Negli enti locali emerge sempre più la necessità di esplicitare le “linee generali” che caratterizzano i propri assetti organizzativi (tipo e livello di unità organizzative che la compongono) e posizioni organizzative (ruoli e incarichi di responsabilità che ne rappresentano i punti in cui si concentrano le decisioni e le responsabilità).

La normativa che a vario titolo affronta aspetti organizzativi di un ente locale (es. trasparenza, anticorruzione, gestione documentale, etc) per essere affrontata e applicata organicamente presuppone l’analisi organizzativa, l’esplicitazione e la formalizzazione, anche in chiave comunicativa, degli assetti e delle posizioni.

Il concetto di ente locale quale “scatola di vetro” nei confronti dei propri portatori d’interesse si può dire consolidato, ad oggi è cambiato il contesto di riferimento in cui applicare tale concetto, di fatto le risorse a disposizione di ogni ente sono sempre più scarse, e determinano stretti margini di manovra, è ritenuto virtuoso l’ente che riesce a dare concreta applicazione al principio di buon andamento dell’azione amministrativa, ponendo l’accento sull’economicità, riuscendo a rendicontare e monitorare i risultati della propria organizzazione e l’uso delle sue risorse sia ai soggetti esterni (non solo gli organi di controllo) che a quelli interni, tra cui le persone che a diverso titolo lavorano per l’ente stesso. Dotarsi di assetti e ruoli esplicitati supporta il diffondersi di un senso di equità distributiva, correttezza procedurale e interazionale.

L’approccio a tali temi non può essere giuridico – burocratico: è la cultura organizzativa1 che deve crescere. Rispetto all’ambizioso obiettivo di far crescere la cultura organizzativa di un ente locale gli approcci possono essere diversi, uno strumento/modalità relativamente snella, flessibile e modulare dai costi sostanzialmente ridotti è rappresentata dall’adozione di “linee guida” organizzative.

Le linee guida possono essere utilizzate per far penetrare a vario titolo concetti “nuovi” dentro un ente e insinuare nelle strettissime pieghe del monolite ente locale delle modalità diverse di operare. Linee guida sono indicazioni procedurali e di buone pratiche 2 la loro natura è regolativa3 non regolamentare, non sono giuridicamente vincolanti. Linee guida organizzative non descrivono l’assetto che è in un dato momento, piuttosto individuano alcune regole che rispondano a finalità di coerenza, integrazione fra le diverse parti di un’organizzazione, chiarezza e trasparenza degli iter procedurali, rispetto dei principi di corretta organizzazione, di coinvolgimento di tutti gli attori organizzativi e di comunicazione ai soggetti interessati dai cambiamenti organizzativi. In sostanza rappresentano un modello procedurale (pattern4) che fa chiarezza su ruoli, compiti, criteri per affrontare il processo di razionalizzazione e cambiamento organizzativo. Le linee guida suggeriscono le domande da porsi per scegliere il modello che meglio risponde alle esigenze della struttura, tenendo conto del fatto che è necessario integrarsi con il resto dell’organizzazione per garantire servizi di qualità. Supportano la progettazione organizzativa: indicano quali unità organizzative possono esser costituite, come individuarle, come far emergere i legami tra le unità e quali sono i confini dell’autonomia organizzativa5. Le Line guida di organizzazione descrivono tra l’altro gli iter di razionalizzazione e cambiamento organizzativo intesi come individuazione a grandi linee delle fasi, passaggi, attori da coinvolgere in una riorganizzazione. Tra questi è importante far emergere le fasi legate ad una appropriata formalizzazione dei cambiamenti organizzativi in un documento.

Descrivere gli aspetti principali dell’assetto organizzativo e di responsabilità di una dimensione organizzativa non è semplice. Il documento che ha il compito di formalizzare ed esplicitare tali aspetti deve essere adeguato e soddisfare divere esigenze.

È utile definire un modello di documento di organizzazione6 con cui approcciarsi in fase di analisi e progettazione organizzativa agli attori che hanno la prerogativa di organizzare in una pubblica amministrazione7 e che non sempre hanno le competenze/conoscenze per farlo o una visone unitaria dei passaggi necessari.

Nella definizione del modello si deve tener conto di concetti organizzativi (sistemi di controllo e coordinamento), della distinzione tra macro organizzazione (es. processi di differenziazione ed integrazioni) e micro organizzazione (es. unità, ruoli e posizioni organizzative) e tra atto amministrativo e atto organizzativo con cui è possibile formalizzare le decisioni e scelte organizzative a vari livelli. Un modello di documento ben concepito supporta le fasi di progettazione e analisi organizzativa e permette di focalizzare gli aspetti di cui tener conto nella definizione dell’assetto facendone emergere la coerenza complessiva rispetto al contesto generale e i punti di attenzione. In concreto permette di reificare8 l’organizzazione.

Facilita la formalizzazione e la standardizzazione del processo di analisi e progettazione organizzativa a vari livelli.

In esso devono emergere i passaggi che hanno portato alla definizione della soluzione organizzative adottata e disposta – le motivazioni e i presupposti – e la rappresentazione dell’assetto attraverso un organigramma9 il tutto con un’attenzione particolare al linguaggio utilizzato che non deve mai essere tecnico bensì chiaro e semplice, comprensibile anche ai non addetti. Tale documento può diventare un potente strumento di comunicazione focalizzando chiaramente chi fa cosa, qualificando le unità in termini di attività gestite e risorse assegnate e il contesto generale nel quale queste sono inserite cioè le relazioni e interdipendenze che instaurano fuori e dentro l’organizzazione in cui operano. Individua i responsabili delle unità organizzative, nel modello di documento di organizzazione è possibile prevedere anche l’inclusione di alcuni elementi della descrizione dei ruoli (job description)10 e in particolare di quelli caratterizzati da un elevato livello di specificità (es. funzioni professionali o specialistiche) permettendo di esplicitarne le caratteristiche (es. alcuni macro indicatori di complessità) e la loro collocazione organizzativa nell’assetto descritto. Il tutto favorendo, soprattutto in enti complessi, coerenza anche in termini di rappresentazione e riconoscimento. Successivamente alla loro registrazione (a protocollo o a repertorio) i documenti organizzativi e le singole parti che compongono tali documenti possono essere utilizzate come strumenti di lavoro a supporto dell’adeguamento dei sistemi operativi e informativi (es. sistema di gestione del personale, di gestione documentale, sito istituzionale – intranet e internet – e altri sistemi integrati). Le linee guida di organizzazione e i modelli di atti organizzativi di cui abbiamo fin qui esposto le caratteristiche sono leve di sviluppo organizzativo e possono rappresentare strumenti utilissimi per dare concretezza ai concetti di trasparenza e condivisione di informazioni di così cogente attualità nella pubblica amministrazione spesso interpretati come adempimenti formali piuttosto che opportunità.  

Barbara Pistorozzi

Vice responsabile del settore Organizzazione – Amministrazione Generale – Alma Mater Studiorum – Università di Bologna.

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1. L’insieme degli assunti fondamentali che un gruppo ha sviluppato con successo per affrontare i suoi problemi e che vengono insegnati ai nuovi membri come modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a quei problemi. Federico Butera, Il cambiamento organizzativo Analisi e progettazione, Edizioni Laterza, 2009.

2. Una pratica – un’idea progettuale, un approccio metodologico, una soluzione operativa si connota come buona per l’efficacia dei risultati che ha consentito di raggiungere, (…). Le buone pratiche sono utili da condividere e divulgare nella misura in cui tali esperienze siano in grado di alimentarne di nuove in contesti diversi da quello originario, o rappresentino un riferimento efficace per trarre spunti, informazioni e soluzioni utili ad innestare sviluppi innovativi o implementazioni alle proprie iniziative, ovvero essere adattate con le dovute accortezze al proprio contesto locale e alle proprie esigenze interne. http://www.ago.camcom.it/P42A0C157S156/BUONE-PRATICHE—Cos-e-una-Buona-pratica.htm Buone pratiche nel sistema camerale data di aggiornamento 14/10/2014 Unioncamere.

3. La regolazione consiste nell’intervento volto a riportare in equilibrio un sistema concreto o a modificane il funzionamento, sulla base dell’osservazione dei comportamenti, diverso il concetto di regolamentazione che consiste nella definizione di norme generali e astratte (giuridiche) a prescindere dal contesto specifico. – per un approfondimento vedi anche Michel Crozier, Stato modesto, Stato moderno, Edizioni Lavoro, Roma, 1988.

4. La descrizione di un problema che compare di continuo nel nostro ambito, e quindi descrive il nucleo di una soluzione a tale problema, in modo che si possa usare tale soluzione un milione di volte, senza mai farlo allo stesso modo. C. Alexander “A Pattern Language: Towns/Buildings/Construction” Oxford University Press, NewYork, 1977.

5. Esempio di Linee guida di organizzazione Modulo I: Amministrazione Generale © Febbraio 2009 – Alma Mater Studiorum – Università di Bologna Direzione Amminiastrativa – collana “I Quaderni dell’Amministrazione” ISSN 2035-0007. Allegato 1.

6. Esempio di modello di documento di organizzazione. Allegato 2.

7. Dlgs. 165/2001 Norme generali sull’ordimento del lavoro alle dipendenze della amministrazioni pubbliche, in particolare art.2 comma 1 e art. 5 comma 2.

8. Prendere per concreto l’astratto, cioè considerare concetti, categorie, idee, rapporti astratti alla stregua di oggetti concreti. http://www.treccani.it/vocabolario/reificare/.

9. Rappresentazione grafica della struttura di una azienda finalizzato a rappresentare la dimensione verticale dell’organizzazione identificando chiaramente le relazioni di sovra e subordinazione. È uno strumento di sintesi finalizzato alla comunicazione dell’assetto. Giovanni Serpelloni, capitolo 26 – Organigramma e assetti organizzativi, Dipartimento delle Dipendenze – Azienda ULSS 20 Verona.

10. È l’output del processo di analisi e descrizione di ruoli presenti in un’organizzazione ed è rappresentato da un documento strutturato che descrive in maniera analitica e formalizzata le principali caratteristiche del ruolo organizzativo – atteso (…). Il contesto generale, operativo e organizzativo,  influenza e il grado di autonomia e le principali azioni e aree di risultato (finalità) di cui il ruolo è responsabile e fornisce le dimensioni (economiche, operative, organizzative) che caratterizzano l’attività del ruolo stesso. Analisi e descrizione dei ruoli Valore Comune Progetto per la Crescita delle Competenze nella Pubblica Amministrazione.


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