IN POCHE PAROLE …

Il controllo analogo, richiesto per configurare l’in house providing si sostanzia in un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti della società controllata, tale per cui quest’ultima, pur costituendo una persona giuridica distinta dall’ente pubblico partecipante, in realtà ne costituisce una mera articolazione organizzativa priva di effettiva autonomia.

In tale prospettiva, è necessario “verificare in concreto se, sulla base dei diritti amministrativi inerenti allo strumento partecipativo, sussista effettivamente un potere di controllo”.

Le delibere di iscrizione nell’elenco A.N.AC. di cui all’art. 192 del d.lgs. n. 50/2016 hanno valore meramente dichiarativo – non provvedimentale; pertanto non impediscono al giudice amministrativo di valutare la sussistenza del requisito del controllo analogo in relazione allo specifico affidamento.

Tar Veneto, Sez. I, sentenza n. 1839 del 7 dicembre 2023, Presidente Filippi, relatore Dallari

A margine

Il concessionario uscente del servizio di gestione delle aree di sosta, di un Comune veneto, impugna gli atti con cui l’Amministrazione ha deciso di optare per l’affidamento in house ad azienda dallo stesso partecipata.

A venire in contestazione è, tra l’altro, la sussistenza di un reale controllo analogo congiunto sulla società affidataria, partecipata da 20 venti comuni, tra cui quello affidante il servizio con una quota pari al 5% del capitale.

Nel caso specifico, non sarebbero stati previsti strumenti di controllo più incisivi rispetto a quelli del diritto civile.

Il sistema di nomina degli amministratori non garantirebbe, inoltre, l’effettiva rappresentatività delle minoranze ovvero dei singoli comuni affidatari.

La sentenza

Il giudice considera che, in caso di società partecipata da più enti pubblici, per consolidata giurisprudenza comunitaria (1), il controllo analogo può essere esercitato in forma congiunta, purché si dotino i soci di strumenti ulteriori rispetto a quelli del diritto comune, per consentire loro un’interferenza penetrante sulla gestione della società (Cons. Stato, Sez. IV, 22 ottobre 2021, n. 7093).

L’istituto dell’affidamento in house trova oggi una compiuta disciplina anche nell’ordinamento nazionale ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 16 del d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175, e 5 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

Posto, quindi, che “il controllo analogo richiesto per configurare l’in house providing si sostanzia in un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti della società controllata”, appare necessario “verificare in concreto se, sulla base dei diritti amministrativi inerenti allo strumento partecipativo, sussista effettivamente un potere di controllo” (Cons. Stato, Sez. V, 16 novembre 2018, n. 6456).

L’analisi per l’accertamento dei requisiti in house deve essere svolta in concreto, tenendo conto delle specificità e delle geometrie variabili che assumono i soggetti che si legano alle Amministrazioni sulla base di tale rapporto (Cons. Stato, Commissione speciale, parere 1° febbraio 2017, n. 282).

Tali acquisizioni giurisprudenziali valgono anche per le ipotesi di c.d. “controllo analogo congiunto”, espressamente disciplinato dall’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016.

Come noto, per ritenere sussistente tale forma di controllo, occorre che:

  • gli organi decisionali della persona giuridica controllata siano composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici, con la precisazione che “singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici”;
  • le Amministrazioni socie siano in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica.

Conclusioni

Nel caso di specie, valutato lo statuto della società e l’ulteriore documentazione depositata in atti, il giudice ravvisa la mancanza dei requisiti necessari alla configurazione di un controllo analogo congiunto.

Né lo statuto della società, né eventuali patti parasociali prevedono, infatti:

– organi speciali di coordinamento per l’esercizio del controllo analogo;

quorum costitutivi o deliberativi rafforzati;

– l’assegnazione di particolari diritti ai comuni soci nell’amministrazione della società (tra i quali ad esempio, il diritto del comune affidante di autorizzare o dettare indirizzi in merito alla gestione del servizio affidato)

– un potere di veto dei soci affidanti in relazione alle determinazioni riguardanti la gestione del servizio;

– un potere sanzionatorio dell’assemblea nei confronti degli amministratori che disattendano i rispettivi indirizzi.

Le disposizioni statutarie non garantiscono inoltre la necessaria rappresentanza delle cd. minoranze (ovvero dei Comuni titolari di modeste quote di capitale, affidatari dei servizi) nella scelta dei componenti dell’organo di amministrazione.

In ultimo non appare decisiva, ai fini della valutazione del requisito del controllo analogo, nemmeno la delibera dell’A.N.AC. di iscrizione nell’elenco in house, perché avente valore meramente dichiarativo e non provvedimentale, tale da non impedire al giudice amministrativo di valutare la sussistenza dei requisiti richiesti in relazione allo specifico affidamento (Cons. Stato, Sez. V, 10 agosto 2022, n. 7087).

Da qui l’annullamento degli atti impugnati.

Stefania Fabris

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(1) CGUE, sentenza 18 novembre 1999, in C-107/98, Teckal, e 13 novembre 2008, in C-324/07 Coditel Brabant SA


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