Consiglio di Stato – sentenza 31 gennaio n. 2014 n. 467 – Pres – Lignani, Est. Dell’Utri.CdS 467 del 2014 (2)

Nel caso di responsabilità precontrattuale per recesso illegittimo dall’aggiudicazione, il risarcimento andrà commisurato all’interesse negativo ovvero alle spese inutilmente sostenute per la partecipazione alla gara e non all’interesse positivo ossia nell’aver perduto le utilità e le chances inerenti al contratto non stipulato.

Il caso:

Un’ Azienda Ospedaliera bandiva una procedura selettiva per l’affidamento del servizio di fornitura a noleggio e sterilizzazione dello strumentario chirurgico, nonché dei servizi di trasporto, ritiro e consegna.
Intervenuta l’aggiudicata provvisoriamente a favore del gestore uscente, con determina dirigenziale l’Azienda Ospedaliera stabiliva di non procedere all’aggiudicazione definitiva per totale mancanza di liquidità, nonché per l’antieconomica e non sostenibilità finanziaria dell’operazione alla luce dei vincoli economici imposti nel settore sanitario dalla Regione Campania.
Successivamente l’Azienda bandiva una nuova gara per l’affidamento del medesimo servizio di fornitura e nel frattempo l’affidamento precedente continuava in regime di proroga.
Avverso il provvedimento di diniego dell’ aggiudicazione definitiva (di fatto, una vera e propria revoca della indizione della gara e dello stesso progetto di contratto), nonché avverso gli atti di indizione della seconda gara insorgeva avanti al TAR la ditta che aveva ottenuto l’aggiudicazione provvisoria, poi revocata, chiedendo l’annullamento dei predetti atti, nonché la declaratoria del diritto – interesse dell’istante alla stipula del contratto o, in subordine, il risarcimento del danno per equivalente.
Con sentenza 3 luglio 2012 n. 3165 il TAR Campania, sede di Napoli, accoglieva il ricorso promosso limitatamente all’annullamento degli atti relativi alla seconda gara ed al risarcimento del danno, peraltro nella misura dell’interesse negativo, ossia nella misura delle spese inutilmente sostenute per la partecipazione alla gara, detratto il guadagno ottenuto dalla ricorrente per la proroga del servizio.
Avverso la predetta sentenza promuoveva appello l’Azienda Ospedaliera sollevando vari motivi di censure fra cui Error in iudicando e ciò in quanto pur avendo il giudice di primo grado riconosciuto la piena legittimità del provvedimento di diniego di aggiudicazione definitiva, ha riconosciuto ugualmente a parte ricorrente il risarcimento del danno per violazione dell’art. 1337 (responsabilità precontrattuale).
Precisa parte appellante che il momento in cui sorge l’eventuale responsabilità precontrattuale è quello dell’aggiudicazione definitiva, che chiude la fase dell’evidenzia pubblica e dà inizio alla negoziazione privata con l’aggiudicatario. Pertanto, non può dar luogo a responsabilità precontrattuale tutto ciò che precede l’aggiudicazione definitiva, compresa l’aggiudicazione provvisoria, dotata di meri effetti provvisori ed interinali.

La decisione:

Il Consiglio di Stato affronta la questione secondo un ordine logico partendo dall’analizzare se il recesso della stazione appaltante fosse legittimo e se la rotture delle trattative, pur essendo espressione dell’autonomia negoziale dell’ente, dia luogo a responsabilità precontrattuale.
Quanto alla legittimità o meno dell’intervenuto recesso della stazione appaltante, precisano i giudici di Palazzo Spada che il passaggio dall’aggiudicazione provvisoria all’aggiudicazione definitiva non è un obbligo per la pubblica amministrazione appaltante, ma neanche un diritto dell’aggiudicatario provvisorio.
L’aggiudicatario provvisoria ha una mera aspettativa tutelata a che l’aggiudicazione provvisoria divenga definitiva, ma ciò comporta unicamente che l’aggiudicazione definitiva può essere negata solo a condizione che sia legittima.
Nel caso preso ad esame il Consiglio di Stato precisa che il diniego di aggiudicazione definitiva è stato ampiamente motivato con considerazioni attinenti all’insostenibilità economica che ne sarebbe derivato per l’ente committente.
I giudici di Palazzo Spada affermano pertanto che le motivazioni esposte sono più che sufficienti a motivare il recesso, aggiungendo inoltre che trattandosi di scelta discrezionale la stessa in ogni caso sarebbe insindacabile se non sotto il profilo di illogicità manifesta o travisamento dei fatti.
Chiarita pertanto la piena legittimità del diniego dell’aggiudicazione definitiva, i giudici passano a trattare l’altro versante della lite, ossia se tale recesso dalla gara, assunto prima dell’aggiudicazione definitiva, dia luogo a responsabilità precontrattuale o meno.
Precisa il Consiglio di Stato che la responsabilità precontrattuale ha la sua fonte non negli obblighi derivati dal contratto (non concluso) ma dalla violazione del dovere di buona fede nelle trattative. (art. 1337 c.c.).
Nel caso in esame la mancanza di buona fede da parte della stazione appaltante è rinvenibile nel fatto che la situazione di criticità economica era preesistente ed era conosciuta o quanto meno riconoscibili impiegando la dovuta diligenza, sicché una gestione più accorta avrebbe risparmiato all’Azienda l’indizione della gara e ai concorrenti i costi inerenti la presentazione delle offerte.
Passando ora alla quantificazione del danno, il Consiglio di Stato condivide quanto deciso dai giudici di primo grado affermando che l’illecito non si è verificato nel momento in cui l’Azienda si è ritirata, bensì nel momento in cui l’ha indetta.
Il danno non consiste, pertanto, nell’aver perduto le utilità le chances inerenti il contratto non stipulato (lesione del c.d. interesse positivo), ma solo nell’inutile dispendio delle attività inerenti la partecipazione alla gara e alla presentazione delle offerte (c.d. interesse negativo).

Conclusioni:

La sentenza in rassegna, nel confermare sul punto la sentenza di primo grado, ha osservato che nel caso di revoca dell’aggiudicazione provvisoria per ragioni di insostenibilità economiche già note all’atto di indizione della gara, configura un’ipotesi di responsabilità precontrattuale in capo alla stazione appaltante il cui danno dovrà essere commisurato alla lesione dell’interesse negativo, ossia nell’inutile dispendio delle attività inerenti alla partecipazione alla gara ed alla presentazione dell’offerta e non all’interesse positivo ovvero nell’aver perduto le utilità e le chances inerenti al contratto non stipulato.

Katia Maretto

Stefano Pozzer


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