Colui che viene in possesso di somme di pubblica pertinenza (anticipazioni economali e riscossione canoni per lampade votive) ed assume il relativo potere di disposizione  svolge incombenze di un ufficio in relazione al quale si è instaurato un rapporto contabile pubblico idoneo a generare una responsabilità strettamente “contabile”.

 

Qualora l’agente contabile non fornisca la prova della non imputabilità a sè del danno derivato dall’inadempimento dell’obbligo, che le incombeva, di versare alle prescritte scadenze i valori ricevuti in consegna devono ritenersi ingiustificate le perdite subite dal Comune e deve conseguentemente affermarsi la responsabilità del predetto contabile a prescindere da eventuali pregresse iregolarità gestorie di cui non sia data la prova da precedenti verbali attestanti deficienze o ammanchi.

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Corte dei Conti, sezione II centrale d’Appello, Sentenza n. 263 del 2.5.2013, Presidente ed Estensore Rotolo.

 Sez II appello 263-2013

Nella decisione in rassegna i giudici contabili d’appello hanno esaminato una fattispecie in cui un agente contabile comunale era stato destinatario in primo grado di una condanna al pagamento di una somma di oltre Euro 43.000,00 per ammanchi relativi alla gestione di somme di spettanza del Comune.

La sezione nell’affrontare le doglianze dell’appellante condannato in primo grado ha modo di evidenziare innanzitutto che le somme per cui vi è stata condanna al pagamento sono indubbiamente riferibili e quindi contestabili all’appellante essendo lo stesso venuto in possesso di somme di pubblica pertinenza con conseguente potere di disposizione sulle stesse; tale situazione ha dunque determinato, ad avviso del collegio, l’ insorgere  di un rapporto contabile di diritto pubblico. Secondo i giudici d’appello quindi ciò è sufficiente a consentire la contestazione di una responsabilità prettamente contabile in capo al dipendente, posto che -come noto- il contabile è tale e risponde secondo la relativa disciplina pubblicistica a prescindere dall’esistenza di un’investitura formale da parte dell’Amministrazione, assumendo comunque rilievo determinante il rapporto che nei fatti si instaura concretamente.[1]

I giudici d’appello inoltre affermano che il contabile, ai fini dell’esonero di responsabilità per i riscontrati ammanchi, avrebbe dovuto fornire la prova della non imputabilità allo stesso del danno patito dall’amministrazione in ragione del mancato adempimento dell’obbligo di versare alle scadenze previste i valori ricevuti in consegna nell’interesse dell’’Amministrazione.

In particolare, secondo il Collegio, il contabile non risulta aver assolto il proprio onere probatorio limitandosi a dedurre che le irregolarità gestorie sarebbero stati risalenti e che in ogni caso, ancor prima del proprio insediamento quale contabile, vi sarebbero già stati ammanchi ascrivibili ad altri soggetti. L’agente contabile per andare esente da responsabilità avrebbe dovuto dimostrare con prove tangibili l’eventuale sussistenza di precedenti ammanchi o irregolarità nelle pregresse gestioni ed in particolare attraverso la produzione dei verbali di consegna attestanti deficienze od ammanchi all’atto della  presa in carico dei valori o dei beni gestiti. In difetto di siffatta prova non può ritenersi esente da responsabilità il contabile che ha assunto in carico la gestione di beni o valori di spettanza dell’ente pubblico.

In proposito quindi il collegio ha fatto applicazione della regola secondo la quale nella responsabilità contabile una volta provato il “carico”  e il mancato adempimento da parte dell’agente dell’obbligo di restituzione in via integrale delle somme o dei beni assunti, è l’agente contabile che deve provare che il suddetto mancato adempimento è dovuto ad impossibilità per causa non imputabile allo stesso, dovendo in particolare fornire quelle giustificazioni che diano atto della non ascrivibilità alla propria sfera soggettiva degli effetti patrimoniali negativi determinati nei confronti dell’Amministrazione. Rileva in particolare la previsione specifica di cui all’art. 194 del r.d. 23.5.1924 n. 827 (Regolamento sulla contabilità generale dello Stato) che stabilisce puntualmente le giustificazioni che deve offrire l’agente contabile[2]

Nel caso di specie quindi correttamente i giudici contabili, avendo rilevato che l’agente contabile non risultava aver offerto quella prova del verificarsi dell’inadempimento per causa non imputabile allo stesso, sulla scorta dell’art. 1218 c.c., nonché del citato art. 194, hanno ritenuto che l’agente dovesse ritenersi responsabile in ordine all’obbligazione restitutoria sorta per effetto del maneggio del denaro pubblico derivante sia dalla gestione economale che dall’incasso dei canoni delle lampade votive spettanti al Comune.[3]

 

A cura di Adriano Gribaudo, magistrato della Corte dei conti


[1] Si vedano al proposito le previsioni di cui all’art. 74 r.d. 18.11.1923, n. 2440 (Legge sulla contabilità generale dello Stato) ed all’art. 44 r.d. 12.7.1934 n. 1214 (Testo unico delle disposizioni delle leggi sulla Corte dei Conti) secondo cui assume la veste e la responsabilità di contabile anche colui che si ingerisce di fatto, senza legale autorizzazione, nel maneggio di denaro e di valori spettanti all’amministrazione pubblica.

[2] Art. 194: “Le mancanze, deteriorazioni, o diminuzione di denaro o di cose mobili avvenute per causa di furto, di forza maggiore, o di naturale deperimento, non sono ammesse a discarico degli agenti contabili, se essi non esibiscono le giustilicazioni stabilite nei regolamenti dei rispettivi servizi, e non comprovano che ad essi non sia imputabile il danno, nè per negligenza, nè per indugio frapposto nel richiedere i provvedimenti necessari per la conservazione del danaro o delle cose avute in consegna. Non possono neppure essere discaricati quando abbiano usato irregolarità o trascuratezza nella tenuta delle scritture corrispondenti e nelle spedizioni o nel ricevimento del danaro e delle cose mobili.”

[3] Evidentemente nella fattispecie l’agente aveva assunto una duplicità di incarichi contabili atteso che oltre alla gestione economale risultava essersi occupato dell’incasso dei canoni dovuti all’ente locale per lampade votive. Peraltro tale situazione indubbiamente imponeva all’agente contabile di provvedere ad una gestione e documentazione dell’attività in modo separato trattandosi con tutta chiarezza di gestioni che non avevano nulla in comune. In ordine alla necessità di una separazione della gestione economale dalle altre attività di incasso di somme di spettanza dell’ente si veda l’articolo: Irregolarità nella gestione economale di un Comune, pubblicato su questa rivista, Rubrica Cosa ne pensa la Corte dei Conti, il 16.4.2013.


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