Incorre in responsabilità erariale il dirigente del servizio finanziario di un ente locale che eroga compensi accessori senza rispettare la disciplina contrattuale e, per di più, per remunerare lo svolgimento di ordinari compiti d’ufficio.

Corte dei conti, sez. giur. Puglia, 7 marzo 2013, n. 762, Pres. E.F. Schlitzer, Est. P.Daddabbo

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Il caso

Il dirigente del servizio finanziario di un’amministrazione provinciale attribuisce dei compensi accessori a sedici dipendenti in ragione della loro partecipazione ad un “gruppo di lavoro” in materia di revisione straordinaria dei residui attivi e passivi dell’ente locale.

La Procura Regionale contesta l’illiceità della spesa in quanto posta in essere in violazione del principio di onnicomprensività. Il compenso erogato infatti non rientra in nessuna delle “voci” previste dalle norme legislative, regolamentari e contrattuali, che disciplinano il trattamento economico dei dipendenti pubblici.

La sentenza

La sentenza in commento giunge ad affermare la responsabilità del convenuto attraverso un percorso logico-giuridico che prende le mosse dal principio enunciato, in via generale, dall’articolo 45 del decreto legislativo n. 165 del 2001 secondo cui la struttura retributiva dei pubblici dipendenti è stabilita, con carattere di tipicità e tassatività, nelle voci definite dalla contrattazione collettiva. [1]

Nel caso di specie, il dirigente della provincia, nell’erogare i contestati compensi ai dipendenti per la partecipazione alle attività del gruppo di lavoro, non ha tenuto conto dei vincoli normativi né tanto meno ha seguito le modalità procedurali previste dalla contrattazione collettiva per la corresponsione di compensi accessori.

Per il personale degli enti locali, invero, le risorse a ciò destinate devono necessariamente convergere in un fondo ad hoc, denominato “fondo per lo sviluppo delle risorse umane e per la produttività dei dipendenti” [2] e formare oggetto, quanto a criteri per la loro distribuzione, di contrattazione di secondo livello (contrattazione decentrata integrativa a livello di ente), a garanzia del duplice interesse pubblico al miglioramento dei livelli di efficienza e di produttività dei servizi ed alla razionalizzazione e riduzione del costo del lavoro. [3]

Nella sentenza in commento, il collegio stigmatizza l’impiego di risorse ulteriori rispetto a quelle specificamente destinate dalla contrattazione collettiva all’incentivazione del personale.

La spesa contestata, infatti, ha trovato capienza in ordinari capitoli di bilancio, assegnati alla competenza gestionale del servizio finanziario dell’ente locale [4], senza, peraltro, trovare appoggio nella previa definizione di obiettivi di rendimento ovvero nelle risultanze di specifiche metodologie di valutazione dell’incremento della produttività, anzi andando a retribuire lo svolgimento di ordinari compiti d’ufficio.

Un’ulteriore argomentazione, che supporta la pronuncia di condanna, attiene alla mancata applicazione della norma, contenuta nel regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi della Provincia, secondo cui possono essere conferiti ai dipendenti «incarichi non compresi nei compiti e doveri di ufficio».

L’approfondimento istruttorio, disposto dal collegio, ha rivelato che il presidente della provincia, cui la norma regolamentare richiamata attribuisce, in via esclusiva, il potere di conferire tali incarichi – peraltro solo se «espressamente previsti o disciplinati da legge o altra fonte normativa» – non aveva adottato alcun provvedimento al riguardo.

Per di più – ha osservato il collegio – un’attività, concernente la verifica dei residui attivi e passivi, per quanto approfondita, non può qualificarsi come “extra-ufficio” in quanto non è estranea agli ordinari compiti gestionali [5] spettanti al servizio finanziario di un ente locale e ai dipendenti allo stesso assegnati, anche alla luce di quanto previsto dall’articolo 153 del decreto legislativo n. 267 del 2000.[6]

Infine, l’eccezione difensiva, che faceva appello alla finalizzazione di quanto corrisposto alla remunerazione di un maggiore impegno lavorativo posto in essere dai dipendenti, in quanto eccedente l’orario d’obbligo, ha trovato nel carattere onnicomprensivo del trattamento economico dei titolari di posizione organizzativa – sei dei sedici beneficiari – un primo insuperabile ostacolo; con riferimento agli altri dieci dipendenti, la Sezione pugliese ha ravvisato l’insussistenza dei presupposti per la remunerazione delle prestazioni di lavoro straordinario, previsti, in maniera particolarmente stringente, dalla legge e dal contratto collettivo, non essendo, a tal fine, sufficiente la mera presenza in servizio di là dall’orario d’obbligo.

Conclusioni

I compensi aggiuntivi sono stati corrisposti in maniera difforme dal quadro normativo vigente, oltre tutto per remunerare attività rientranti negli ordinari compiti d’ufficio.

Sussiste, quindi, la responsabilità amminstrativa del dirigente, che, nel disporre la spesa, non poteva ignorare i richiamati principi fondamentali del trattamento economico dei dipendenti pubblici.

La presenza di un quadro normativo chiaro e preciso consente di qualificare in termini gravemente colposi la condotta lesiva del convenuto, che ha agito senza osservare quel grado di diligenza minimale richiesto a chiunque ricopra una qualifica dirigenziale.

La condanna va commisurata all’intero importo illecitamente erogato: il collegio ha escluso, infatti, anche alla luce dell’accertata macroscopica violazione dei canoni basilari della gestione del rapporto di lavoro, di poter dare luogo all’esercizio del potere riduttivo dell’addebito; né tanto meno ha ammesso la valutazione degli eventuali vantaggi arrecati all’ente locale dallo svolgimento delle attività del gruppo di lavoro, argomentando, sotto quest’ultimo profilo, in ragione della differente derivazione causale del danno (dalla spesa illecitamente erogata) e delle asserite utilità per l’ente (dalle prestazioni del gruppo di lavoro). [7]


[1]      Per analoghe recenti affermazioni di responsabilità da parte della medesima sezione territoriale v. Corte Conti, sez. giur. Puglia, 29 novembre 2012, n. 1644; Id., 19 ottobre 2010, n. 609, quest’ultima confermata in appello, relativamente all’an debeatur, dalla I sez. centr., 14 gennaio 2013, n. 29; nonché, in relazione ad emolumenti a dipendenti regionali nominati in commissioni istruttorie, Corte Conti, sez. giur. Puglia, 23 settembre 2010, n. 568 (quest’ultima, tuttavia, riformata da Corte Conti, I sez. centr., 3 aprile 2013, n. 269, che ha escluso la sussistenza della colpa grave pur affermando l’illegittimità dei compensi).

Spunti interessanti in tema di onnicomprensività e tipicità e connesse responsabiltà anche in Corte Conti, sez. giur. Emilia Romagna, 3 luglio 2012, n. 149, che ha ritenuto sussistente il danno erariale derivante dall’illegittima stipulazione di una convenzione per la copertura assicurativa medica a vantaggio del personale dipendente di un ente pubblico, perché non prevista dal contratto collettivo nazionale del comparto regioni-autonomie locali.

[2]      Cfr., infatti, le “voci” elencate dall’art. 15 CCNL dell’1/4/1999, comparto regioni-autonomie locali, la cui rubrica recita infatti “Risorse per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività”.

[3]      Per una più compiuta ricostruzione del quadro normativo in materia di “salario accessorio” si rimanda alle approfondite osservazioni svolte da Corte Conti, sez. contr. Puglia, 15 dicembre 2010, n. 157/PRSP/2010.

[4]      Sulla illiceità dei compensi incentivanti che non transitano attraverso i previsti fondi contrattuali cfr. Corte Conti, sez. giur. Puglia, 20 settembre 2011, n. 1006.

[5]      Una recente affermazione di responsabilità erariale di un segretario comunale in relazione ad una fattispecie di auto-liquidazione di un compenso aggiuntivo per un’attività già contemplata nella retribuzione e svolta ratione officii si rinviene in Corte Conti, I sez. centr., 14 gennaio 2013, n. 28.

[6]      In particolare, il collegio si è soffermato sul disposto del comma 4 dell’articolo 153 secondo cui «4. Il responsabile del servizio finanziario, di ragioneria o qualificazione corrispondente, è preposto alla verifica di veridicità delle previsioni di entrata e di compatibilità delle previsioni di spesa, avanzate dai vari servizi, da iscriversi nel bilancio annuale o pluriennale ed alla verifica periodica dello stato di accertamento delle entrate e di impegno delle spese», cui il recento decreto-legge n. 174 del 2012, nell’ambito di una più ampia integrazione del disposto normativo, ha aggiunto, per quanto qui interessa, l’inciso «e più in generale alla salvaguardia degli equilibri finanziari complessivi della gestione e dei vincoli di finanza pubblica.».

[7]      Nel senso che la cosiddetta compensatio lucri cum damno nella responsabilità amministrativo-contabile richiede che sia il danno sia il vantaggio siano conseguenza immediata e diretta dello stesso fatto, il quale abbia in sé l’idoneità a produrre entrambi, cfr. la pur risalente (ma sempre citata) Corte Conti, Sezioni Riunite, 24 gennaio 1997, n.5/A.


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