del Consiglio di Stato ha confermato la pronuncia n. 244/2023 del TAR Piemonte,  il quale aveva rigettato il ricorso proposto da una cooperativa contro un consorzio di comuni in relazione a una procedura aperta per l’affidamento della gestione di un centro diurno per disabili, sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

L’oggetto del contendere ha riguardato, essenzialmente, il costo della manodopera, in rapporto al costo medio orario del lavoro ed alle tabelle ministeriali vigenti.

La ricorrente – e, successivamente, appellante – ha sostenuto che l’offerta era viziata da anomalia, in quanto essa indicava un costo della manodopera inferiore rispetto a quello previsto dalla tabella ministeriale di riferimento, comportando, come conseguenza, un’offerta in perdita. Sul punto, il TAR Piemonte ha svolto un’attenta distinzione tra “minimi salariali” e “costo orario medio del lavoro”, giacché i primi sono indicati nelle tabelle sul trattamento retributivo minimo, il secondo sulle tabelle ministeriali. Pertanto  l’esclusione dell’offerta di un operatore economico, ai sensi dell’art. 97, comma 5, lett. d) del D.lgs. n. 50/2016, può essere disposta solo in presenza di  una palese violazione dei minimi salariali mentre, al contrario, l’eventuale scostamento dal costo medio orario del lavoro può giustificare un’eventuale anomalia dell’offerta solo ove ne venga provata l’insostenibilità.

Il Giudice amministrativo, in itinere, si è soffermato altresì sulla ratio: il trattamento retributivo minimo si desume direttamente dal pertinente contratto collettivo nazionale; di contro, il costo medio orario del lavoro deriva da un’attività statistico-elaborativa del Ministero. In ragione di quanto sopra, il TAR Piemonte ha ritenuto che le tabelle predisposte dall’organo ministeriale non possono innalzarsi a limite inderogabile per gli operatori economici partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, potendo, invece, rappresentare un opportuno parametro di valutazione di congruità dell’offerta.

Pertanto, un’eventuale discrepanza non legittima in re ipsa un giudizio di anomalia (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 6.02.2017, n. 501; Id., Sez. III, 21.07.2017 n. 3623; Id., 13.03.2018, n. 1609), in quanto si richiede che la discrepanza sia considerevole nonché ingiustificata, rendendo, di conseguenza, l’offerta insostenibile (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 26.11.2018, n. 6689; Id., Sez. III, 17.01.2020, n. 414). Nel caso di specie, il Giudice ha respinto il primo motivo sulla base di una duplice motivazione: in primo luogo, in ragione dell’assenza di uno scostamento che fosse considerevole, ingiustificato e che comportasse la riduzione in perdita dell’offerta della prima classificata; in secondo luogo, parte ricorrente aveva omesso di considerare, tra l’altro, che in sede di valutazione di congruità l’aggiudicataria aveva motivato tale divario: essa, nel calcolare il costo effettivo del lavoro, aveva tenuto separati i costi della sicurezza, dato invece incluso nel costo medio riportato dalle tabelle del Ministero. Ne è conseguito che il presupposto da cui partiva la ricorrente era parzialmente errato; in ogni caso, uno scostamento di lieve entità non si sarebbe potuto tradurre in anomalia dell’offerta, specie in assenza di una divergenza che potesse dirsi considerevole ed ingiustificata.

A seguito del rigetto del ricorso da parte del TAR Piemonte, la ricorrente ha interposto appello riproponendo le medesime censure concernenti l’asserita anomalia delle offerte delle due controinteressate per eccessivo ribasso sui costi della manodopera e precisando – sul punto – che lo scostamento non fosse affatto lieve e che sull’offerente gravasse l’onere di giustificare la presunta anomalia. Prendendo corso dalla censura sollevata dalla concorrente, il Consiglio di Stato ha svolto talune importanti considerazioni: è necessario che il ricorrente non solo eccepisca che i costi orari dell’aggiudicatario siano inferiori a quelli riportati nelle tabelle ministeriali, ma fornisca altresì prova della conseguente insostenibilità dell’offerta. Circostanza, questa, che il Giudice non ha ritenuto soddisfatta nel caso di specie.

Ciò anche perché, ha rammentato il Consiglio di Stato, l’Amministrazione gode di discrezionalità nell’ambito della valutazione dell’eventuale anomalia dell’offerta e il Giudice amministrativo non ha alcun potere di svolgere, in autonomia, la verifica della congruità dell’offerta: l’unico potere concesso all’autorità giudiziaria è quello di valutare se il giudizio sia stato condotto nel rispetto dei principi di logicità, ragionevolezza e adeguatezza dell’istruttoria.


Stampa articolo