Nelle selezioni pubbliche, il segno di riconoscimento è tale solo se concorrono due condizioni: l’idoneità a raggiungere lo scopo e l’utilizzo intenzionale del segno.

Tar Toscana, sez. I, sentenza n. 230 del 13 febbraio 2017, Presidente ed estensore A. Pozzi

A margine

Il Tar Toscana chiarisce che il principio di anonimato (espressione del valore dell’imparzialità e buon andamento) va applicato “con intelligenza, proporzionalità e correlazione” con l’altro fondamentale principio di massima partecipazione possibile per innalzare la possibilità statistica di scegliere i migliori, a sua volta correlato con due valori anch’essi di rango costituzionale: quello del lavoro e quello del buon andamento. Dunque,  non ogni “segno” astrattamente idoneo al riconoscimento può assurgere a causa escludente.

Secondo il Tribunale amministrativo, il segno di riconoscimento è tale se concorrono due condizioni: l’idoneità a raggiungere lo scopo e l’utilizzo intenzionale del segno.

Quanto al primo elemento, il segno è idoneo a fungere da elemento di identificazione solo quando la particolarità riscontrata assuma un carattere “oggettivamente e incontestabilmente” anomalo, rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, a nulla rilevando che in concreto la Commissione o singoli componenti di essa siano stati o meno in condizione di riconoscere effettivamente l’autore dell’elaborato.

Quanto all’elemento psicologico della fattispecie, si è escluso che possa operare un automatismo tra astratta possibilità di riconoscimento e violazione della regola dell’anonimato, dovendo emergere elementi atti a provare, anche qui in modo oggettivo ed inequivoco, l’intenzionalità del concorrente di rendersi riconoscibile.

di Ruggero Tieghi

 


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