IN POCHE PAROLE….

In caso di recesso dal contratto (anche per interdittiva antimafia) è dovuto all’appaltare il prezzo delle prestazione eseguite comprensivo della revisione prezzi, come pattuito con il contratto.


Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 6 agosto 2021, n. 14, Pres. Patroni Griffi, Est. Caleca


La revisione dei prezzi serve a ragguagliare con pienezza la remunerazione contrattuale dell’appaltatore al valore della prestazione resa  all’Amministrazione.

Nella determinazione del valore-prezzo degli appalti di servizi da pagarsi per le prestazioni già eseguite deve farsi riferimento solo al prezzo originariamente pattuito come integrato dalla revisione dei prezzi nel frattempo maturata (prima della interdittiva antimafia)  


A margine

In seguito al rilascio di un’interdittiva prefettizia antimafia, un’azienda sanitaria recede da una serie di contratti in essere con un consorzio di cooperative.

Dopo oltre un anno dalla cessazione del rapporto, il consorzio richiede all’Azienda il riconoscimento e il pagamento delle somme dovute, ex artt. 7 e 115 del d.lgs. n. 163/2006, a titolo di revisione dei prezzi degli appalti in questione ma l’azienda riconosce solo una parte delle somme dovute.

Da ultimo, in esito alle sentenze del Tar Catania n. 02616/2019, il Consiglio di Giustizia Amministrativa, con ordinanza, 22 gennaio 2021, n. 48, promuove l’intervento chiarificatore dell’Adunanza Plenaria del Consiglio circa l’esatta interpretazione degli artt. 92, co. 3 e 94, co. 2 d.lgs. n. 159/2011 secondo cui la PA, in caso di rilascio di informativa interdittiva, recede dal contratto “fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite”.

La sentenza – Ha premesso l’Adunanza plenaria che negli appalti di servizi in cui l’aggiudicazione e quindi la determinazione del prezzo contrattuale seguono a una procedura di evidenza pubblica, il valore dei servizi già eseguiti, pagabile nel limite delle utilità conseguite, può essere ritenuto coincidente con il prezzo contrattuale pattuito dalle parti.

Il riferimento all’“utilità conseguite” implica che le prestazioni eseguite siano scorporabili e omogenee nella loro utilità, ed è perciò ben difficile che le prestazioni eseguite prima del recesso e non ancora pagate abbiano una “utilità” diversa dalle prestazioni periodiche già pagate, salvo diversa dimostrazione, da parte della stazione appaltante, di aver conseguito dalle prestazioni ripetitive già eseguite e non ancora pagate una utilità inferiore rispetto alle prestazioni periodiche già eseguite e pagate.

L’Adunanza plenaria ha poi ricostruito i caratteri della revisione prezzi, al fine di chiarire se, nella determinazione del prezzo contrattuale relativo ad un appalto di servizi, da pagarsi o già pagato in relazione alle prestazioni già eseguite dall’esecutore attinto da informativa antimafia, ai sensi e per gli effetti degli artt. 92, comma 3, e 94, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, debba farsi riferimento solo al prezzo originariamente pattuito nel contratto, ovvero a tale prezzo come integrato dalla revisione dei prezzi nel frattempo maturata (anche essa prima della interdittiva antimafia).

Ha escluso che l’istituto della revisione dei prezzi abbia finalità risarcitorie; lo stesso viene concepito dal legislatore unicamente al fine di garantire l’equilibrio del sinallagma contrattuale originariamente pattuito, ed evitare che una parte possa avvantaggiarsi sine titulo (del valore) di un servizio da altri sostenuto nei costi.

In questa prospettiva, non può revocarsi in dubbio che il corrispettivo sia costituito dal prezzo come integrato. La revisione dei prezzi serve, difatti, precipuamente a ragguagliare con pienezza la remunerazione contrattuale dell’appaltatore al valore della prestazione resa dal medesimo all’Amministrazione. Sicché, una volta riconosciuto dall’amministrazione il ricorrere delle condizioni della revisione, le somme da corrispondere per i servizi resi non potranno che avere come base di riferimento il prezzo come revisionato.

Pertanto la revisione dei prezzi svolge una funzione “integrativa” del prezzo contrattuale, nel senso che definisce l’esatto corrispettivo, rideterminando il prezzo dedotto nel contratto in retrospettiva, cioè con riferimento allo squilibrio che nel tempo si è venuto progressivamente a produrre rispetto alla prestazione oggetto del contratto.

Il carattere obbligatorio della revisione dei prezzi negli appalti di servizi, ai sensi dell’art. 115, d.lgs. n. 163 del 2006 (applicabile ratione temporis), corrobora tale conclusione. La revisione, infatti, opera anche se non espressamente pattuita dalle parti, in virtù di un procedimento amministrativo da attivare obbligatoriamente al verificarsi dei presupposti di legge.

Ne deriva che tutte le norme giuridiche che si riferiscono al “prezzo” contrattuale dovuto devono perciò ritenersi riferite al prezzo legalmente integrato con la somma dovuta a titolo di revisione. Se si ritenesse che in caso di interdittiva antimafia il prezzo da pagare per le prestazioni eseguite sia solo quello originario senza la integrazione derivante dalla revisione, si affermerebbe che all’esecutore vada pagato un prezzo inferiore alle utilità conseguite dall’amministrazione, il che sarebbe contrario alla lettera e alla ratio legis.

La soluzione negativa, quindi, renderebbe concreto quel pericolo paventato dalla sentenza n. 23 del 2020 dell’Adunanza plenaria e cioè il fatto che la Pubblica amministrazione ne trarrebbe un “ingiustificato arricchimento”.


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