L’appalto di lavori pubblici per la realizzazione di un’opera che non richiede l’esborso di un corrispettivo finanziario è compatibile con i vincoli del patto di stabilità e con i limiti all’indebitamento e all’acquisto di beni immobili imposti all’ente locale.

Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, 24 giugno 2013Presidente Mastropasqua, Estensore Luberti.

Parere 248-2013

Il caso

Un Comune chiede un parere alla sezione di controllo della Corte dei Conti della Lombardia circa la compatibilità con le vigenti disposizioni in materia di patto di stabilità interno e di indebitamento degli enti locali di un’operazione di finanza di progetto o altra formula di partenariato pubblico – privato, che mira a selezionare, tramite gara, un soggetto privato per la realizzazione, a costo zero, di una scuola, dando allo stesso, in cambio, la concessione di una nuova struttura sanitaria.

La sentenza

Un Comune, proprietario di un edificio scolastico che non può ristrutturare per i vincoli di spesa imposti dal patto di stabilità, decide di realizzare su un’altra area, una nuova scuola primaria attraverso l’istituto della finanza di progetto e/o del partenariato pubblico-privato.

Sul suddetto intervento, il Consiglio comunale ha formulato le seguenti linee guida:

  • la copertura dei costi (progettazione, definitiva ed esecutiva e realizzazione dell’opera) sarà a totale carico del soggetto promotore, scelto con gara ad evidenza pubblica;
  • la remunerazione del soggetto privato avverrà attraverso la gestione di una nuova struttura di tipo sociale, sanitario e assistenziale, da realizzare, a cura dello stesso promotore, sull’area su cui insiste l’attuale scuola elementare che andrà dismessa una volta realizzato il nuovo edificio;
  • al promotore verrà attribuito il diritto di superficie sull’area su cui insiste il citato edificio scolastico, per una durata decorrente dalla data di ultimazione dei lavori del nuovo complesso scolastico, da definirsi a seguito di esame del piano economico-finanziario presentato;
  • il promotore dovrà corrispondere un canone annuo, quale corrispettivo per la concessione del diritto di superficie, a decorrere dalla data di avvio della nuova struttura socio-sanitario-assistenziale.

Con tale procedura il Comune non sarebbe tenuto ad alcun esborso di denaro ma anzi beneficerebbe di un’ulteriore entrata grazie al canone riscosso per il diritto di superficie concesso al soggetto promotore.

L’ente locale chiede alla Corte dei Conti chiarimenti in ordine alla compatibilità della formula della finanza di progetto e/o del partenariato pubblico-privato con le vigenti disposizioni in materia di patto di stabilità interno nonché di indebitamento degli enti locali.

Per rispondere al quesito i giudici contabili ricordano che, ai sensi del d.lgs. 163/2006, elemento caratteristico delle operazioni di partnership tra pubblico e privato [1], tra cui rientra anche la finanza di progetto, è la suddivisione del rischio economico tra p.a. e operatore privato tale da giustificare un trattamento contabile parzialmente diverso dall’ordinario contratto di appalto.

Il collegio richiama inoltre la deliberazione di indirizzo n. 49 delle Sezioni riunite della Corte dei Conti in sede di controllo del 16 settembre 2011 [2] secondo cui la spesa inerente la costruzione di opere pubbliche, per non essere considerata rilevante ai fini del calcolo del disavanzo e del debito pubblico, non deve gravare sul bilancio dell’ente.

Nella finanza di progetto questo si verifica quando sul soggetto realizzatore ricadono in alternativa, oltre al rischio di costruzione dell’opera (ogni aumento di costo non può essere a carico anche indirettamente della stazione  appaltante), o il rischio di domanda (dovuto alla mancanza di utenza e quindi di flussi di  cassa) o il rischio di disponibilità (dovuto ad una scadente o insufficiente gestione dell’opera pubblica, a seguito della quale la quantità e/o la qualità del servizio reso risultano inferiori ai livelli previsti nell’accordo contrattuale).

Nel caso in esame la Corte dei Conti non ritiene applicabile tale disciplina in quanto, sebbene la remunerazione dell’operatore avverrà tramite la gestione di una struttura, questa è diversa e ulteriore rispetto a quella da realizzare per conto del Comune prevedendo, peraltro, la cessione di un diritto di superficie sull’area su cui insisterà la predetta nuova struttura  volta ad attività socio-sanitario-assistenziali.

Secondo il collegio la gestione di un’attività economica non imprescindibilmente connessa alla realizzazione di favori, ma legata ad una facoltà dominicale relativa a un bene concesso in proprietà denota la mancanza del rischio d’impresa a carico del privato.

Inoltre, la remunerazione dell’opera non sarebbe effettuata dall’utenza a rischio del privato, ma direttamente dal committente, attraverso la cessione di un fondo attrezzato per la realizzazione di un’impresa, difettando quindi sia il rischio di domanda che quello di disponibilità.

Per questi motivi la Corte ritiene che l’operazione non abbia la natura di un partenariato con utilizzo di risorse private ma rientri nella piena disponibilità e rischio dell’ente pubblico, configurando un mero contratto di appalto.

Il collegio conclude quindi che, nel caso di specie, sebbene l’appalto soggiaccia ai vincoli di finanza pubblica, la mancanza di un esborso di denaro non pone problemi di compatibilità con i medesimi vincoli: l’operazione, quindi, non è elusiva del patto.

La Corte esamina anche l’impatto dell’articolo 1, comma 138, 1 quater, della legge 228/2012, che vieta agli enti locali l’acquisto di immobili a titolo oneroso.

La disposizione prevede infatti che per l’anno 2013 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT, nonché le autorità indipendenti, ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa, non possono acquistare immobili a titolo oneroso né stipulare contratti di locazione passiva salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni più vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti […].

La norma si applica certamente alle operazioni effettuate da enti locali aventi ad oggetto acquisti “a titolo oneroso” di beni immobili.

Nella fattispecie in esame tuttavia, ad avviso del collegio, il Comune acquista un bene immobile come mera conseguenza, differita nel tempo, dell’appalto di lavori pubblici. Pertanto l’ente locale non si scontra con il divieto di acquisto di immobili a titolo oneroso che colpisce le operazioni di compravendita per le quali è necessaria la presenza di un “corrispettivo” in senso tecnico, ovvero di un prezzo.

In conclusione a parere della sezione, l’operazione descritta, come strutturata, e salva ogni considerazione afferente alla sua concreta realizzazione, non pare presentare elementi ostativi con riferimento alle vigenti normative in materia di finanza pubblica.

La valutazione della sentenza

La sentenza in esame analizza un’ipotesi che ben potrebbe essere utilizzata dagli enti locali per sfuggire ai vincoli del patto di stabilità interno, senza ricorrere agli strumenti innovativi previsti dal Codice dei contratti.

Restano comunque le opportunità offerte dal partenariato pubblico-privato attraverso cui le pubbliche amministrazioni possono realizzare opere strategiche nel rispetto delle restrizioni derivanti dal patto di stabilità.

E’ infatti evidente come, nonostante le attuali difficoltà delle banche a finanziare, gli enti pubblici dovrebbero imparare a cogliere queste occasioni superando lo scetticismo verso il “nuovo” e ampliando le opzioni di scelta degli strumenti in un periodo in cui la revisione della spesa pone grossi vincoli, soprattutto agli enti di piccole dimensioni.

In particolare l’istituto del project financing, può costituire un importante mezzo per la realizzazione di opere pubbliche, giovandosi dell’ausilio finanziario, ma anche tecnologico ed organizzativo dei privati. Occorre tuttavia scongiurare il rischio di un utilizzo distorto della finanza di progetto: nel caso in cui l’apporto pubblico sia superiore alla metà del valore dell’opera, tali contratti non possono più considerarsi riconducibili alla fattispecie tipizzata dal legislatore ma devono assumere una natura giuridica del tutto diversa.

Anche il leasing in costruendo puo’ rappresentare un valido strumento per la realizzazione di opere pubbliche, a condizione che le pubbliche amministrazioni operino una preventiva valutazione di convenienza. In tal caso occorrerà verificare se dall’operazione possa derivare un indebitamento per evitare che il leasing sia utilizzato per eludere vincoli o limiti che le regole di finanza pubblica pongono all’ente locale (parere n. 5-2012, sez. contr., Corte dei Conti Emilia Romagna).

Nel prossimo futuro meriterà sicuramente un approfondimento anche il contratto di disponibilità ex art. 160-ter Codice dei contratti il quale rappresenta un efficiente sostituto del semplice appalto e può essere utilizzato dagli enti locali per la realizzazione degli edifici pubblici più urgenti ed altrimenti non finanziabili. Qui, il vantaggio è che l’impresa stessa sarà interessata a realizzare un’opera di qualità, perché le manutenzioni e riparazioni saranno a suo carico, e l’opera, alla fine del contratto, potrebbe restare nella sua proprietà.

Tali strumenti, se sfruttati abilmente, potranno offrire buoni risultati.

di Simonetta Fabris

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[1] Secondo l’ art. 3 del Codice, “definizioni” comma 15 ter:

“i contratti di partenariato pubblico privato sono contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un’opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti”.

[2] Adottata in conformità alla determinazione n. 18 dell’11 febbraio 2004 dell’Ufficio Statistico dell’Unione Europea (EUROSTAT).


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