Sono infondate le eccezioni di legittimità costituzionale dell’art. 186-bis, 6° comma, della legge fallimentare, interdittivi alle imprese in concordato con continuità aziendale di concorrere alle gare come mandatarie di RTI, con riferimento agli artt. 3, 41 e 97 Cost.”.

Corte costituzionale, sentenza  22 aprile -7 maggio 2020, n. 85 – Pres.Marta CARTABIA; Red. Daria de PRETIS.


A margine

Infondatezza delle eccezioni di legittimità costituzionale dell’art. 186-bis, 6° comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (e dell’art. 28 38, co. 1, lett. a),  del d.lgs. 163/2006), interdittivi alle imprese in concordato con continuità aziendale di concorrere alle gare come mandatarie di RTI,. nei riguardi degli artt. 3, 41 e 97 Cost.”.

Antefatto – Il TAR Lazio (con due ordinanze in data 29 ottobre 2018) ed il Cons. St., Sez. V (con ordinanza 12.6.2019), avevano rimesso alla Corte Cost., questioni di legittimità costituzionale, rispettivamente: (i) del combinato disposto degli artt. 38, co. 1, lett. a), d.lgs. 163/2006, e 186-bis, co. 5 e 6, r.d. 267/1942 (come modificato dal d.l. “Crescita” n. 83/2012), e (ii) dell’art. 186-bis, sempre rispettivamente (iii) in relazione agli artt. 3, 41, 117, co. 2, lett. a), e (iv) agli artt. 3, 41 e 97 Cost..

La sentenza – Con la sentenza annotata, la Corte Costituzionale ha dichiarato in parte inammissibili ed in parte infondate tutte le questioni sollevate.

Va precisato che, mentre il TAR Lazio aveva opinato che l’art. 80, co. 5, lett. b), del d.lgs. 50/16, nel testo vigente all’epoca, avesse abrogato l‘art. 186-bis del r.d. 267/42, consentendo alle imprese in concordato in continuità di partecipare alle gare senza limitazioni (tesi che, se esatta, avrebbe escluso ex se l’ipotizzato vulnus costituzionale), il Consiglio di Stato aveva espresso invece l’avviso opposto (condiviso dalla Corte).

Nel merito, i giudici rimettenti avevano, con argomenti sostanzialmente analoghi (a parte il riferimento all’art. 117, co. 2, lett. a), operato dal TAR Lazio, ma ritenuto inammissibile dalla Corte, anche con riguardo alla lett. e), opinato che l’art. 186-bis della legge fallimentare. fosse lesivo dell’art. 3 della Costitutzione (inducendo una disparità di trattamento in relazione a moduli partecipativi alle gare diversi, ma ritenuti non meritevoli di differente trattamento normativo: impresa singola; RTI con mandante in concordato in continuità; RTI con mandataria in concordato in continuità); dell’art. 41 (libera iniziativa economica, anche in relazione all’interesse della massa dei creditori a flussi finanziari in entrata a beneficio della procedura), 97 (buon andamento: interesse della PA ad acquisire come appaltatore l’operatore più qualificato).

La Corte, dopo aver optato per la tesi che l’art. 186-bis non potesse ritenersi abrogato, stante anche la modifica apportata dal d.lgs. 14/19 all’art. 80, co. 5, lett. b), del codice vigente, con conseguente opportuno coordinamento fra il codice stesso e la L.F., ha ritenuto infondate tutte le questioni sollevate che avevano superato il preventivo scrutinio di ammissibilità.

La Corte, in particolare, ha osservato che i diversi moduli di partecipazione alle gare, sopra menzionati, non potevano affatto considerarsi equivalenti e tali da esigere identità di disciplina, sia per il ruolo particolare che è proprio della mandataria, quale soggetto legittimato ad interfacciarsi in via esclusiva con la stazione appaltante, sia – e soprattutto – per il diverso regime della responsabilità solidale.

La Corte, al riguardo, ha valorizzato specialmente l’interesse della stazione appaltante a contrattare con un RTI caratterizzato da una mandataria “non in crisi”, considerato anche che la mandataria stessa, nel caso del RTI verticale, è l’unico operatore responsabile in solido con l’esecutore delle opere/servizi scorporabili o secondari.

Esclusa così la fondatezza dell’eccezione incentrata sull’art. 3, la Corte non ha poi condiviso l’appello dei giudici rimettenti all’art. 41, nel rilievo che fra i limiti dell’iniziativa economica privata campeggia l’utilità sociale, declinabile anche come interesse alla stabilità dei contratti pubblici e valutato dal legislatore – con discrezionalità opinabile (tanto da non escludersi una scelta diversa), ma in sé non irragionevole e, quindi, non sindacabile dal Giudice delle Leggi – prevalente rispetto all’interesse dei creditori all’acquisizione al concordato di risorse finanziarie (non potendosi peraltro escludere l’effetto inverso della costituzione di crediti in prededuzione, a tutto loro danno). La stessa considerazione vale poi a decampare dalla discussione l’appello all’art. 97 Cost..

Conclusione – I dicta più importanti della sentenza in commento paiono, dunque:

  • la sopravvivenza dell’art. 186-bis, co. 5, lett. b), L.F., al nuovo codice, che era in discussione, stante l’intervento chiarificatore del d.lgs. 14/19, e la prevalenza dell’interesse della PA alla stabilità dei rapporti d’appalto, normalmente garantito dall’esclusione degli operatori soggetti a procedure concorsuali (la regola), pur con la salvaguardia (decreto crescita) di quelli in concordato in continuità (l’eccezione), senza che questi ultimi possano però acquisire anche il ruolo di mandatari di RTI (l’eccezione dell’eccezione);
  • la sostituibilità della mandataria fallita (ex art. 48, co. 17, codice vigente) riguarda invece  eventi in executivis, ove il legislatore ha inteso tutelare ancora l’interesse della stazione appaltante alla conservazione del rapporto con il RTI, pur da integrare, piuttosto che quello delle imprese aggregate in bonis.
  • la rimessione alla prerogativa dei legislatori nazionali , in generale, della  materia di ammissione alle gare delle imprese soggette a procedure concorsuali (v. art. 45, par. 2, lett. a) e b), della dir. 2004/18/CE del P.E. e 31.3.2004 del Consiglio).

Corrado Mauceri, avvocato in Genova

 


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