L’illegittimità della nomina a Capo di gabinetto del sindaco, ex art. 90 T.U.E.L., non è da ricercare nella carenza di un particolare titolo di studio in capo al soggetto designato, legato da un rapporto fiduciario con l’organo politico, ma nell’inquadramento dello stesso in una categoria professionale che presuppone un titolo di studio adeguato e nell’attribuzione del trattamento economico corrispondente.
Corte dei conti, sez. giurisdizionale per l’Emilia Romagna, 18 novembre 2014, n. 155, Presidente Di Murro, Estensore Rigoni.
Il caso
La vicenda nasce dal conferimento, ad un soggetto esterno al comune, di un incarico, ex art. 90 T.U.E.L., di Capo di gabinetto del sindaco, con inquadramento nella categoria D.
La procura della Corte dei conti della Regione Emilia Romagna, ravvisata l’assenza del titolo di studio necessario per l’accesso alle mansioni di Capo di gabinetto, corrispondenti alla categoria D secondo l’ordinamento interno dell’ente, contesta al sindaco, alla giunta, e ai responsabili dei settori coinvolti nella stipula del contratto, un danno erariale di euro 46.539,18, pari agli oneri sostenuti dal comune per il trattamento retributivo corrisposto.
In particolare, la richiesta di condanna attribuisce il 40% del danno al sindaco, il 30%, in parti uguali, agli assessori della giunta, il 20% al Capo dipartimento organizzazione del comune e il 10% al Direttore del settore personale.
La sentenza
La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Emilia Romagna, ritiene provata la responsabilità amministrativa dei convenuti e condanna gli stessi a rifondere il danno erariale subito dal comune.
Ad avviso del collegio, quello che rileva non è la carenza di un particolare titolo di studio necessario per l’incarico di Responsabile di gabinetto, quanto l’inquadramento in una categoria professionale per la quale il soggetto non possedeva il titolo di studio necessario e l’attribuzione del conseguente trattamento economico, considerato eccessivo alla luce della qualificazione professionale posseduta. Più precisamente, solo l’art. 110 del T.U.E.L., che disciplina gli incarichi a contratto per i responsabili di servizi e gli incarichi di alta specializzazione, richiede il possesso di un diploma di laurea mentre l’art. 90 richiama il rapporto di fiduciarietà insito nell’incarico, non richiedendo alcun preciso titolo di studio.
Ciò considerato, nella vicenda, la responsabilità del sindaco si riviene laddove quest’ultimo demanda l’inquadramento dell’incaricato ai responsabili dei servizi senza effettuare alcuna preventiva quantificazione economica della sua professionalità, e nella proposta diretta alla giunta di attribuire allo stesso un preciso emolumento sostitutivo, in palese violazione con la normativa che conferisce questo potere esclusivamente alla giunta. L’importo previsto (euro 45.000,00) appare poi eccessivo rispetto alla naturale preparazione ed esperienza del prescelto.
Ancora, il comportamento della giunta risulta viziato da colpa grave per non aver valutato, come previsto dalla legge, i presupposti necessari all’attribuzione del trattamento accessorio contestato e per aver deliberato favorevolmente, all’unanimità, quanto proposto dal sindaco.
La Corte ravvisa infine la colpa grave del Capo dipartimento organizzazione del comune per aver rilasciato parere favorevole di regolarità tecnica ex art. 49, primo comma, T.U.E.L. all’assunzione del soggetto, con la previsione di un trattamento stipendiale eccessivo e non accessibile con il curriculum posseduto.
Infine, il collegio ritiene censurabile anche l’operato del Direttore del settore personale nella predisposizione e stipula del contratto di lavoro per aver superficialmente inserito il soggetto prescelto in una categoria professionale nella quale un non laureato non poteva essere collocato e per non aver attivato alcun procedimento di rivalutazione delle scelte compiute da parte della giunta.
La Corte dei conti ritiene tuttavia di quantificare il danno erariale patito dal comune tenendo conto dei vantaggi conseguiti dall’amministrazione a seguito delle condotte illecite, ai sensi dell’art. 1 bis della l. n. 20-1994, come novellato dalla l. n. 639-1996, rideterminandolo, quindi, nell’importo complessivo di euro 30.000,00, considerate le retribuzioni che sarebbero spettate al Responsabile di gabinetto se fosse stato correttamente inquadrato nella più consona categoria B.
Le percentuali di danno sono infine divise tenuto degli apporti causali accertati, nella misura del 60% in capo al sindaco, del 10% diviso in parti uguali tra i componenti della giunta, del 20% per il Capo dipartimento organizzazione del comune e del 10% per il Direttore del settore personale.
La valutazione della sentenza
Circa i principi esposti nella pronuncia in esame, la Corte dei conti della Regione Toscana, nella sentenza n. 622 del 21 settembre 2004 ha affermato, che “risponde di danno erariale il sindaco di un comune, unitamente al segretario dell’ente, che assuma in staff ex art. 90 T.U.E.L. un soggetto privo di diploma di laurea, corrispondendogli un compenso pari alla categoria D3 per il cui accesso dall’esterno è prevista la laurea, in quanto la spesa sostenuta dall’amministrazione risulta al di fuori dei canoni normativi previsti dalla normativa di riferimento”.
Ad avviso del collegio, la funzione di preposto nell’ufficio di staff del Sindaco, alla cui istituzione gli enti locali sono autorizzati dall’ art. 90 del T.U.E.L., costituisce una species del genus degli incarichi a contratto previsti in via generale dall’art. 110, comma 1, T.U.E.L. e costituisce un normale posto di pianta organica che può essere coperto sia con personale interno, che in forza di personale assunto con contratto a tempo determinato, specificando la categoria e il profilo professionale.
La presenza dell’elemento fiduciario, che pur deve sussistere nell’ambito di un rapporto di staff, non prescinde da una oggettiva valutazione del curriculum vitae del soggetto preso in considerazione, anche in osservanza del fondamentale principio di trasparenza che deve connotare l’attività dell’amministrazione.
Pertanto sussiste la colpa grave del sindaco e del segretario dell’ente qualora il provvedimento sia adottato in violazione dei criteri minimi di diligenza che devono caratterizzare l’attività di chi assume un mandato di pubblico amministratore o di chi fa parte dell’apparato burocratico, in aperta violazione delle comuni regole di prudenza.
Simonetta Fabris